sabato 17 dicembre 2011

Il Galatino anno XLIV n° 21 del 16 Dicembre 2011

Iniquitalia

Notizia-bomba: inviato un pacco esplosivo ad una sede Equitalia di Roma. Umorismo macabro, proprio come quello del Direttore Agenzia delle Entrate, dottor Befera Attilio da Roma (stipendio €. 456.733) che commenta senza vergognarsi: “…continueremo ancora di più a lavorare per il bene del Paese”. Tornate sobri e concedetevi una pausa, dottor Befera, il Paese vi esenta volentieri dal compito, conoscendo sin troppo bene le vostre civilissime maniere per riscuotere tasse e balzelli spesso non dovuti. Ha provato la carezza di Equitalia anche il vecchio malato di Alzheimer che a Genova si vede messa all’asta l’abitazione, valore 200.000 €, per una cartella esattoriale di 63 (diconsi sessantatre) e muore; hanno apprezzato il vostro aiuto i tanti coltivatori diretti meridionali stroncati dal maltempo cui, non potendo i poveretti pagare mutui e contributi INPS, a mò di sostegno morale avete confiscato aziende e macchinari. Lo immagina, Direttore, in mano di chi finiranno quei terreni, vero? Ai soli che in questi giorni di “rigor Montis” dispongono di liquidità, cioè mafiosi e loro prestanomi. Ed infine, ma solo per non annoiare il Lettore: signori di Equitalia, vi ricordano con gratitudine artigiani, piccoli imprenditori, agenti di commercio ai quali imponete il “fermo amministrativo” ai veicoli, anche per semplici infrazioni stradali, bloccandone spostamenti e lavoro. Né dobbiamo dimenticare il triste primato italiano dei suicidi per crisi. È bene si sappia che la riscossione delle cartelle esattoriali si rivale sugli eredi: anche questo è Equitalia…

Pure se manifestiamo umana comprensione al funzionario ferito, però vogliamo consigliare ai dirigenti di Equitalia ed Agenzia delle Entrate, e soprattutto ai politici che hanno loro espresso solidarietà (prova della distanza che li separa dal paese reale): riflettano “lor signori” sul consenso unanime dell’opinione pubblica verso questi gesti di violenza, cosa mai verificata al tempo dei terrorismi rossi e neri. Qualora, in un lampo di lucidità residua, riuscissero ad interpretare bene il sentimento popolare, vedrebbero che la gente è esasperata: hanno tirato troppo la corda.

Angeli custodi - 10 Dicembre 2011

Inviato di questa testata e de “Il Galatino”, ho assistito al Congresso Nazionale degli Angeli Custodi, quest’ultimo fine settimana, in una località termale del centro Italia che mi è stato chiesto di non rivelare. Ambientazione accogliente, nonostante il clima invernale, grande affluenza di delegati da ogni regione, partecipazione fattiva e concretezza; sapete, a differenza di noi uomini, nelle loro celesti assemblee gli Angeli Custodi badano a risultati tangibili. E quindi spazio alle tabelle di dati e percentuali, alle discussioni (comunque pacate), alle mozioni conclusive. I più agguerriti, in senso bonario s’intende, quelli della CGIL-ProtezionePersonale, alquanto polemici con UIL-Security e CISL-SicurezzaCristiana causa problemi di rappresentanza sindacale.

Ho potuto conoscere il mio Angelo Custode. Fosse stato un umano, avrei descritto una splendida ragazza sui 30, capelli lisci neri ed occhi azzurri: modestamente… A togliere ogni dubbio, il paio d’ali candide alle spalle. Indossava però un curioso travestimento (“Per esigenze di copione”, mi ha spiegato): nasone finto e baffi, una specie di maschera carnevalesca. Devo ancora capire se per l’imbarazzo delle malefatte del suo assistito, oppure per semplice captatio benevolentiae verso il sottoscritto.Per dovere di cronaca, riporto la presenza, in una tribuna un po’ separata, di un gruppo di delegati dall’aspetto dimesso ma sereno: avevano tutti un foglio in mano, una lettera di dimissioni dall’incarico, ed una luce di puro sollievo nello sguardo. Ho chiesto alla mia bella tutor chi fossero. Sono gli Angeli Custodi dei politici galatinesi, mi è stato risposto, si mettono in aspettativa: lavoro usurante.

Ah, quasi dimenticavo: porto a tutti Voi il loro messaggio di pace e salute, cui unisco volentieri il mio. Buon Natale, e siate felici nonostante “la manovra”.

venerdì 9 dicembre 2011

Il Galatino anno XLIV n° 20 del 9 Dicembre 2011

Il “Dottor Morte”

Il malato immaginario ascolta rapito il mediconzolo dall’eloquio barocco: è bastato uno sguardo superficiale per stilare una diagnosi astrusa, una malattia grave dal nome incomprensibile. La cura si ripropone immutabile, valida per ogni disturbo: salassi ed enteroclismi. Che sortiscano l’effetto di guarire Argante, è incerto, ma il vecchio è impapocchiato dalla “scienza” del dottorino e ne subisce con stoicismo le improbabili terapie. Non vede, il vegliardo, che la causa del suo malessere è proprio l’accanimento interessato del furbo cerusico e l’avidità della moglie che si predispone ad una vedovanza ricca e spensierata. Nel film del 1979 di Tonino Cervi, Alberto Sordi dipinge l’ipocondriaco con impressionante realismo, e Christian De Sica convince nei panni del giovin dottore presuntuoso ed incompetente.

Fabella docet: se l’Italia, che vogliono malata (per dividersene le proprietà pubbliche), viene affidata ad un chirurgo di quella stessa scuola che ha diffuso l’epidemia (scientemente, con volontà criminale), l’esito non può essere che il decesso del paziente. Tanto è verosimile questa previsione, che in Germania affermano di voler salvare l’euro ma ricominciano a stampare marchi: Europa aufwiedersehen.

venerdì 25 novembre 2011

Il Galatino anno XLIV n° 19 del 25 Novembre 2011

Pino Aprile a Galatina

Novembre 1832: va in stampa “Le mie prigioni” di Silvio Pellico. Il principe von Metternich dichiara in seguito che quel libro ha danneggiato l’impero austriaco più di una battaglia perduta. C’è una ratio che unisce editoria e politica in concatenazioni di cause ed effetti, anche nella nostra epoca dominata dalla tv spazzatura; a volte questo legame sfugge ai commentatori, persino i più accorti, ma le conseguenze di alcune letture incidono nel profondo della società. Forse non rimarrà traccia del profluvio di pagine di Bruno Vespa, quasi tutte superflue cronache di questi anni mediocri. Certamente ricorderemo “Gomorra” di Saviano, per il coraggio della denuncia. Ma molto dovremo riconoscere ai libri di Pino Aprile, ospite a Galatina il 18 novembre scorso per la presentazione del suo ultimo lavoro “Giù al Sud”. È un fiume carsico, quello degli intellettuali meridionali che a diverso titolo si sono occupati della storia del cosiddetto Risorgimento, derisi ed osteggiati dalla cultura ufficiale. Tra i moltissimi, penso ad Angelo Manna, avvocato e giornalista napoletano che acconsentì ad entrare in Parlamento solo per denunciare le stragi sabaude, e per questo venne espulso dal suo partito; egli consigliava a noi conterranei “Uscite dai partiti nazionali”. Voleva ripartire dalla plurisecolare autonomia statuale del Meridione il grande Nicola Zitara (citato nel libro di Aprile), che dimostrò per tabulas come l’attuale ricchezza del nord derivi direttamente dalle razzie finanziarie e sociali postunitarie compiute sul corpo opulento del Regno delle Due Sicilie. Secondo una scuola di pensiero politico che abbraccia l’intero “arco costituzionale”, certa storia e certe storie, ancora oggi, è bene non circolino e non si raccontino ai giovani per paura di destabilizzare la già traballante (ed ora commissariata dalle banche) repubblichetta. È evidente che occultare i fatti, se pur lontani 150 anni, non giova alla causa; non vorrei dover interpretare in quest’ottica la tiepida accoglienza di alcuni dirigenti scolastici all’incontro mattutino degli studenti con Pino Aprile. Ecco, il nostro Autore dà voce orchestrata alla miriade dei singoli cantori dell’orgoglio meridionalista; egli descrive un fenomeno vastissimo, pur ignorato colpevolmente dai media. “Terroni” ha portato al grande pubblico la vera storia, nascosta per vergogna e per meschino calcolo politico; “Giù al Sud” continua idealmente raccontando le eccellenze meridionali e la circostanza felice e travagliata della restanza giovanile, quella delle menti brillantissime che, dopo esperienze di studio e lavoro “fuori”, rientrano alla terra d’origine per vivificarla del proprio apporto. Su queste forze fresche, conclude Pino Aprile, il nostro Meridione sta fondando il suo futuro. L’ottimismo del nostro Autore si spinge a preconizzare che questo rinascimento, fatto culturale prima ancora che economico, possa salvare l’Italia intera dalla decadenza. Questo potrebbe anche avvenire, ma chi scrive ritiene che sarebbe l’ennesima donazione di sangue meridionale all’organismo del nord ipertrofico e malato di leghismo, senza alcuna contropartita. Dopo 150 anni, è davvero troppo.

mercoledì 23 novembre 2011

Non ho finito le citazioni, è semplicemente morta la democrazia...forse - 23 Novembre 2011

“Non ha più niente da dire”, “Ha finito le citazioni”, “No, è un qualunquista”… I commenti mi sono arrivati e non mi scalfiscono. Mi pare di averlo già detto, ma repetita iuvant: sono angosciato. Non capisco come facciate a non vedere che siamo sotto dittatura. La peggiore di tutte perché non usa i sistemi “classici”, i militari al potere (comunque un ministro della difesa, ammiraglio in carica, lo abbiamo…), la censura (però questo sdolcinato unanime entusiasmo sul Professor Monti dovrebbe far pensare…), il controllo sociale (ma poi spiegatemi per favore i toni apocalittici sul debito fatti propri anche dal sindacato). Non una parola sulle origini di questo debito e sui presunti creditori. Bisognerebbe informarsi per capire l’inganno.

