domenica 29 novembre 2009

30 Novembre 2009 - Lassù nel Montana

Lassù nel Montana, tra mandrie e cowboy, c’è sempre qualcuno di troppo tra noi“ sibila minaccioso Gringo contro il perfido Black Jack.
Invece il Grande Centro della prateria galatinese offre spazio e visibilità a tutti, indiani nativi e visi pallidi.
Infatti, mentre la tribù delle Ombre Rosse resta in trepida attesa dell’introvabile Grande Squaw Deposta con Sdegno, riappare dalla nebbia Grande Capo Mente Sagace, del popolo degli Scudocrociati Affamati.
Torna dopo lunga e solitaria meditazione, e dona alla sua gente il frutto prezioso di cotanto travaglio intellettuale: “Stanno venendo fuori nuovamente vecchi soggetti che già in passato ci avevano lasciato perplessi. Augh!”.
“Grande Capo non usa lo specchio”, commenta Lingua Velenosa.
Seduti intorno al fuoco sacro, si interrogano i guerrieri più giovani ed ingenui: “Avrà in mente di dissotterrare l’ascia di guerra?”
Si alza con lentezza lo sciamano Felce e Mirtillo, trattiene a stento l’impulso di mandare Mente Sagace nella vasta prateria, a raccogliere sterco di bufalo, poi chiede: “Cosa hai fumato nel calumet in questi mesi, Grande Capo?”.
L’eco di una beffarda risata collettiva risuona nella valle.

Il Galatino anno XLII n° 19 del 27 Novembre 2009

Constatiamo che le norme sul governo locale hanno fallito proprio nel compito per il quale erano state emanate, cioè dare stabilità alle amministrazioni cittadine. E' evidente a tutti che durata ed efficacia di una giunta comunale dipendano troppo spesso dai capricci di un singolo eletto, dagli interessi suoi personali o della sua parte politica, persino dalla vanità esibizionistica di apparire sui giornali. A Galatina ne abbiamo memoria recente.
Al momento, non si ha modo di evitare questo rischio: il consigliere votato perchè alfiere di un programma convincente, che sia di maggioranza o di opposizione, domani potrebbe trovare utile cambiare idea ed atteggiamento, senza sentire il dovere di chiedere scusa e dimettersi. E' quasi naturale che sia così, essendo in lista non perchè scelto da noi ma da una segreteria partitica, in quota a qualche politico più in alto di lui nella corrente, mediante il sistema della cooptazione. L'eletto risponderà al referente, poi al suo gruppo: il cittadino che abbia avuto fiducia in lui verrà per ultimo.
In queste strutture piramidali che sono i partiti tradizionali, vediamo una pallida imitazione di democrazia partecipata, una cosa che sembra ma non è.
Rimedio o male peggiore, le liste civiche: in genere, manifestazioni di volontà di vecchi arnesi della politica, esclusi dal giro ed in cerca di riscatto, circondati da volenterosi idealisti o talvolta molto furbi. Ammettiamo onestamente che questo andazzo non sia regola fissa; l'eccezione virtuosa consistendo in qualcuno che si ribelli al sistema dei partiti e difenda istanze specifiche più vicine al territorio ed alla gente.
Comunque sia, si pone il problema della scelta degli uomini e delle donne che intendano candidarsi. Non potendosi fare a priori dal basso, la si faccia in campagna elettorale.
Concludiamo: mai come in questi giorni che ci separano dal voto, è necessario radiografare i candidati, le loro proposte (corredate del quod et quomodo), il loro eventuale pregresso cursus politico, la coerenza dimostrata nella loro attività. Il nostro dialetto non potrebbe essere più puntuale, bollando gli ondivaghi come "chi allatta da cento mamme": non è ora di mandarli a casa per sempre?
I più coraggiosi potrebbero mostrare pubblicamente di non avere o aver avuto pendenze con la giustizia, e magari ostentare un'analisi tossicologica del capello. L'unica che dimostri inequivocabilmente che chi si candida ad amministrare la cosa pubblica, non ha necessità di aiuti chimici quotidiani per svolgere una qualsiasi attività intellettuale... Prevedibili epidemie di alopecia e calvizie, ma forse siamo troppo cinici.
Più fattibile, invece, la richiesta di un pronunciamento pubblico: non un giuramento, ma almeno una parola d'onore sulla fedeltà al mandato ricevuto.
Per qualcuno vale ancora oggi più di una firma.

