venerdì 26 febbraio 2010

Il Galatino anno XLIII n° 4 del 26 Febbraio 2010

6 x 3 non fa 18
Appaiono all'improvviso. All'inizio sparuti, poi in maniera più sfrontata ed invadente, con l'approssimarsi del giorno fatidico dei ludi cartacei. Sono i manifesti elettorali, i famigerati "6 x 3" (metri, s'intende). Sul cartellone che, sino al giorno prima, ospitava l'ultimo modello di auto tedesca, ora ammicca il viso melenso del candidato forestiero imposto a questa Città dalla segreteria di partito.
Il nostro è un ometto dimesso, una figura anonima, seguendo canoni estetici correnti. Diremmo quasi che nu pate e nu code, nel pungente vernacolo cittadino.
Invece in studio di posa, un accorto make-up degno di un modello di Armani, poi ancor più le magie di Photoshop al computer, trasformano il burocrate di apparato nel Raoul Bova della politica salentina. L'incarnato grigiastro del maratoneta protagonista di estenuanti riunioni si trasmuta come per incanto in un rosa michelangiolesco.
Un fotografo in stato di grazia artistica lo immortala nella più classica posa elettorale: sfondo celestino, primissimo piano del volto sorridente, la mano destra a reggere il mento in espressione cogitabonda. Lo sguardo perso in un punto indefinito dello spazio, a suggerire l'idea dell'uomo mosso da nobili intenti, del puro di spirito calato controvoglia nelle cose meschine della politica.
Immagine serena che nasconde il vuoto pneumatico di quella fronte inutilmente ampia.
Gran lavoro d'equipe: trucco, fotografia, computer grafica, stampa digitale, affissione (il più delle volte abusiva). E denaro, tanto, da recuperare una volta cooptato nelle stanze dei bottoni.
Inutile sforzo collettivo, perchè la notte successiva, con rapida azione da commando di incursori di Marina, attacchini avversari hanno già provveduto a strappare il "6 x 3" per sostituirlo con quello del loro beniamino.
E così più volte vicendevolmente, in una fatica di Sisifo incomprensibile a noi comuni mortali.
Noi elettori galatinesi, indifferenti a questo oscuro lavorio notturno ed infastiditi, per non dire nauseati, dalle presenze inquietanti di tali "paladini della democrazia", noi che disertiamo le urne in numero sempre maggiore. Meglio, quella domenica, la 'ssuta alli Chiani.

martedì 23 febbraio 2010

Etica politica - 23 Febbraio 2010

“il Giornale” di domenica 21 febbraio denuncia “contratti senza concorso a parenti e conoscenti dei politici” e riporta una serie di dati di spesa del governo Vendola desunti dal sito della Regione Puglia. Alcuni qui di seguito:
- 527 sono i provvedimenti di nomina di consulenti e Co.Co.Co. tra l’aprile 2008 ed il dicembre 2009, per 38 milioni €;
- 188 assunzioni a tempo determinato;
- 200 incarichi legali esterni, per 10 milioni €;
- 52% l’aumento delle spese di consulenza, per 58 milioni €, nel 2008 rispetto al 2007;
- 1,5 milioni € destinati dalla Apulia Film Commission a contratti di consulenza Co.Co.Co.
Tutto giuridicamente ineccepibile, ribadiamo noi insieme a “il Giornale”. C’è attenzione alla giurisprudenza, forse è sull’etica che ci si è distratti, come afferma Francesco Boccia nell’onesto commento a fondo pagina.
Le aride cifre difettano dell’afflato poetico amato dal nostro Presidente di Regione, in compenso la prosa ricalca il copione conosciuto, creare nuovo consenso con metodi vecchi. Strana sindrome quella di adottare, una volta al governo, i provvedimenti criticati quando si era all’opposizione.
La classe operaia non va più in Paradiso, sale sui tetti in difesa del posto di lavoro. Nel Paradiso regionale vanno altre classi, quelle dal modello Unico opulento: il notaio conferma.
È palese che si sta aprendo un enorme bortone per un altro quinquennio di nichilismo.