La democrazia è morta e la sovranità popolare non sta tanto bene. In Grecia hanno provato a sottoporre a referendum le misure imposte dalla BCE (vero, reale governo europeo): il Premier che proponeva la consultazione è stato defenestrato per un tecnico di scuola bancaria. Da giorni circolavano in borghese agenti della famigerata Eurogendfor, la polizia europea; se non sapete cosa sia quest’organismo e quali poteri abbia, andate a leggere, forse neanche la Gestapo aveva tanta libertà d’azione. In Italia si segue la vecchia via delle congiure di palazzo, sempre efficacissime, come insegna Scalfaro, ed ecco il governo d’emergenza che nessuno ha mai votato. Le prime misure vanno in favore del controllo personale e del sistema bancario (limite di spesa per contanti, per dire): pazienza se in contrasto con gli interessi della Gente.

Ripeto, ho paura, e mi spaventa ancora di più il silenzio dei media. I partiti, tutti, sono conniventi: del resto con la finanza ci marciano da sempre (“Allora, abbiamo una banca?”, disse il buon Fassino). Mi aspettavo una denuncia dello stato di sospensione della democrazia almeno da parte dei radicali, in altre occasioni paladini di ogni libertà. Ma Pannella è il monumento di sé stesso (d’altronde è vecchio). Della Bonino inutile dire: basti ricordare che, come Monti, è membro di quella pia opera che chiamano Gruppo Bilderberg. C’è di che stare allegri.

venerdì 11 novembre 2011

Il Galatino anno XLIV n° 18 dell'11 Novembre 2011

Invecchiare con stile, che fatica

Nel nostro immaginario la vecchiaia è quell’età della vita in cui la distanza dalle passioni consente di riconciliarsi col mondo e godere con serenità dell’affetto di parenti ed amici. È una sorta di preparazione al passaggio finale, come quando ci si abbandona dolcemente al sonno. Agli anziani si addicono saggezza e calma, predisposizioni dell’animo che gli antichi chiamavano atarassìa: su questo argomento ha scolpito parole definitive Cicerone nel suo Cato maior de senectute. Non posso non citare la grande scienziata Rita Levi Montalcini, sempre lucidissima a 102 anni: un esempio per tutti, ammirevole persino quando veniva letteralmente trasportata a braccia in Senato per tenere in piedi col suo voto decisivo il governo dell’ineffabile Prodi. Una scena triste che donava dignità all’anziana ricercatrice per toglierne, se ancora possibile, al dannoso politico emiliano. Giocando, voglio ricordare l’attore Sean Connery, per la gioia di tantissime ammiratrici: un mito di virilità ed eleganza persino ad 81 anni.

Ma abbiamo pure esempi di vecchiaia tribolata, e non mi riferisco allo status economico. C’è un guru che a sinistra, inspiegabilmente, gode da sempre di grande considerazione. Scrive su “la Repubblica” ed ha una sua rubrica nel settimanale di quel quotidiano, “il Venerdì”: è Giorgio Bocca, 91 anni. Per inquadrare l’uomo, è necessario un breve excursus: fascista duro e puro in gioventù (come tanti che però non hanno rinnegato), scriveva sul periodico “La difesa della razza”. Fu ufficiale alpino in guerra, ma al momento giusto fiutò il vento e divenne capo partigiano nella sua Cuneo. Nel “Tribunale del popolo”, a guerra già finita, da presidente firmò la condanna a morte di alcuni ex commilitoni fascisti. Dal dopoguerra in poi ha avuto una brillante carriera giornalistica, che lo ha condotto in diversi quotidiani e settimanali, ma anche in TV, in posizioni vicine alla casta demo-socialista al potere per 50 anni. È tra i fondatori del quotidiano di Eugenio Scalfari. La sua ondivaga, sofferta esperienza politica, salvo ulteriori piroette, pare concludersi con l’adesione convinta alla Lega Nord, che esplicita settimanalmente vomitando veleno su questo cancro della società italiana che saremmo noi meridionali. Deduciamo che il filo rosso che lega tutte le sue vicissitudini politico-professionali è un inguaribile razzismo.

Ora, posto che (come sanno tutti quelli che masticano cose di media e politica) chi collabora con “la Repubblica” e stampa collegata gode di una sorta di immunità pregiudiziale, e quindi ha ragione “a prescindere”, però c’è da chiedersi se Bocca abbia valicato quel labile confine che trasforma un venerato maestro in un vecchio rin.......ito. A noi, maledetti terroni, un giudizio politicamente scorretto.

venerdì 28 ottobre 2011

Il Galatino anno XLIV n° 17 del 28 Ottobre 2011

Considerazioni equilibrate solo da Pasquino Galatino

Alcuni tentativi di pronunciamento del legislatore su questioni concernenti la sfera individuale, come l’eutanasia passiva, che dovrebbero restare intangibili dall’ordinamento giuridico, a mio avviso possono considerarsi evidenti ingerenze nella vita privata. Se in piena coscienza, consapevole di una incipiente malattia degenerativa che possa rapidamente portarmi allo stato vegetativo irreversibile, stabilisco per iscritto che in quel caso i medici non debbano accanirsi terapeuticamente per tenermi in vita, la legge non dovrebbe impedir loro di dare attuazione alla mia volontà. So bene che la dottrina cattolica ufficiale dice altro, lo si è visto in casi recenti e dolorosi, ma il magistero della Chiesa dovrebbe parlare alla coscienza del singolo credente, non condizionare Cesare, tenuto a legiferare con spirito laico ed imparziale. Questo il mio pensiero, certamente opinabile. Prendo atto che tanti uomini di religione hanno il mio stesso orientamento in materia, chiaro segno che la Chiesa non è un monolite appiattito sulle esternazioni di Bagnasco.

Premesso questo, mi piace riconoscere che in questi due anni le mie facezie, accolte con generosità da “il Galatino”, non hanno mai subìto censure, anche quando le posizioni sono state divergenti od opposte a quelle delle firme del nostro foglio. Questo stile appartiene ad una editoria che voglia non solo dirsi libera, ma esserlo nei fatti, particolarmente mentre l’informazione nazionale è imbavagliata e reticente. Di più: argomenti seri e profondi sono stati sì sviscerati, ma trattati con la leggerezza e l’autoironia propria di noi Galatinesi, talvolta ai limiti della dissacrazione. Però sempre con il rispetto dovuto alle altrui opinioni, almeno pari a quello preteso per le nostre. Direttore, in nessuna occasione mi è parso che i Tuoi interventi fossero meno che educati, sebbene pungenti; ed una battuta innocente sull’insigne biblista Farinella non può connotarsi come un delitto di lesa maestà. Mi riesce poi difficile immaginarTi con fez e camicia nera, ducetto “in sedicesimo” incline al manganello, anzi “clerico-fascista”: anatema che, maestra la Bindi, ogni buon democratico lancia per catalogare chi non si uniforma al pensiero politicamente corretto. A meno che il vetusto epiteto Ti sia stato affibbiato per la grave colpa di ignorare nome, scritti e gesta di ognuno dei “sacerdoti del dissenso”. Penitenziagite!

Ma ora scusami, devo chiudere in fretta questo pezzullo e correre: l’ultima marmellata di ricino che m’hai subdolamente propinato, dispiega già i suoi effetti malefici.

giovedì 13 ottobre 2011

Il Galatino anno XLIV n° 16 del 14 Ottobre 2011

Ma cos’è questa crisi?

La famosa casalinga di Voghera, mitologica incarnazione dell’italiano medio, richiesta di un parere direbbe che “Si, siamo in crisi e pieni di debito”. Ignorando se questa affermazione corrisponda o meno a verità, ma “Lo dice la TV” e tanto basti a fugare dubbi eventuali. Ogni notizia diventa dato certo ed inconfutabile quanto più viene reiterata dai media, indipendentemente dal fatto che descriva o meno situazioni reali.

Mosso da insana curiosità, lo scrivente ha cercato di capire il meccanismo per il quale ad ogni nuovo nato nel Bel Paese venga attribuita la sua parte di debito pubblico, ancor prima che possa nutrirsi del latte materno. Dunque vediamo: abbiamo un soggetto privato, chiamato Bankitalia, i cui azionisti (i proprietari, in buona sostanza) sono altri soggetti privati (altre banche italiane partecipate, cioè possedute in parte, da banche straniere). En passant, Bankitalia avrebbe pure il compito di vigilare, tramite apposito organismo interno, sugli altri istituti bancari: configurando lo strano caso del controllore in mano ai controllati. Su questa, chiamiamola così, singolarità, già potremmo sbizzarrirci, ma proseguiamo nelle scoperte. Bankitalia, non sappiamo se per grazia divina o per altro più prosaico beneficio, ha l’esclusiva dell’emissione di cartamoneta. Vi chiederete quanto venga pagata dallo Stato (cioè da noi Cittadini) per questo facile lavoro tipografico. Bene, tenetevi forte: lo Stato corrisponde un aggio percentuale sul valore nominale delle banconote (e fin qui ci arriviamo), più titoli del debito pubblico per importo pari. Proprio così: Bankitalia trasforma fogli filigranati in denaro e riceve ugual valore in BOT, CCT e quant’altro (ossia “pagherò” nostri e delle generazioni italiane a venire), che poi rivende (lucrandoci) sui mercati finanziari in Italia ed all’estero. In questo modo ha origine e cresce in maniera esponenziale lo stratosferico debito pubblico nazionale. Allora, obietterete voi, quel lavoro di stampa non potrebbe farlo direttamente lo Stato? Me lo sono chiesto anch’io, candidamente, ricordando la cara vecchia banconota da 500 lire che recava scritto “Repvbblica Italiana”, mentre gli altri tagli avevano impresso “Banca d’Italia”, e l’attuale valuta riporta “BCE”. La differenza è sostanziale: vuol dire che prima lo Stato era proprietario di quei soldi, ora non più. Questo gioco di prestidigitazione non è nato in Italia (una volta tanto), ma nelle nazioni anglosassoni sedicenti fari di civiltà, e poi imposto su scala planetaria con le guerre finanziate dalle stesse banche beneficiarie della furbizia che stiamo raccontando.