lunedì 23 novembre 2009

23 Novembre 2009 - L'arte circense della "Didimobazia"

Scusate il ritardo.
Ero impegnato nel mio hobby preferito, che consiste nel coniugare pranzo e cena per una famiglia di quattro persone, interpretando il ruolo minore di lavoratore precario in cerca di stabilità. Pare che sia passatempo di larga diffusione nell'Italia del 2009 di Papi.
Dice Tremonti che il posto fisso è importante: questa affermazione ha creato invece qualche disoccupato in più, i comici di Zelig.
Però non mi lamento, godo di una discreta salute, nonostante suini liberati a viva forza per permetterne la caccia con costosi e pericolosissimi vaccini. In fondo, vivo in un ambiente sano, se si esclude qualche tonnellata di gomme usate che spuntano come funghi dopo la pioggia, ed una falda acquifera paragonabile alla rete fognaria di Calcutta.
Arriva il Natale, voglio diventare più buono. Basta col pessimismo: taccio, evitando il rischio di trasformarmi in un virtuoso della didimobazia, che sappiamo essere l'arte circense di compiere ardite evoluzioni, in equilibrio precario, sulle altrui gonadi.

sabato 14 novembre 2009

Il Galatino anno XLII n° 18 del 13 Novembre 2009

Halloween ha imperversato anche quest’anno, purtroppo. Ci sarebbe tanto da dire sulla più stupida festa importata (imposta, per essere precisi) dai Paesi anglosassoni, del tutto estranea alle nostre tradizioni culturali e religiose. Si è cercato da più parti di affibbiarle ascendenze nobili, andando a ricercare improbabili origini mediterranee. In realtà è rito silvestre e barbarico, nel senso storico e semantico, pre-cristiano, con risvolti postumi di tipo satanista che sarebbe lungo e tedioso raccontare.
Fatto sta che in questa colonia angloamericana che chiamiamo Italia, la deteriore subcultura proveniente da oltreoceano diventa legge: “lo dice la TV”, la carnevalata novembrina si deve celebrare a tutti i costi, in nome del sacrosanto diritto acquisito di fare casino, abbigliandosi con costumi da streghe e zombi acquistati saccheggiando il borsello di mammà. Quest’anno l’americanata stile galatinese ha seguito il programma previsto: raid e scampanellate notturne con l’immancabile idiota richiesta “Dolcetto o scherzetto”, seguite da lancio di uova su portoni e vetrine di bar e negozi. Una sede di partito è stata vandalizzata, ma non possiamo nobilitare il fatto commentandolo come azione politica. Accanirsi contro un luogo dove persone si incontrano e scambiano idee pacificamente, sia esso un movimento politico o un’associazione culturale, spiega in re ipsa la miseria del gesto e di chi l’ha compiuto. Siamo un gradino più in basso del Sapiens sapiens nella scala evolutiva. Detto questo, è sin troppo facile prevedere l’escalation dell’Halloween 2010. Sarà un coprifuoco tale da consentire una guerra per bande giovanili e conseguenti devastazioni urbane. Il modo per evitare lo scempio ci sarebbe: inibire tout court la celebrazione. Sono cosciente di averVi divertito con questa lieve facezia, perché 1) il modo più efficace per diffondere una qualsiasi scemenza in Italia è proibirla e 2) nel Paese che si è trasformato da culla a tomba del diritto, dal 1968 è vietato vietare.
Un bell’articolo sull’ultimo numero de “il filo di Aracne”, ricorda il valore educativo dell’antica manu ‘mbersa, schiaffo col dorso della mano. Un buffetto morbido, se dosato con grazia. Modo semplice, innocuo, diretto, per far capire al ribelle pargolo che ha bagnato fuori dal vasino.
Dio ne scampi!, al genitore che volesse in tal modo far desistere la prole dal celebrare Halloween et similia barbarica, insegnando che “quello che fanno tutti” non sempre è giusto. Quel padre potrebbe incorrere nelle sanzioni previste dal nostro prudentissimo codice, per eccesso colposo di mezzo correttivo. Per educare, basti l’esempio dei genitori, dice il legislatore.
Compito arduo, per chi si trovasse nella posizione scomoda del tale bloccato in ufficio al momento di ricevere una busta contenente denaro avuto per un incarico, diciamo così, contra legem.
Oppure per quel padre di famiglia famoso, che crude immagini rubate hanno immortalato, invece che nel talamo coniugale, col naso imbiancato di neve in discinta compagnia di amici/amiche transitanti nottetempo tra via Cristoforo Colombo e signorili abitazioni romane.
Risposta a Cosmo Beccarrisi
Pasquino non è quello che voglia esibire una cultura che non possiede, né del resto chi lo legge abitualmente aspetta altro che una “nota emotiva” e (riuscendoci) umoristica propria di quella statua romana, naturalizzata galatinese.