sabato 20 febbraio 2010

Nostalgia - 20 Febbraio 2010

Wikipedia descrive la nostalgia come quello “stato psicologico di tristezza e di rimpianto per la lontananza da persone o luoghi cari o per un evento collocato nel passato che si vorrebbe rivivere, spesso ricordato in modo idealizzato”.
Se consideriamo la seconda parte della definizione, dobbiamo chiederci se si possa provare nostalgia per un periodo storico che non si è vissuto.
I manuali scolastici condannano in toto genesi ed evoluzione dei fatti italiani del ventennio. Alcuni dei "perdenti" di quegli anni appartengono alla scuola di pensiero che afferma la “necessità” di ogni percorso storico e si attengono alla massima prudente del “non rinnegare, non restaurare”. Per questo oggi meritano, da morti, la damnatio memoriae, come subirono emarginazione e disprezzo dall’establishment loro contemporaneo quando erano in vita.
No, gentile Professore, non sono nostalgico. L’ historia mi è magistra vitae, cerco di interpretarla obiettivamente e trarne una chiave di lettura per la mediocrità dei nostri giorni.
Sui libri anch’io ho studiato il catechismo dei (sedicenti) vincitori. Poi mi sono spuntati i denti del giudizio.

venerdì 12 febbraio 2010

Il Galatino anno XLIII n° 3 del 12 Febbraio 2010

Nel 1989 una folla festante demoliva a colpi di maglio il muro di Berlino, simbolo del mondo schierato in blocchi contrapposti.
In quei giorni il ritorno della democrazia nell’est europeo aveva oscurato la vittoria della teoria liberista sulle degenerazioni del tardo-marxismo, impersonato dalla nomenklatura del Patto di Varsavia. Di cui l’ultimo esponente, il Conducator rumeno Ceausescu, venne sottoposto a processo sommario e passato per le armi insieme alla moglie, il 25 dicembre di quello stesso 1989.
Finiva un sistema che, nelle intenzioni, doveva emancipare il proletariato; ma che aveva dimostrato l’inefficacia della sua applicazione pratica nei paesi del cosiddetto socialismo reale, trasformando il “paradiso dei lavoratori” in un inferno in terra.
L’estensore di queste righe non ha simpatie comuniste, quindi può chiedersi pacatamente se qualcuno abbia ereditato i soli aspetti positivi e moderni della lezione marxista, specificamente di quelle pagine in cui il filosofo-economista di Treviri svela i meccanismi dello sfruttamento della classe operaia da parte del capitale. Se, vigenti altri sistemi politici, ci sia oggi chi difenda i lavoratori dall’aggressione del liberismo selvaggio.
Sembra retorica fine a sé stessa…se non fosse che, e siamo ai giorni nostri, la disperazione dei cassintegrati e disoccupati costringe alle proteste eclatanti, alle scalate sulle gru e sui tetti in difesa del posto di lavoro. Per pietà umana taciamo di chi sceglie il gesto irreparabile come urlo estremo di rabbia e di impotenza, ma ricordiamo dolorosamente la vittima dell’ingiustizia sociale.
Il capitale è oggi un’entità sovranazionale astratta e inafferrabile, un Golem sfuggito di mano ai suoi stessi addetti. Nell’economia globalizzata, può creare ed abbattere governi; ha sue regole inderogabili e crudeli; persegue, dove più convenga, il suo obiettivo primario che è il massimo profitto da ottenere nel minore periodo possibile.
In questa logica perversa, appare evidente che il futuro di migliaia di lavoratori, delle loro famiglie, diventi questione secondaria, e la prospettiva della povertà per i molti colpiti dalla crisi possa essere un “effetto collaterale” tutto sommato accettabile: il rischio è “solo” quello di scaricare sulla collettività i costi sociali della globalizzazione. Attualmente è questo il sistema che prometteva lavoro e benessere per tutti: qualche economista avveduto ne prevede il declino imminente, come già per il comunismo.
Si attende un ibrido tra economia pianificata dallo Stato e capitalismo, che al momento è utopia.
In passato, qualcuno aveva provato a conciliare, tutelandoli entrambi con pari dignità, i diritti del lavoratore e del capitale d’impresa. “In ogni azienda (industriale, privata, parastatale, statale) le rappresentanze dei tecnici e degli operai coopereranno intimamente – attraverso una conoscenza diretta della gestione – all’equa fissazione dei salari, nonché all’equa ripartizione degli utili tra il fondo di riserva, il frutto al capitale azionario e la partecipazione agli utili stessi per parte dei lavoratori”.
È l’art. 12 della legge sulla socializzazione delle imprese di una Repubblica che volle dirsi Sociale Italiana. Piccola parentesi luminosa, ignorata dalla storiografia ufficiale, di quella tragedia. E per favore non si parli di apologia...