Ora, avviene pure che ci sia qualcuno che capisce il trucchetto e si ribella al sistema. Qui da noi? Nossignori, nella lontana, quasi disabitata Islanda dei ghiacci: lì la gente ha processato e condannato banchieri e politici collusi, rifiutandosi di pagare un debito creato in suo nome dagli squali della finanza. Poi ha insediato al potere giovani scelti democraticamente in assemblee pubbliche, persone mai coinvolte nel vecchio regime. Ma persino nell’America governata dalle banche d’affari (alla cui scuola si sono formati Draghi, Prodi & c.), un certo John Kennedy tentò di restituire al popolo la sovranità sulla moneta, in forza di un emendamento della Costituzione USA. Fu fermato a Dallas nel novembre 1963.

In Italia, banche e finanza pasteggiano allegramente ad un tavolo presso cui hanno relegato la politica al ruolo di cameriera sciocca, in attesa di prenderne il posto al governo (vero Montezemolo, Profumo ed amici vari?). Lontano dalla buvette di Montecitorio, Pantalone digiuna e paga il conto.

lunedì 3 ottobre 2011

Il Galatino anno XLIV n° 15 del 30 Settembre 2011

Minima immoralia

Veniamo a sapere che l’ imprenditore agli onori delle cronache giudiziarie di questi giorni, avrebbe affittato un volo privato da Bari Palese alla Sardegna per recapitare freschissime mozzarelle pugliesi ad una villa del Premier. Costo della consegna a domicilio, appena 5.000 euro: chi di noi non farebbe disinteressatamente la stessa cosa per un amico generoso e le sue giovani ospiti?

Il pettegolezzo rinnova il nostro menu troppo provinciale: cambia mezzo di trasporto l’umile “mozzarella in carrozza”, ora “mozzarella in jet”, per strizzare l’occhio alla cucina internazionale in auge sulla Costa Smeralda. Sorge il dubbio, conoscendo il destinatario della prelibatezza di arte casearia, che nel latticino delle Murge abbiano scoperto insospettate proprietà afrodisiache. Ci informerà, se del caso, “la Repubblica” con l’immancabile trascrizione delle prossime intercettazioni: per chi ne fosse a corto, il quotidiano fornirà in allegato una bustina di indignazione liofilizzata (aggiungere acqua, quanto basta) con autografo di D’Avanzo.

Afferma l’ineffabile Roberto Castelli di essere povero da quando ha iniziato a far politica, dichiara solo 145.000 euro. Pronta mobilitazione dei pensionati INPS, disposti ad una colletta in favore del meschino: anche in momenti di crisi, la generosità degli italiani si muove per i meno fortunati.

Intanto una società di rating, la stessa che dava la massima affidabilità alla Lehman Brothers poche ore prima del fallimento, declassa il debito pubblico italiano. In un paese sovrano, un giudizio del genere sarebbe stato accolto a pernacchie. Qui no: per sua stessa ammissione, il Premier governa “a tempo perso”. Hobby alquanto esoso, almeno per le tasche del contribuente.

giovedì 22 settembre 2011

Opera d'arte proletaria - 22 Settembre 2011

Vorrei celebrare degnamente un monumento cittadino sconosciuto ai più, nel decennale della sua posa: grata incombenza per un nativo della “Città d’Arte”. Sappia dunque chi dovesse percorrere, in entrata da Noha verso Galatina, la provinciale 41 all’altezza del campus scolastico, che nei pressi di una dimora patrizia di campagna (ma in zona ormai inurbata) potrebbe ammirare alla sua destra una installazione di land art. Trattasi, in apparenza, di un segnale stradale di lamina metallica con fondo bianco riflettente, avente in basso il perentorio ammonimento “Rallentare”. Reca al centro un triangolo giallo con bordi rossi e due sagome nere tratteggianti alunni che corrono a scuola, di evidente maniera egizia dell’Antico Regno (III – VI Dinastia). Tali disegno ed iscrizione sono sormontati, infine, da lanterna semaforica che doveva essere arancio intermittente ai tempi del suo perfetto funzionamento. L’opera poggia sbilenca su tre pali, due anteriori ed uno retrostante, infissi nel terreno. Per chi guardi frontalmente, il sinistro dei due pali anteriori mantiene un allineamento quantunque precario; il destro invece, in seguito al fantasioso intervento di un artista che descriveremo più avanti, ha assunto un’angolazione che ricorda quella di un arto umano inferiore in genuflessione sull’inginocchiatoio. All’inizio l’installazione, nel suo splendore di prodotto industriale calato nella natura quasi incontaminata dei luoghi (un fosso umido ai margini della strada, sempre ricco di vegetazione spontanea, uno sfondo di cedri del Libano), assolveva egregiamente il suo compito di avviso luminoso ai conducenti. Nottetempo, un ardimentoso performer in stato di estro creativo, vi slanciò contro il suo mezzo proletario (una 127 Special? una Palio Weekend TD? non lo sapremo mai), ben calcolando velocità, direzione e conseguenze dell’impatto tra la duttile materia segnaletica e la massa veicolare: e ne stravolse totalmente l’estetica tardo-razionalista. Quella collisione, in realtà una geniale estrinsecazione dell’Io creatore, ci consegna imperitura negli anni un’opera d’arte di cui oggi tutti possiamo esser fieri e gratuitamente fruire: Galatinesi, Salentini e turisti, Sindaci e Presidenti di Provincia (sotto la cui amministrazione ricade la S.P. 41). Immagino quali entusiastiche parole un Giulio Carlo Argan, se fosse vivo, spenderebbe nella critica alla mirabile creazione, magari ponendo enfasi sul gesto metapolitico rivoluzionario e simbolico (il palo destro piegato… ben dritto quello sinistro). Mentre l’estroso Vittorio Sgarbi, pur lodando l’installazione concettuale, apostroferebbe da par suo l’inerzia dell’Ente Provinciale nel ripristino di luoghi ed arredi urbani (“Capre! Capre! Capre!”).

In tutta modestia, pare invece allo scrivente che la decrittazione del messaggio subliminale riporti palesemente alla caducità delle cose umane, in primis, poi al cieco affannarsi del Cittadino (in particolare Galatinese, aggiungiamo) nella ricerca non di Verità e Giustizia, ma sic et simpliciter di Ordine e Pulizia. Anche a 10 anni dalla nascita di un capolavoro di tale incompresa magnificenza, ed a 50 metri lineari dalla piramide di pneumatici.

giovedì 15 settembre 2011

Il Galatino anno XLIV n° 14 del 16 Settembre 2011 Il Ga

Un flagello epocale


La stagione calda è il periodo della riproduzione del Tabanus Politicus, in italiano Tafano Politico, (Ordine Diptera, Sottordine Brachycera, Infraordine Tabanomorpha, Superfamiglia Tabanoidea, Famiglia Tabanidae).

Il fastidioso parassita ematofago (si nutre infatti del sangue degli organismi ospitanti, privilegiando quello del Contribuens Italicus, il contribuente italiano) d’estate converge in massa verso ambienti caldo-umidi come le terme, adatti alla ricerca del partner ed all’accoppiamento. In questi luoghi favorevoli, con assembramenti che possono arrivare anche a migliaia di esemplari, chiamati dagli specialisti “Congresso Nazionale di…” o “Meeting di…” oppure ancora “Festa de…” (segue il nome del gruppo dei ditteri), l’insetto celebra il rito annuale della riproduzione.

Senza scomodare Plinio il Vecchio e Linneo, già acuti osservatori di fenomeni simili nell’antichità classica ed al tempo dei lumi, lasciamo la parola agli entomologi contemporanei. I congressi carnali estivi consentono agli insetti la doppia opportunità di: a) rinsaldare il legame (“alleanza politica”) col partner, oppure b) formare una nuova unione, che prende nomi diversi dalla maggiore o minore omogeneità degli esemplari coinvolti. Nel marasma degli amplessi collettivi, possiamo così avere unioni naturali (Silviettus Orgiasticus – Humbertus Vulgaris) oppure anche contro natura (ad esempio l’unione a tre Finus Ianus Bifrons Rutellius Insipidus – Casinius Sagax). Risultano essere affatto singolari, specialmente agli occhi dei profani di entomologia, le abitudini copulatorie del Tabanus Politicus: alcuni maschi dominanti si accoppiano furiosamente ed indiscriminatamente con le femmine del proprio harem, come a marcare territorio e posizione gerarchica nel branco (Silviettus Orgiasticus); altri si applicano all’onanismo intellettuale (Bersanius Pidiensis); altri ancora, per ragioni naturali di contenimento demografico, sono predestinati alla sterilità (i tre già citati dell’unione contro natura).

Generalmente, nel periodo che va da marzo a giugno dell’anno successivo all’accoppiamento, avviene la deposizione delle uova (in entomologia “laboratorio politico”, “alternativa di governo”, “ribaltone”), la cui schiusa (“elezioni”) apre la nuova stagione degli amori.