Riguardo la festa di Halloween, la pasquinata liberamente espressa ed altrettanto censurabile affermava che noi Italiani, esterofili inguaribili ed acritici, ci impossessiamo di usi e tradizioni straniere di cui poco o nulla sappiamo, e che non fanno parte della nostra cultura.
Chi scrive ha parenti in America, nella Los Angeles multietnica ma anche nel freddo nord WASP (bianco, anglosassone, protestante); vi ha soggiornato, conosce la “vera” Halloween, celebrazione antica risalente ai Celti (quindi pre-cristiana e “barbarica” nel senso etimologico), quando bambini in maschera, rigorosamente accompagnati dai genitori, per poche ore bussano alle porte accolti nella maniera solita, con dolciumi. Ha questa festa di allegria macabra qualcosa da spartire con le intemperanze dei giovani che il 31 ottobre impazzano tutta notte per le strade italiane, ignoranti di quella tradizione esotica? Ha niente a che vedere con i casi di messe nere associati alla celebrazione (cronaca documentata)? Questo soltanto chiedeva Pasquino, alla sua maniera.
Halloween ci è estranea perché importata di recente e, more solito, “corrotta” secondo nostra usanza. Aggiungo, se è concessa un’osservazione personale, che il nostro Paese vive, è vero, in un contesto occidentale multiculturale: avendo però annullato quasi del tutto la propria identità tradizionale, sacrificata a quella anglosassone imperante dal 1945 e da noi malamente assimilata come cultura “vincente”, quindi a torto ritenuta superiore. Se questo sia un bene, è giudizio che lascio ai Lettori. Con albagia british, a Londra e Washington direbbero che noi siamo neither fish nor flesh. Abbiamo sommato il peggio di ogni cultura, ma è questione che porterebbe lontanissimo. Potremmo affrontarla, se piacesse.
Erano barbari i Celti, per i Greci e poi anche per i Romani: barbari, cioè letteralmente “coloro che balbettano”. Al confronto con le eufoniche lingue nobili, parendo quelle dei popoli sottomessi indecifrabili sequenze di fonemi gutturali, incapaci di capolavori degni dell’Odissea o trattati filosofici paragonabili al De natura deorum.
Che fosse popolo a suo modo sviluppato, è fuor di dubbio: nelle arti, nel commercio, in una moderatamente evoluta organizzazione della società, nella religione. Non è un caso che gli ideologi della Lega Nord abbiano attinto a piene mani a quella cultura, contrapponendola alla “romanocentrica” latinitas, per nobilitare un movimento politico le cui espressioni più veraci oltrepassano abitualmente il confine tra spontaneità e volgarità. Resta comunque scolpito, nell’immaginario collettivo, il sorriso ebete del ragionier Brambilla con l’elmo cornuto in testa, nella spianata di Pontida. O quanta species
Sappiamo che nella religione celtica rivestiva grande importanza il culto dei morti; anche dalla loro festa del Samhuin (fine dell’estate) in cui li veneravano, discende alla lontana Halloween. Ma non è ancora dimostrato che quello per i Lari ed i Penati, numi tutelari del focolare domestico dei Romani (nostri padri, si dice), fosse un culto minore. Anzi.
Ancora: il compianto professor Luigi Vantaggiato, ai miei tempi illustre quanto austero insegnante di storia dell’arte al “Pietro Colonna”, non ricordo abbia mai accennato a reminiscenze celtiche nell’architettura sacra romanica. Devo aver perso quella remota lezione o mi sarò distratto sbirciando una compagna carina: entrambe le ipotesi sono verosimili, la seconda più probabile.
Concludo. È un mio limite intellettuale, lo riconosco onestamente: rifiuto il moderno italico costume di abdicare alla nostra cultura ed alle nostre tradizioni in favore di anglofile rimasticazioni pappagallesche; combatto una resistenza autarchica contro il falso mito che il sapere che ci viene inculcato d’oltreManica e d’oltreoceano costituisca il non plus ultra della civiltà. Così fosse, non si vede il motivo di esportare queste splendide democrazie manu militari.
Mi sento idealmente più vicino al saggio Claudio imperatore che alla sua contemporanea Cartimandua regina dei Celti e, de leviora, il salentino sciacuddhri mi diverte più di elfi e fatine.
Il mio “dolcetto” non saranno gli orridi marshmellows ma saporitissime cartellate; lo “scherzetto” che Vi faccio è dar voce a questo insolito, serioso Pasquino, vestito impropriamente da saputello pedante. Ve ne chiedo scusa.