giovedì 11 febbraio 2010

Quel gran pezzo dell'Ubalda - 11 Febbraio 2010

Ha avuto fortuna commerciale negli anni 70 ed 80 un filone cinematografico, di recente rivalutato dalle TV private. È quello dei film con “professoresse” e “dottoresse del distretto militare”, di trama demenziale; consistendo di solito la scena clou nella doccia della “bonona” di turno, cui assisteva di nascosto un immancabile Pierino. Maestre indiscusse nel ruolo Edvige Fenech, Lilli Carati, Gloria Guida, di inversamente proporzionali bravura e dotazione fisica.
Prodotti di cultura popolare che non hanno lasciato segni di qualche importanza nella storia del cinema: unica conseguenza il temporaneo, fisiologico abbassamento del visus negli adolescenti maschi dell’epoca.
Ai programmatori galatinesi di cineforum vorremmo suggerire la sequela appena descritta. Forse potrebbe sostituire, con apprezzabile incremento del livello qualitativo, il genere horror cui andremo ad assistere sino a fine marzo.
“A volte ritornano”, “Paura nella città dei morti viventi”, “Non aprite quella porta”, i titoli in cartellone.
Ancora aspettiamo qualcuno del pubblico che, sul palco per il dibattito conclusivo, declami a voce alta lo stesso giudizio critico con cui Fantozzi stroncava “La corazzata Potëmkin” propinata dal Mega Direttore Galattico.

giovedì 4 febbraio 2010

Proposta - 4 Febbraio 2010

Professore carissimo,
il dialogo limitato dai confini angusti dei nostri orticelli privati non è di nessuna utilità, ed anzi diventa stucchevole per chi legge. Invito Zinzale (nomen omen) a pungermi per e-mail.
Leggerò con piacere intellettuale la sua prosa affilata, quale mio arricchimento personale. Sono certo che sapremo superare le lamentate difficoltà semantiche, trovando un sermo communis.
All’incontro virtuale verrò debitamente alleggerito dai tanto fastidiosi “riccioli linguistici”, riservandoli al mio seguito “belante”, che sembra continuare ad apprezzare le eccentriche mise tricologico-lessicali di questa “persona dello spettacolo” (!?!).
Per conto mio questo fatto secondario finisce qui.
Piuttosto: ci siamo dati, tutti, l’obiettivo di concorrere al progetto della futura casa comune galatinese, ognuno secondo le sue capacità. Mi piacerebbe rendermi utile alla causa sottoponendoVi il mio contributo modesto: al quale spero non farete mancare osservazioni e critiche. È la summa di colloqui informali con amici di ogni colore politico.
Siamo a meno di 2 mesi dalle elezioni amministrative. Non abbiamo certezze sui nomi dei candidati alla carica di sindaco, e di questo onestamente poco ce ne cale. Invece prendiamo atto della vaghezza dei programmi politici finora resi pubblici (con qualche eccezione), forse proprio perché gli estensori si riservano la possibilità di ampie modifiche ed adattamenti in base al nome del candidato ed all’alchimia della compagine che lo sosterrà.
Avanzo una proposta originale e “rivoluzionaria”: tutti gli esponenti politici che hanno realmente a cuore le sorti della nostra Galatina, si incontrino in seduta pubblica, lasciando da parte per un attimo appartenenze partitiche e settarie, eventuali vecchi rancori ed “imbeccate” da Lecce, Bari o Roma. Seguendo i suggerimenti della Gente, trovino un minimo comun denominatore, un programma di pochi punti essenziali per la rinascita di questa Città, e ce lo propongano con coraggio. Sto parlando esattamente di un Comitato di Salute Pubblica che lavori per il bene di tutti.
Mi sembra una cosa ragionevole, se si riesce a trovare il lievito per questa torta: quei 10 grammi di altruismo che al momento sembrano difettare.
Cordialmente Vostro,
Pasquino Galatino