Al momento la ricerca scientifica non sperimenta rimedi efficaci contro questo temibile flagello, al cui confronto l’invasione delle cavallette di biblica memoria appare una carezza all’ecosistema.

venerdì 2 settembre 2011

Il Re del Mondo - 2 settembre 2011

Diceva Battiato “Ma il Re del Mondo ci tiene prigioniero il cuore”. Rammento quei versi mentre ragiono su “rivoluzioni” che stanno cambiando la geopolitica ad apparente vantaggio dell’ovest: Tripoli adesso, come prima Kiev e poi Tunisi. Forse accoglieremo anche Damasco e Teheran tra i “buoni” grazie a quelle guerre umanitarie targate ONU che sono ipocrisia e contraddizione già nei termini. La ricerca della libertà è ovvia e necessaria, ma rimane qualcosa di tragicamente ridicolo in queste piazze che celebrano la caduta del tiranno e la riconquista della democrazia con le sventagliate in aria di kalashnikov. Festeggiano l’ingresso tra gli Stati democratici in senso squisitamente occidentale, vale a dire indebitati in dollari o in euro; i simboli di un potere creato rubando ai popoli la sovranità sulla moneta, cioè la gestione delle risorse economiche e del lavoro. Dirigono tutto (politica, società civile) le lobby finanziarie in mano ai pochi del Bilderberg Club. Stringi stringi, questa imperante economia anglosassone altro non è che coprofilia, cupidigia della “cacca del diavolo”, religione del dio denaro. Una evoluzione/involuzione contemporanea, insomma, del vitello d’oro: la Bibbia racconta la fine di quella storia.
“Da Oriente ad Occidente” (ancora Battiato), non ho dubbi: proviene da Est la mia Luce, energia che guida e vivifica. È la lezione di antichi architetti che in tempi remoti progettavano ed innalzavano cattedrali seguendo una precisa disposizione spaziale, immutabile nei secoli: l’abside (simbolo della sommità della Croce) rivolta verso il punto geografico da cui sorge il sole. Nel raccoglimento di questi edifici sacri, un celebrante dava le spalle, fedele tra i fedeli, officiando con lo sguardo diretto all’altare, ad Oriente, in una lingua oscura ai più ma tramite perfetto per l’elevazione spirituale e l’invocazione all’Ente Supremo.
Due dita di un nettare salentino (“Bere con moderazione”, ci impone Nostra Signora TV) lubrificando la materia grigia un po’ stanca, mi aiutano a superare le ultime resistenze alla stesura di questo sproloquio che (per mia fortuna!) pochissimi leggeranno. L’etichetta, con enfasi enologica, descrive un “nobile vino adatto alla meditazione, da servire a temperatura ambiente”. Meditando, è quasi giorno: il mezzo toscano si è spento tra le labbra, nel momento in cui dietro le montagne della vicina Albania il disco rosso torna a sorgere. Un raggio sottile m’illumina al centro della fronte colpendo il sesto chakra, la porta dello spirito e dell’intuizione. È il ritorno istantaneo della Grazia.

sabato 23 luglio 2011

Sua Divina Grazia Sai Panda - 17 Luglio 2011

Moglie e cognata sono nel negozio di calzature (“Cinque minuti e torniamo”). È evidente che il concetto di“tempo” cambi col variare di genere, e nel caso della donna sia corollario alla relatività einsteniana. Fatto sta che in quei femminili cinque minuti il sottoscritto, che aspetta fiducioso, ha potuto leggere l’ “Ulisse” di James Joyce, inclusi prefazione e note biografiche sull’autore, in edizione tascabile (613 godibili pagine). Ho fama di lettore vorace e metodico. Mio figlio, che mi tiene compagnia in auto, a sua volta ha iniziato e completato la preparazione di Analisi I. Senza dubbio una proporzione diretta unisce quoziente culturale del marito e propensione muliebre allo shopping: è storicamente accertato che Pico della Mirandola accompagnasse la Signora Pica per negozi. L’interessante questione potrebbe essere oggetto di studio in qualche ateneo inglese, dove notoriamente le ricerche più singolari godono di generosi finanziamenti, non avendo studenti e professori britannici un beato manico cui applicarsi con maggior profitto per l’umanità. In Italia il Ministero è retto più seriamente (dicono) e non finanzia nulla, neanche i gessetti per le lavagne. Università e ricerca hanno prospettive luminose.
Ma se qualcuno pensasse che, al confronto di chi scrive queste trascurabili note personali, Giobbe sia stata persona di modi rudi e sbrigativi, aspetti a giudicare prima di aver letto l’esperienza che segue. Dunque, racconta una leggenda metropolitana che, sette mesi orsono, un incauto signore avrebbe accompagnato la moglie a far spesa da “Tuttomille”; e che, nell’attesa della sua (di lei) venuta, in preda oramai ad estasi mistiche, l’uomo avrebbe intrapreso un percorso ascetico che lo ha condotto alla rinuncia materiale ed alla mortificazione della carne. Adesso si nutre di un solo chicco di riso al giorno ed ha ricevuto l’illuminazione dei veri iniziati. Facendosi chiamare Sai Panda (dal nome dell’auto in cui attende il ritorno della moglie), ha fondato una setta religiosa, il Pandismo e, raccolto nella posizione del loto, dal tempio-abitacolo della sua macchinetta accoglie e benedice con un largo sorriso i devoti, cui dispensa parole di saggezza. Sua Divina Grazia Sai Panda è ancora lì parcheggiato in Corso Luce, ora Via della Contemplazione. Non si hanno notizie della moglie.

sabato 16 luglio 2011

Il Galatino anno XLIV n° 13 del 15 Luglio 2011

Luglio, col bene che ti voglio

Tra tutti gli Enti, il Comune ha il volto a noi più familiare. Dirlo sembra superfluo, ma interloquiamo col più vicino dei terminali della Pubblica Amministrazione per ottenere città pulite o scuole efficienti. Servizi immediatamente tangibili, che presuppongono non tanto un meccanismo ben rodato ma soprattutto risorse finanziarie, vulgo “piccioli”. Proprio quelle risorse, che l’ultima ingegnosa manovra licenziata dal Governo intende sottrarre copiosamente agli Enti locali, oltre che a quei noti, spregevoli nababbi dei pensionati italiani. Per destinarle, scommettiamo?, a ripianare in parte il deficit statale, si ribadisca ad alta voce, formato anche dai 400 milioni spesi per gli ultimi referendum che non si è voluto accorpare alle consultazioni precedenti; dai 700 e passa che costituiscono il rifinanziamento alle missioni militari all’estero; dal peso dei vari Enti inutili oppure, è appena il caso di ricordare, dal costo delle migliaia di auto blu e voli di stato che generosamente si concedono i “nostri cari”: e si intenda quest’aggettivo come “costosi, superflui, larghi di manica (col denaro dei contribuenti)”. Nell’obiettivo della sobrietà richiesta a tutti, si inquadra forse l’encomiabile esempio che viene dall’ultimo Consiglio comunale, entrato di diritto nel Guinness dei primati per brevità e concisione dei discorsi. Sono soddisfazioni.

E piace annotare come, anche in periodo di ristrettezze, nella nostra Galatina ci si impegni a riasfaltare alcune vie del centro (ma il Rione Italia ancora aspetta, speranzoso, qualche attenzione) od a ripulire e piantumare le aiole della “pupa”, sia pure per munifica opera di privati. Passa in secondo piano la temperie politica di cui ci riferisce il Direttore nel suo editoriale. Le fibrillazioni della maggioranza sono, per così dire, l’abituale rumore di fondo cui non facciamo più caso: e non parliamo in particolare di quest’ultima Amministrazione né specificamente di Galatina, perché le vicine Lecce, Nardò e Gallipoli hanno vissuto e vivono le nostre stesse incertezze degli ultimi anni. Quindi, incuranti di inciuci e pettegolezzi, lasciamo pure che la natura politica faccia il suo corso, impedendole magari di infierire crudelmente sulle nostre già temperate gonadi; e guardiamo con ottimismo il bicchiere mezzo pieno. Vorremmo che ci fosse consentito di gustarcelo seduti in una piazza S. Pietro priva non solo di fioriere (torneremo a parlare della vexata quaestio), ma soprattutto di auto: chiediamo troppo?

Bonu ‘state a tutti.

venerdì 1 luglio 2011

Iniziative culturali a Kaltein - 1 Luglio 2011

Gemeinde Kaltein – Comune di Kaltein

Programma della manifestazioni estive Luglio 2011

3 Luglio h. 21 – Apertura: benvenuto delle Autorità

h. 21,30 – Esibizione gruppo emo “Le contrizioni”

h. 22,30 – Convegno “Le derriere magnifique, prospettive a posteriori: fortuna e carriera al femminile, dalla Venere Callipigia ai politici donna contemporanei”; in chiusura, serena discussione con colluttazione generale

h. 22,35 – Buffet offerto dallo sponsor CementiInquinanti S.p.A.

10 Luglio h. 21,30 – Esibizione gruppo neopunk “Morty Toys” (I giocattoli di Mortimer)

h. 22,30 – Convegno “Simbologia del potere: dai calzini azzurri del giudice Mesiani alle bretelle rosse di Giuliano Ferrara ed altri”; segue dibattito aperto con scazzottata democratica

h. 22,35 – Buffet offerto dallo sponsor Caseificio Sapori Sintetici

17 Luglio h.21,30 – Esibizione duo melodico “Eddy Treno & Zita Capone”

h. 22,30 – Forum “Decadenza cittadina: come, perché, quantunque, sebbene”; a seguire, pacato scambio di opinioni, sassaiola e feriti lievi

h. 22,35 – Buffet offerto dallo sponsor Libreria Le scartoffie polverose

24 Luglio h. 21,30 – Concertino Quartetto Vocale “I Madrigalisti Pallosi”

h. 22,30 – Convegno “Aldo Cazzullo e le cazzullate del Corsera: come prendere per i fondelli la pubblica opinione sull’Unità d’Italia ancora dopo 150 anni”; in conclusione di dibattito, duello rusticano all’arma bianca

h. 22,35 – Buffet offerto dallo sponsor Hacker Software House

31 Luglio h. 21,30 – Esibizione del gruppo pop “I Fedeli d’Amore”

h. 22,30 – Convegno “Prospettive culturali nel 3° millennio: Analfabetismo di ritorno & Beata Ignoranza”; a seguire, scambievole lancio di microfoni e poltrone tra relatori e pubblico. Breve saluto delle Autorità e chiusura dei lavori