P.S. La dicitura esatta è “Trick or treat”: per amor di precisione

venerdì 13 novembre 2009

14 Novembre 2009 - 'O presepe

Gentile Professore,
ho perso il conto dei gruppi e movimenti galatinesi sorti in questi ultimi tempi. È un crescendo rossiniano, un’apoteosi della frammentazione partitica come mai si era vista prima. Più d’uno celebrerà comodamente riunioni e congressi in una cabina telefonica, magari trovando il modo di respingere mozioni e formare nuove “correnti”, non trovandosi d’accordo con sé stesso. Non stiamo più occupandoci di politica, siamo nel vasto mare periglioso degli sdoppiamenti della personalità. Materia estranea ad Ernesto Galli della Loggia, ma Vittorino Andreoli potrebbe autorevolmente dire la sua.
Intanto incombono le feste. Abbiamo ancora sulla pelle i segni dell’abbronzatura estiva, e già recuperiamo da cantine e ripostigli gli addobbi natalizi. Tre scuole di pensiero in materia: i tradizionalisti cultori del presepe (Pasquino tra questi, of course), i fautori dell’albero, e quelli che trovano spazio in casa e tempo per entrambi, ad abundantiam.
Sovviene l’indimenticabile Eduardo di “Natale in casa Cupiello”, nella scena in cui un padre mostra orgogliosamente al figlio bamboccione il frutto di giorni e giorni di lavoro con carta stellata e grotte di sughero: un ricco presepe con le statuine di cartapesta.
“Te piace ‘o presepe?” chiede speranzoso papà Eduardo. Guardando il presepe politico galatinese, stavolta siamo d’accordo col figlio: “No, nun me piace!”. Anzi, questi pupi ci fanno paura.

sabato 7 novembre 2009

7 Novembre 2009 - Nuovo Segretario al PD

L’elezione del nuovo Segretario, dopo una campagna elettorale dall’esito incerto fino alle ultime battute (così ci hanno detto…), infonde forza ed entusiasmo agli iscritti ed ai simpatizzanti. Pare di aver trovato finalmente la guida giusta per il Partito: l’uomo è un tecnico pragmatico, figlio di quella terra emiliana abituata alla concretezza. A suo agio con la gente ma pure con industriali e banchieri, anche meglio con questi ultimi.
Con la consueta pacatezza dei toni, agli Italiani spiegherà perché sbagliano nel tributare ancora consenso al vecchietto viagratico. Le sue interviste alla stampa amica, riprese tel quel dai giornali stranieri, saranno ripubblicate in Italia con l’imprimatur ufficiale dei media esteri in un gioco di sponda ormai ben conosciuto: “Vedete cosa dicono di noi in Inghilterra ed in Francia?”.
Non è bastato l’accanimento di certa magistratura, né scandaletti rosa, né il lavoro ai fianchi di alcuni alleati riottosi: il “feroce dittatore” è ancora lì a Palazzo.
Occorrono, a questo punto, mezzi più efficaci, ed il Botteghino di via Nazionale col suo Segretario nuovo di zecca si sono attrezzati egregiamente. Si è già insediato un autorevole comitato di esperti, un think tank di intelligenze superiori degno della Stanza ovale alla Casa Bianca.
E l’arma definitiva è pronta: un sortilegio voodoo o una macumba brasiliana scalzeranno il Ducetto di Arcore da Palazzo Chigi.
Grande tripudio al PD, la vittoria è assicurata.