h. 22,35 – Buffet offerto dallo sponsor Sanitaria Epidemic

L’Assessore

Frau Dietlinde

venerdì 24 giugno 2011

Il Titano del 24 Giugno 2011

Ritratto in bianco e nero

C’è stato un tempo in cui la nostra Fiera era la vetrina di una società in salute. Lo spazio angusto della villa S. Francesco, gli stand adattati dalle aule delle scuole elementari, ospitavano imprenditori ed Enti da tutte le regioni e dall’estero, come consentito allora ad un’esposizione di livello nazionale. La sede era improvvisata ma si coglieva un’atmosfera di speranza e voglia di fare. Anni di progressivo benessere nel Sud, per la prima volta dalla cosiddetta Unità: era in atto, con la breve ed illusoria stagione del boom, una rapida evoluzione dell’economia meridionale. L’artigiano si trasformava in piccola azienda, coinvolgendo le generazioni più giovani ed acculturate; il capomastro trovava un suo mercato inventando per sé e per i figli l’impresa edile. Altri esploravano coraggiosamente il mondo delle tecnologie innovative; comunque tutti rimodulavano in strutture complesse e più professionali le proprie attività, pure agevolati dal basso costo della manodopera. Ancora pochi anni fa un imprenditore galatinese scomparso di recente riusciva, come tanti altri, ad esportare in Nord Africa, Grecia, Medio Oriente, Nord Europa; ormai vecchio, raccontava con orgoglio l’avventura della sua vita lavorativa, iniziata nel dopoguerra da pilota smobilitato della Regia Aeronautica, e proseguita come tenace, intuitivo scopritore di percorsi nuovi nell’impresa, presa a modello in tutta Italia. Nella loro espansione, queste nostre aziende erano affiancate dagli istituti di credito locali, nei quali spesso una stretta di mano tra uomini di parola poteva affidare meglio e prima di un bilancio certificato. Sia chiaro, le banche col nome dei fondatori non erano pie congregazioni di carità, ma crescevano in parallelo alla società da cui traevano, ed a cui fornivano, nutrimento: in loco reperivano il risparmio dei privati, remunerandolo adeguatamente, e lo impiegavano immettendolo in loco. Quella stagione felice è durata pochissimo.

Incidentalmente, l’inaugurazione della nuova sede del polo fieristico galatinese ha coinciso con l’inizio del declino economico non solo cittadino, ma di tutto il Salento e del Meridione: fine dell’illusione di un progresso esponenziale. Se dovessimo fotografare con una frase ad effetto lo stato attuale delle cose, potremmo parlare di una parte d’Italia con un grande futuro alle spalle. Il perché di questa situazione ha anche, ma non solo, esempi storici lontani (diciamo 150 anni?), che in questa sede non vale spiegare: ma verrà il tempo in cui si potranno raccontare senza paura gli avvenimenti risorgimentali come accaduti veramente, quindi depurati dalle menzogne contenute nei libri di storia approvati dal Ministero dell’Istruzione. Prevediamo smottamenti istituzionali, quando un giorno l’opinione pubblica meridionale prenderà coscienza del suo passato florido, stroncato con la malaUnità, e delle cause del suo attuale malessere. Ma abbiamo anche motivi più recenti, quasi cronaca di ieri, alla base del declino. Una intera burocrazia politico-economico-finanziaria lavora da anni a pieno regime per trasferire ricchezza da Sud a Nord, replicando con la logica di rapina una spoliazione sistematica di risorse finanziarie e umane che ricorda la violenza dei Savoia “liberatori”. Banche, assicurazioni, società di servizi ed industria sono finite tutte in mani settentrionali; le circostanze che hanno permesso quanto avvenuto a danno del Meridione, potrebbero fornire spunti per film di gangsterismo. L’economia meridionale oggi è pura sussistenza, “pizza e mandolino”; il Sud è colonia, mercato interno per merci e servizi prodotti al Nord, suolo per impianti eolici, fotovoltaici e discariche. Proprio come impose nel 1861 Carlo Bombrini, primo governatore della Banca Nazionale: “Non dovranno più essere in grado di intraprendere”. Purtroppo il Meridione è un malato di Alzheimer che non ricorda il suo passato prossimo ricco di speranze disattese, e dello splendore remoto non resta che una vaga malinconia. Il sangue fresco, la meglio gioventù sudista è costretta ad emigrare per trovare fortuna: oggi come 50 e, soprattutto, 150 anni fa, se pure con prospettive ed armi culturali ben differenti.

Perciò diciamo con chiarezza che la madre di tutte le battaglie meridionaliste è la riappropriazione dei nostri mezzi finanziari, proteina indispensabile per la crescita: l’esatto contrario di quanto si intende fare. Affermiamo proprio questo, che il risparmio del Sud deve essere gestito dalla Gente del Sud in favore delle esigenze del Sud. Qui devono esserci, autonomi ed autoctoni, banche, assicurazioni, terziario, ricerca finalizzata; qui compagnie telefoniche e media specifici, qui trasporti e servizi efficienti, qui gestione delle risorse naturali (agricoltura, acqua, energia, paesaggio); il tutto con capitale ed amministratori locali. Il Meridione dovrà interagire alla pari con i mercati dei Paesi emergenti (o già affermati, per meglio dire), senza protettorati di alcun genere e con propri rappresentanti, perché è sospettabile che un Ministro dall’accento piemontese o lombardo-veneto preferisca esaudire le istanze del suo territorio, come fatto sinora impunemente.

Con ingenuità infantile aspettiamo ancora di ascoltare questi propositi, e non altri, dai politici della destra che difende la rapacità del blocco padano, della sinistra che sfama gli appetiti delle lobby tosco-emiliano-laziali, del centro tradizionalmente padrone dell’apparato burocratico-assistenziale. Ancora nessuno ha avuto il coraggio di enunciare apertamente concetti tanto semplici quanto poco demagogici e per questo politicamente non spendibili, quando addirittura pericolosi. “Nel tempo dell’inganno universale, dire la verità è un atto rivoluzionario”, scriveva George Orwell. Non è troppo tardi per una rivoluzione culturale, pacifica, “gandhiana”, in favore delle nostre sacrosante rivendicazioni.

Surrealismo politico - 24 Giugno 2011

Ammiro per l’ennesima volta un quadro famoso di Dalì, “La persistenza della memoria”, meglio conosciuto sotto il titolo “Gli orologi molli”. Mi affascina il surrealismo, visto non solo come corrente artistica: con una forzatura, riesco a vedere nella componente onirica di quel movimento la continuazione per altre vie degli studi freudiani sul sogno. Tre i temi cari al surrealismo: l’eros cardine dell’esistenza, appunto il sogno e la follia, la liberazione.

M’improvviso filosofo dei poveri: nella storia recente della nostra Galatina ritrovo pari pari i tre filoni surrealisti, coniugati nei tempi e nei modi della politica (?) locale. Lascio alla fantasia del singolo lettore trovare attinenze e collegamenti. A me, laico credente, non resta che implorare benedizioni ai Santi Protettori sulla nostra amata Città, che ne ha tanto bisogno. Sperando che, all’uscita dalla Chiesa Madre, Pietro e Paolo non si facciano distrarre da ciò che avviene al loro seguito.

sabato 11 giugno 2011

Il Galatino anno XLIV n° 11 del 10 Giugno 2011

Mitologia, politica ed altra fauna equatoriale

Sebbene sollecitato da alcuni amici, sono riluttante ad indagare sulle questioni locali; mi sembra occupazione vana, e masochista, il porre attenzione sullo zero elevato a potenza. Altri più acuti osservatori, con ragione, evidenziano un minimo comun denominatore che collega nascita, vita e prematura scomparsa delle precedenti amministrazioni, e che raccontano essere la spada di Damocle pendente sull’attuale. Sarebbe un gruppo familiar-politico-affaristico che da anni costituisce l’ago della bilancia nella politica galatinese e ne determina il percorso (più o meno tranquillo), indipendentemente dalla composizione delle alleanze. All’estensore delle righe che state leggendo ricorda la triade delle Parche della mitologia greca: Cloto, la filatrice, che produceva il filo della vita umana; Làchesi, il destino, che lo avvolgeva al fuso; ed infine Atropo, l’inesorabile, che poneva termine all’esistenza tranciando quel filo. Troppa accademia per vicende, ammettiamolo, molto più terrene? E sia, abbiamo voluto attribuire nobile ascendenza a comportamenti che certamente non hanno per obiettivo la crescita della collettività galatinese, ma solo il “particulare” del citato gruppo.

Al decisionismo silenzioso ma efficace per sé stessi (bisogna darne atto) di questi personaggi, fa da contraltare il carattere pittoresco di altri, la cui voce stridula ed onnipresente percuote, sin dallo scalone d’ingresso, i padiglioni auricolari di funzionari ed impiegati a Palazzo Orsini, cui giunga sincera la nostra solidarietà. Ad un amico irriverente che passava da quelle parti è sembrato di trovarsi in una foresta equatoriale, tra le scimmie urlatrici. Posto che il paragone non risulti offensivo: per gli innocenti primati, s’intende.

sabato 4 giugno 2011

La CSA e certe precauzioni tipicamente maschili - 4 Giugno 2011


Gentile Professore,

stamattina ero in Posta, ufficio Galatina centro. Giornata postfestiva, riscossione pensioni, pagamento bollette, computer in tilt ogni 2 operazioni. Circa 3 ore in coda tra la varia umanità alle prese col pochissimo da avere ed il troppo da versare ai vari enti ed istituzioni; tra questi la CSA (prima rata tariffa RSU scadenza 15 giugno, anticipo gestione 2011). Non posso riferire integralmente quello che ho sentito dalla vox populi, lo impone il rispetto della decenza, ma ho registrato una vasta gamma di apprezzamenti sulla saldezza morale delle malcapitate, incolpevoli genitrici (oneste donne, per carità) di tutti gli ideatori, propugnatori ed amministratori dell’azienda nettezza urbana succedutisi negli anni; nonché fantasiosi, coloritissimi improperi all’indirizzo di ignari defunti (che il Signore invece li benedica ed abbia in gloria).

Ora, razionalmente rido di jettatura e malocchio però, come diceva Eduardo, “non è vero ma ci credo”: fossi nei panni di chi ab initio ha voluto e condotto e di chi adesso gestisce la CSA, senza scompormi più di tanto sfiorerei discretamente gli amuleti personali.

venerdì 27 maggio 2011

Il Galatino anno XLIV n° 10 del 27 Maggio 2011

Quinto referendum

Con l’espressione di voto sui quattro quesiti referendari avremo manifestato in forma virtuale ma inequivocabile la nostra volontà di non subire passivamente la “privatizzazione del pensiero”: che appunto è l’oggetto di una quinta, implicita domanda all’elettore. Potremo invece delibare la parvenza di sovranità popolare rappresentata dai referendum abrogativi, sulle conseguenze dei quali il governo ostenta apertis verbis preventiva indifferenza, prova ulteriore della incompiutezza di questa democrazia.

Privatizzazione del pensiero, dicevamo forse con eccesso di enfasi, così come si intende fare con l’acqua e, non è da escludere a priori, con l’aria che respiriamo. Perciò si vada a votare, anche se i tentativi di manipolazione dell’opinione pubblica non autorizzano eccessive speranze. Il pessimismo nasce, ad esempio, dalla constatazione di aver subìto dai media una overdose di minuziosi dettagli sul matrimonio dei reali d’Inghilterra, con osservazioni acute sviscerate esaustivamente in interminabili servizi tv da giganti del pensiero moderno (Alfonso Signorini e colleghi); possiamo affermare altrettanto dei referendum del 12 giugno? Eppure sono questioni inerenti la vita pratica e la salute di ognuno di noi; oltre che, naturalmente, l’applicazione del dettato costituzionale in materia di equiparazione di fronte alla legge tra elettore ed eletto.

Se il foglio che state leggendo, con spirito di civiltà, dedica ampio spazio ai referendum (ci si perdoni l’autopromozione), tacciono i mezzi di informazione nazionali, ipnotizzati dai poteri politici e, soprattutto, finanziari. Invece godono ottima salute gli adepti del satyāgraha, le profetesse della nonviolenza. In altri tempi, per lievi omissioni mediatiche additate come vulnus al diritto di informazione, avrebbero fatto lo sciopero della fame. Oggi la comoda, remunerata poltrona da europarlamentare o l’incarico prestigioso in organizzazioni “benefiche” dell’ONU sopiscono ogni velleità di ribellione al sistema.

Il Cazzilarghismo", categoria aristotelica - 27 Maggio 2011

Gentile Professore,

la tendenza al vanto spesso immotivato, peculiarità tutta galatinese, è all’origine degli epiteti (carzilarghi o cazzilarghi, “z” dolce) che descrivono sinteticamente questa nostra simpatica guasconeria. Difetto innocuo o dote (a seconda dei punti di vista) contrapposto, per motivi di campanilismo anche sportivo, alla laboriosità mercantile dei passaricchi magliesi, che comunque della nostra vanagloria hanno fatto bottino elettorale da tempo. Non troviamo somiglianze fisiche o caratteriali con la bonomia dei leccesi musimoddhri, sembrando quest’ultima ‘ngiuria adatta a chi conversa biascicando con l’affettazione del cittadino del capoluogo.

Proprio nei giorni della settimana andrologica ci chiediamo se invece la categoria aristotelica del cazzilarghismo faccia riferimento ad una dote nascosta di noi Galatinesi, “tra tutte le virtù, la più indecente” cantava De Andrè. Se, insomma, l’abbigliamento dai larghi pantaloni che l’onomastica locale ci attribuisce, secondo nunnu Gaetano, sia dovuto alla necessità di contenere più comodamente un esuberante apparato bellico. Sulla dotta questione converrebbe consultare il corpo elettorale femminile Galatinese, giudice unico ed inappellabile.

Nell’attesa, ognuno (letteralmente) guardi il suo e, imitando il protagonista del romanzo di Moravia “Io e lui”, si consoli della tristezza dei tempi attaccandosi all’…….apposito sostegno. Ciò che appunto, con felice incoscienza, da qualche anno facciamo noi cazzilarghi.

sabato 14 maggio 2011

La volpe e la maschera tragica - 14 Maggio 2011

Fabularum Phaedri – Liber primus – VII. Vulpes ad personam tragicam

Personam tragicam forte vulpes viderat; quam postquam huc illuc semel atque iterum verterat, “O quanta species” inquit “cerebrum non habet!”.

Hoc illis dictum est quibus honorem et gloriam Fortuna tribuit, sensum communem abstulit.

Primu libru de li cunti de Fedru – VII. La vurpe e la maschera tragica

Ppe casu la vurpe vide ‘na maschera; la vota e la gira qualche fiata, poi “Ce caleddha”, face, “ma nu porta cervieddhu!”

Cusì dice la gente de quiddhi ca la furtuna bbinchiau de cloria e onori, ma li fice poveri de sensu.

Traduco liberamente nel sanguigno vernacolo galatinese un popolare brano di Fedro, per una comprensione più agevole da parte della persona a cui è dedicato: nella speranza che si accorga del ridicolo in cui i suoi atteggiamenti hanno gettato la Città (sono un inguaribile ottimista). Il “caleddha”, naturalmente, è una iperbole, non ha valenza di giudizio estetico.


Il Galatino anno LXIV n° 9 del 13 Maggio 2011

Morti dimenticati

Passa sugli schermi uno spot educativo, sotto l’alto patronato della Presidenza del Consiglio. Un affidabile nonnetto (impersonato dai testimonial Alain Elkann e Piero Angela) esorta il nipotino a ricercare, tra documenti e vecchie foto di famiglia, ricordi sulla persecuzione degli Ebrei in Italia e sulla Shoah. Immaginiamo che l’intenzione sia di tramandare memorie di quella tragedia (e delle colpe collettive e personali di chi non vi si oppose), portandola ad esempio dei genocidi passati e recenti: proponimento condivisibile e politicamente corretto.

Con questo spirito sarebbe giusto, a corollario delle celebrazioni per i 150 anni della cosiddetta unità d’Italia, che si usasse altrettanta correttezza politica sui fatti del 1860. E magari che si ricordasse il milione di vittime militari e civili dell’aggressione sabauda (“Non si perda tempo a far prigionieri”, fu il comando di Cavour), i 54 paesi rasi al suolo, i 23000 soldati borbonici deportati in Piemonte nel lager di Fenestrelle, a 2000 metri d’altezza, e lì lasciati morire di fame e di freddo, poi sciolti nella calce viva. Su un muro di quella fortezza campeggia ancora un ammonimento: “Ognuno vale non in quanto è ma in quanto produce”, sinistra anticipazione di “Arbeit macht frei” sul cancello di Auschwitz, venuto quasi un secolo dopo. Senza eccessi retorici, appare evidente come il nazismo abbia avuto un precursore nella politica sabauda. Delle atrocità piemontesi su civili e belligeranti non abbiamo prove fotografiche come per la Shoah, rimangono rare immagini dei cadaveri di patrioti duosiciliani (“briganti e brigantesse”) in oltraggiosa esibizione pubblica come monito dopo il loro assassinio; preziosi documenti d’epoca sono custoditi gelosamente presso l’Ufficio Storico dell’Esercito e resi accessibili con difficoltà. Alle vittime del nostro genocidio non si restituisce, non diciamo l’onore, ma neppure la dignità di Uomini che invece è stata resa agli ebrei dell’Olocausto, quando nei lager erano semplici numeri e combustibile da forno crematorio. Di loro ci restano mausolei e ricca documentazione, delle vittime duosiciliane alcuni teschi nel Museo Lombroso a Torino, reperti della pseudo-scientifica “antropologia criminale” lombrosiana. Popoli uniti dalla comune appartenenza agli untermenschen, spregevole razza subumana. Echi di quell’abominio risuonano nelle “parole in libertà” di certi esponenti dell’attuale governo: corsi e ricorsi storici.

Parimenti sarebbe opportuno rendere omaggio alla diaspora delle decine di milioni di emigrati dal Sud che sostennero l’economia italiana con le loro rimesse in valuta pregiata; infelici a cui fu estorta (quale bonus per i lavoratori del Nord) una tassa esosa persino per emigrare, scampando alla deportazione di massa nel Borneo o in Amazzonia progettata in gran segreto dai primi ministri sabaudi mediante accordi con alcuni governi europei.

In America, paese contraddittorio e detestabile per tanti versi, però si onorano insieme vincitori e vinti della Guerra di Secessione che diede origine agli Stati Uniti (questi sì, uniti davvero!) come li conosciamo oggi. Se in Italia ciò non avviene, se si piega alla damnatio memoriae la storia gloriosa della Nazione quasi millenaria di Ruggero d’Altavilla, di Federico II, dei Borbone, allora è il sintomo dell’intrinseca fragilità di uno Stato nato male e sviluppato asimmetricamente, di questa unità solo burocratica, lontana dal sentimento popolare nonostante fastose celebrazioni e discorsi altisonanti.

sabato 30 aprile 2011

Miracoli galatinesi - 29 Aprile 2011

Dopo la pagina gloriosa dedicata a Papa Wojtyla, la Congregazione per le Cause dei Santi si trova ad esaminare un caso insolito nella storia della Chiesa, la beatificazione di un intero gruppo di viventi già in odore di santità. Noi Galatinesi possiamo essere giustamente orgogliosi che la nostra Città sia il luogo delle opere soprannaturali della Commissione di Viale S. Caterina Novella: per la cui taumaturgica intercessione avvengono gli eventi prodigiosi. Si son visti anziani operati di carcinoma prostatico riacquistare la potentia coeundi di un gagliardo ventenne, per la gioia di mogli e badanti; donne sottoposte a mastectomia allattare copiosamente come giovanissime primipare; ottantenni parkinsoniani in carrozzella alzarsi e concorrere ai 110 ostacoli con lusinghiero piazzamento finale. E tutto ciò, si badi bene, ope legis, per forza (o forzatura) di legge; al semplice se pur frettoloso esame delle loro cartelle cliniche da parte del venerabile sodalizio presieduto da una guida spirituale di magrezza ascetica e di modi soavi. Alcuni testimoni raccontano con malcelata emozione che il prodigio più stupefacente sia l’avvenuto risanamento del bilancio INPS, a pro degli stipendi dell’alta dirigenza dell’Ente. L’unicità dei fatti sovrumani è data dalla loro regolarità, senza eccezioni di sorta. Tutti miracolati i chiamati a visita, e perciò privati del magro sussidio di cura. Altro che Fatima e Lourdes!