domenica 1 novembre 2009

Il Galatino anno XLII n° 17 del 30 Ottobre 2009

La fortuna di noi Galatinesi, inconsapevoli di tanta grazia, è di vivere in un cantone svizzero, solo un poco più a meridione. Potremmo chiamarlo Cantone Salento Centrale.
Vi chiedete il perchè di questa teoria balzana? Presto detto. Mancano le montagne innevate, è vero; non abbiamo banche opulente che ripuliscono capitali maleodoranti, su questo siamo d’accordo; la cioccolata non la produciamo se non in piccoli preziosi laboratori artigianali, giusta anche quest’ultima constatazione; ma, Amici cari, la precisione elvetica, direi quasi maniacale, con cui secolari questioni galatinesi si ripresentano ad ogni inizio stagione, ci illude di vivere a due passi dalla Bahnhofstrasse di Zurigo.
Senza fare sterile ironia e per mostrare qualche esempio: chi passa tutti i giorni per il campus scolastico (via vecchia Noha – via don Tonino Bello – via Sogliano) ritrova con puntuale inefficienza gli stessi problemi irrisolti, allagamenti nei pressi dell’incrocio ed in via Sogliano, semafori lampeggianti (e quindi inutili, se non dannosi) nelle ore di punta, traffico caotico. Gli abitanti del rione Italia vantano (si fa per dire…) strade degne della bombardata Napoli post-bellica raccontata da Curzio Malaparte. Ogni sia pur minima precipitazione piovosa trasforma via Gallipoli in un torrente alpino navigabile con canoe da rafting. La provinciale per Lecce, che doveva essere sistemata ad horas dopo l’elezione del Presidente Gabellone, è ancora un percorso ad ostacoli. L’inciviltà impunita di alcuni (galatinesi o forestieri?) dissemina la nostra Città di rifiuti anche pericolosi, come testimoniano proteste documentate. Il solito grillo parlante segnala da tempo la mancanza di infissi a norma in certe scuole e la minaccia alla pubblica incolumità causata dall’incuria di un paio di edifici centralissimi. Sono certo di dimenticare altri, e non minori, motivi di disagio per noi Galatinesi, accantonati solo per la vacatio amministrativa.
Riassumo le puntate precedenti: passano gli anni e le Amministrazioni, passano Tarante e manifestazioni culturali le più varie, noi si continua a combattere l’emergenza.
Poi apre il cuore prendere atto che la società civile sopperisce alle carenze della politica, con le iniziative portate avanti da persone sensibili all’ambiente ed alla cultura. Salutiamo con entusiasmo l’Associazione Città Nostra, ultima arrivata ma non per importanza. Sarà, insieme ad altre proposte concrete che vengono dal basso, un interlocutore utilissimo per chi governerà Galatina.
Di contro, stante una situazione locale che dovrà essere affrontata con un progetto di ampio respiro dopo la parentesi del commissariato, qual’è l’offerta politica che ci si prospetta?
Al momento, si assiste ad un valzer lento di ballerini sfiatati che cambiano partner e vestito solo per sembrare più agili e brillanti. Ma le stesse vecchie facce imbellettate che si presentano in pedana con smoking impeccabile ed abito lungo, non pensino di ingannare un pubblico sempre più critico ed esigente. Chi ha voluto apparire elegante in passato, oggi non si renda ridicolo.