La Chiesa, per mezzo delle Sue voci più autorevoli, ovviamente predica prudenza ed ancora non si esprime, ma la gente grida al miracolo e nel luogo mistico già appaiono appesi al muro gli ex voto: dentiere e barelle, stampelle e protesi mammarie. Ed iniziano anche i pellegrinaggi: prevediamo un boom del turismo religioso. Opportuno quindi pensare all’erezione di un Santuario consacrato a S. Concussa patrona dell’ASL.

Ma pure chi scrive è testimone di un piccolo prodigio quotidiano: quello dei tanti pensionati che sopravvivono “con la minima”, e devono acquistare i medicinali oncologici pagando ticket e contributo di 80-100 euro alla Sanità del Presidente Poeta.

venerdì 29 aprile 2011

Il Galatino anno XLIV n° 8 del 29 Aprile 2011

Sogno di una notte di mezza primavera

Ritorno a casa dopo anni e cammino per le vie del centro. Da quando, tempo fa, hanno istituito la ZTL, passeggiare è rilassante per Galatinesi e visitatori. Risplende la pietra leccese delle facciate di palazzi e chiese, ripulita dai cavi e dalla polvere delle auto di passaggio, per il piacere dei turisti e di noi stessi abitanti. Le tasse recuperate dall’evasione edilizia sono investite nel decoro urbano. Spariti i bidoni della spazzatura, ora che la raccolta differenziata copre l’intero abitato, anche la città è uno specchio come già da tempo sono le frazioni. Finalmente si è data concreta applicazione ad una vecchia ordinanza sindacale che vieta il volantinaggio, ed anche questo contribuisce all’impressione di cura e pulizia. I nuovi parcheggi creati al di fuori della circonvallazione interna e quelli sotterranei in piazza Alighieri hanno di molto alleggerito il traffico. E quei ponti sulla ferrovia snelliscono gli accessi in centro. Noto pure maggiore civiltà nella guida: di certo gli autovelox sono un deterrente, non si gareggia più di giorno e di notte nei viali urbani e nelle strade di periferia, sul filo dei 120 all’ora. Fioccano le multe, balsamo miracoloso per le finanze cittadine, non solo per banalissime cinture slacciate ma soprattutto per infrazioni molto più fastidiose o pericolose. Era ora!

Non seguo le vicende politiche, quelli che sanno mi raccontano che si amministra per il bene pubblico, con decisioni condivise tra maggioranza ed opposizione. I pochi incarichi di un certo rilievo vengono assegnati a persone competenti e disinteressate che li svolgono per puro senso civico, gratuitamente; per le mansioni ordinarie si ricorre all’Ufficio di collocamento, seguendo criteri di necessità ed anzianità. La parentela con i politici esclude dalle nomine pubbliche: moralità, innanzitutto.

Mi riempie di orgoglio sentire, dagli amici che vengono in visita a Galatina, che la città è completamente trasformata in meglio. Il merito è anche di noi elettori: abbiamo scelto con attenzione.

Suona la sveglia: sono le 6. Ora di alzarsi, come tutti i giorni. Forse dovrei cenare più leggero, alla mia età esagerare fa brutti scherzi. Però questo delirio onirico mi stava piacendo…

martedì 19 aprile 2011

Ho riletto, per mia scienza, l’articolo V della Costituzione: riguarda la tutela delle autonomie locali ed il decentramento. Se mal intesa, la lezione di diritto costituzionale porta dritta all’ “articolo quinto” di rito galatinese: una leggina non ufficiale, ma di applicazione puntigliosa, che consente di spartirsi i posti giusti nella pubblica amministrazione piazzando parenti ed amici.

Siamo fuori dalla competenza delle “autonomie locali”, è evidente, per addentrarci nel malcostume, agli antipodi dello spirito dei padri costituenti; comunque emuli del Marchese del Grillo che sbertuccia: “Io sò io, e voi nun siete un c….”, col Popolo Galatinese al posto dei malcapitati borgatari.
Lasciamo i minima immoralia: le liturgie pasquali invitano all’introspezione ed alla purificazione. Cerchiamo un insegnamento, quello che si possa desumere interpretando la tradizione da laici credenti, e vogliamo leggerci la certezza della resurrezione del nostro Sud, perché 150 anni di passione sono troppi. Il riscatto inizia dal ristabilimento della verità storica, l’esatto contrario di quanto insegnato ancora oggi dai manuali scolastici e propalato come Vangelo in questi giorni di celebrazioni. La verità si accompagna alla conoscenza e fa rima con libertà. Mistificare o nascondere un vergognoso passato, tentar di confondere con argomentazioni capziose, raggirare la gente con questo federalismo a senso unico nordista: l'opposto della verità e della libertà. Ma l’inganno non può durare per sempre.
Qualcuno insegna: “Sia il vostro parlare si, si, no, no; il di più viene dal Maligno” (Matteo 5, 37). Mi pare di vederne un buon numero, pur noti frequentatori/frequentatrici di sacrestie e confraternite per bigottismo, che abbiano dimenticato l’ammonimento, a Roma come a Galatina.
Buona Pasqua ai nostri cari Amici ed a Lei caro Professore

venerdì 15 aprile 2011

Il Galatino anno XLIV n° 7 del 15 Aprile 2011

Come ti emancipo il Terrone

Uno studio dell’economista Paolo Savona (ex alto funzionario di Banca d’Italia e altri istituti di credito importanti, cattedratico illustre, già ministro) rivela che il Sud Italia spende ogni anno 63 miliardi di euro in acquisto di beni e servizi prodotti al Nord; mentre appena la metà di quella somma ritorna al Meridione.

Cifra, per avere un termine di confronto, più di 3 volte superiore all’ultima legge finanziaria dello Stato: ricchezza frutto del lavoro meridionale che va su, improduttiva perché sottratta al nostro circuito economico. Si spazia dall’agroalimentare all’abbigliamento, dalla gestione del risparmio (in mano alle banche e finanziarie del Nord) alle assicurazioni, dalle telecomunicazioni ai trasporti. Pare di vederlo, questo organismo già debole ed emaciato, il Meridione, svenarsi per donare sangue al “Fratello d’Italia” obeso e prepotente… Non occorre essere Premi Nobel per immaginare quanti posti di lavoro, quanta ricchezza potremmo creare con le nostre forze, per noi stessi, se appena il 10% di quello che regaliamo al Nord rimanesse qui.

Ora, ci viene magnificata la futura Banca del Sud come munifica regalìa agli ingrati meridionali “parassiti”. Ad indagare su questo progetto si scopre che alcune banche popolari settentrionali (amministrate da persone “gradite” alla Lega) già avanzano la pretesa di controllare il 60% del costituendo Istituto, per replicare i fasti della Cassa per il Mezzogiorno che ha fatto la fortuna del… Nord. Si vorrebbe affidare la pecora al lupo, in buona sostanza.

Pasqua è vicina ed invita alla pacificazione, le celebrazioni per la cosiddetta Unità impazzano sui media; non sarà certo il pericoloso “terronista” che scrive queste righe a guastare il clima da tarallucci e vino. Solo, riflettano i cittadini “sudici” (l’epiteto di conio leghista vorrebbe apparire scherzoso): se putacaso si prendesse esempio dal grande Mahatma Gandhi, e si scegliessero i prodotti nostri, boicottando merci e servizi del Nord Italia? Magari iniziando proprio dalle aziende sponsor di quella Radio Padania che trasmette nel Salento gli insulti ai Meridionali?


giovedì 31 marzo 2011

Lombrichi - 31 Marzo 2011

Ci vorrebbe la prosa distaccata di Moravia per raccontare il tipo umano impermeabile alle vicende esterne al proprio “particulare”, la visione asettica dell’entomologo mostrata ne “Gli indifferenti”. Quell’umanità che oggi assiste alla tragedia giapponese, come alle invenzioni della CIA che chiamano rivoluzioni democratiche, senza moti dell’animo, con l’identica maschera facciale e la stessa partecipazione esibite davanti al format televisivo serale.

Va peggio invece a quei pochi che assorbono il malessere universale come spugne psichiche e lo interiorizzano, incapaci di metabolizzare. Pessimo difetto: si viene colti da nausea ed afasìa, disturbi fisici che colpiscono, ad esempio, chi si provasse ad analizzare freddamente i fatti di questi giorni. Eppure non dovrebbe sorprendere né meravigliare il profilo basso, anzi sotterraneo, da Lumbricus medius, tenuto dai nostri rappresentanti nella questione libica: esibizione indecente, nella consuetudine di voltafaccia e tradimenti da Regno di Sardegna, di cui questa Repubblica è erede diretta.

Il “volemose bbene”, l’atmosfera zuccherosa del centocinquantenario non aiuta di certo a smaltire la bile accumulata, l’umor nero o melanconia diagnosticato dal cerusico medievale; al contrario appesantisce e stufa la sequela di sbandierate e discorsi patriottici. Ci vorrebbe un diversivo allegro, un siparietto d’avanspettacolo: per fortuna lunedì c’è la prossima udienza a Milano.

venerdì 25 marzo 2011

Il Galatino anno XLIV n° 6 del 25 Marzo 2011

A naso chiuso

Gli uomini della Prima Repubblica osservavano un’etichetta forse ipocrita e noiosa ma elegante. Apparve sfrontato, ai tempi, un intervento ironico di Giorgio Almirante che provocò l’ilarità generale: “Onorevole Andreotti, il suo governo ingurgita fiducia ed erutta decreti!”. Tangentopoli fece tabula rasa di quel mondo. Giuliano e Carlo Azeglio, Primi Ministri nel dopo-bufera giudiziaria, inaugurarono un periodo di regolarità, effetto naturale del bifidus actiregularis. Del primo si ricorda una legge retroattiva emanata nottetempo, che spazzò via i risparmi degli Italiani da un giorno all’altro. La gente reagì indirizzandogli l’ovvio invito a recarsi in un luogo dove normalmente si è da soli; l’esortazione fu presa alla lettera, ed il conseguente dimagrimento trasformò quell’uomo di ondivaga fedeltà craxiana nel “Dottor Sottile”. Era l’inizio della puteolente esondazione di norme, le più astruse, che da quel giorno appesta la Nazione.

Quando scappa, scappa: che sia decreto, proposta, o legge-quadro, il politico nostrano si lascia andare, non trattiene l’impellenza legislativa. Infatti per forma, colore e lezzo, certe leggi denunciano la loro origine. L’espressione soddisfatta dei Presidenti, terminate le riunioni di gabinetto (mai termine fu più pertinente), è un chiaro sintomo del felice esito delle sedute. Sarà forse perché inconsciamente assimiliamo il volto dei nostri politici (tutti, senza distinzioni) a quell’altra pur nobile parte dell’anatomia celebrata dal cinema di Tinto Brass? Non osiamo affermare tanto. Ma sapete, non è che una legge nasca così, per caso. Si creano situazioni di imbarazzo parlamentare, di costipazione decretatoria, come nell’ultimo governo di Romano: ricordate la sua sofferta mimica facciale? Ebbene si, era proprio quello il motivo: il Professore curava la fase di stipsi legislativa con “la dolce Euleggina, la prendi la sera e decreti la mattina”. Premurosa come una perpetua, Rosi gli somministrava il blando peristaltico con un sorriso beffardo. I miasmi di quegli anni eupeptici ammorbano ancora le nostre contrade.

Il Cav., uomo concreto e fattivo (in tutti i sensi), non ama gli intoppi. Per lui Mara e Maria Stella hanno sempre pronta in borsa la boccetta di “GuttaLex, 10 gocce al bisogno”; i risultati si vedono (e si sentono), cribbio! Basta far due passi a piedi per accorgersene: leggi fumanti sparse ovunque, e nessuno che ripulisca, pardon, che riformi. Perciò si comprende che l’azione del calpestare la legge, come fanno certi Premier, non costituisca reato, ma sia semplice gesto propiziatorio. È sufficiente nettarsi la suola delle scarpe prima di rientrare in Camera. È pur vero che norme basilari di igiene imporrebbero, ad un Presidente che porti fuori il suo ministro per la passeggiata mattutina, di raccogliere i decreti dell’amata bestiola con l’apposito salvaproroghe usa-e-getta lasciando pulito il marciapiede. Purtroppo si è fatta l’abitudine a certi comportamenti.

“Viva l’Italia, viva la Repubblica!” avrebbe esclamato don Peppino, il sobrio Saragat. Altre epoche, altro stile.

venerdì 11 marzo 2011

IL Galatino anno XLIV n° 5 dell'11 Marzo 2011

Tanta festa, poca farina, niente forca

Esultiamo per la festa nazionale del 17 marzo, se ne sentiva il bisogno: si vorrebbe ricordare quel giorno del 1861 in cui a Torino il parlamento di uno staterello periferico proclamò re d’Italia il suo monarca, usurpatore con violenza ed inganno di altrui regni e trafugatore delle ricchezze private dei Borbone.
Comunque dimentichiamo polemiche e divisioni politico-geografiche, simulando un entusiamo che in Italia accende solo sparuti esponenti della nomenklatura. Vorremmo trovare, per l’occasione, un simbolo, un’idea-forza che rappresenti in sintesi l’unione di popoli “calpesti e derisi”: potrebbe essere appunto il nostro inno nazionale, adottato provvisoriamente alla fine della guerra, e sappiamo che in questo paese nulla è più definitivo del provvisorio. Già nell’incipit (“Fratelli d’Italia”) denuncia ascendenze massoniche, in omaggio all’apporto fondamentale di quella istituzione alla causa unitaria, quindi con aperto anticlericalismo, come in uso all’epoca. Si perdoni il giudizio musicale tranchant, ma quel motivetto orecchiabile ci pare non più che una tarantella triste ed inutilmente lunga, un ballabile inadatto alla funzione perché privo della solennità e del ritmo propri di un componimento patriottico.
Potrebbe anche meritatamente rappresentarci la figura dell’emigrante, ma non l’ideologico esule di lusso alla Toni Negri, alla Cesare Battisti. Parliamo di uno dei connazionali, per la maggior parte del Meridione, costretti a cercar lavoro lontano da casa, più di 60 milioni dall’unità ai giorni nostri. Prima scalzi e con le valige di cartone, adesso con un master prestigioso nel curriculum ed il computer portatile; allora “terroni” analfabeti, oggi intellettuali superflui nel paese di Platinette e Lele Mora.
Ma forse abbiamo trovato: l’epitome storica di una nazione vassalla, degna erede del Regno di Sardegna, l’icona moderna di un sedicente stato sovrano che “ospita” sul proprio territorio oltre 110 basi ed installazioni militari straniere (anche nucleari), è un primo ministro che bacia la mano al capo berbero in visita in Italia. E tanto basti.

Della democrazia - 11 Marzo 2011

Gentile Professore,
Le accludo un video del 2007 reperito su Youtube. Vi si vede uno studente americano che pone delle domande (scomode?) al sen. Kerry e viene brutalizzato dalla polizia con uno sfollagente elettrico. Ora, siccome l’esempio arriva dalla nazione che si è proclamata gendarme mondiale della democrazia; siccome in quello stesso paese si progetta di inoculare un RFID (microchip) delle dimensioni di un chicco di riso, contenente i dati sensibili, in ogni essere umano per poterlo più facilmente controllare in ogni momento, ma ufficialmente solo a scopo di prevenzione del crimine; siccome parliamo del nostro “alleato” (non si dica padrone, per carità) che seguiamo fedelmente in ogni avventura bellica (anche contro i nostri stessi interessi), mi chiedo e Vi chiedo: è questa la democrazia che vogliamo per i nostri figli? Forse si, altrimenti non si spiegherebbe perchè le scelte delle istituzioni vadano nella direzione esattamente contraria al buon senso ed alla volontà popolare (interventi militari, energia nucleare, rifiuto del fotovoltaico, incenerimento del CDR per fare esempi più vicini a noi). Mi avevano inculcato a scuola un concetto della democrazia superato dalla realtà contemporanea, oppure mi son perso in edicola i fascicoli di aggiornamento?
Saluti cordiali,
Pasquino Galatino

http://www.youtube.com/watch?v=sE76LQwT6qA

lunedì 28 febbraio 2011

Er turista a Ggalatina - 27 Febbraio 2011

Er turista a Ggalatina

Passeggia un tale ar centro der paese.
“Davero bello er posto, niente da dì,
li monumenti, l’antiche vie, le chiese;
solo me pare ch’a ggente stia a dormì”.
Je risponne un vecchietto: “Caro amico,
er probblema risiede in quer Palazzo!”
(e je parte ‘na parola che nun dico)
“L’amo votati? Mò s’attaccamo ar …..!”

Pasquino Trilussino

sabato 26 febbraio 2011

Il Galatino anno XLIV n° 4 del 25 Febbraio 2011

Da che mondo è mondo…

“Se non ora, quando?”. Se lo son chiesto in molti, manifestando nelle piazze italiane il 13 febbraio. Hanno inteso contestare una certa deteriore immagine femminile emersa dal pettegolezzo d’alcova, oggi arma di lotta politica e giudiziaria, contrapponendo un’idea positiva della donna che da molto tempo è largamente condivisa nella società moderna. L’eccezione ad una commendevole dirittura morale è costituita dal comportamento di poche giovani, convinte che la via breve dell’affermazione personale inizi dalla disponibilità al potente di turno: con maggiori chance di successo quando nelle mani del satiro cui concedersi coesistano entrambi i poteri, politico e mediatico. Credo che l’esecrazione per questo patetico scambio di favori sia universale ed indiscussa, e prescinda dall’ hic et nunc: dovunque ed in ogni tempo, sotto le dittature ed in democrazia, qualcuno ha goduto (letteralmente) del proprio status per ottenere grazie muliebri altrimenti negate (con biunivoco vantaggio per “donatrice” e “ricevente”). Nihil novi sub sole.
Due esempi, i primi che ricordi, diversissimi per epoca e regime politico: già avanti con gli anni, Mao Zedong usava appartarsi con generose compagne (maggiorenni), che rapidamente facevano carriera nel PCC; poi l’affaire di Bill Clinton con la compiacente stagista (maggiorenne) nella stanza ovale. Quell’abitudine disinvolta e poco nota accresceva l’idolatria verso il “Grande Timoniere” ma unicamente nel suo entourage; non altrettanto può dirsi del Presidente democratico USA, piegatosi ad imbarazzanti scuse pubbliche. Ed anche qui da noi la consuetudine con giovani disinibite suscita giusta disapprovazione e compatimento per un anziano ricco costretto a pagarsi compagnia mercenaria per lenire la solitudine.
In conclusione, la manifestazione di folla della scorsa domenica ha riproposto una concezione limpida della dignità femminile che è ormai patrimonio di tutti…o quasi.
Con questo spirito, sarebbe pur apprezzabile una sollevazione popolare contro una figura di donna che giornali e televisioni continuano ad esibire in pubblicità, senza distinzioni di sorta tra media generalisti o specialistici, fasce d’orario e target di lettori o telespettatori. Il messaggio proposto alle generazioni nuove è scorretto e diseducativo, oltre che umiliante per la donna: la vera ribellione sarebbe boicottare quella carta stampata e quelle trasmissioni, ed i loro inserzionisti.

domenica 13 febbraio 2011

Palazzo Orsini come i Baci Perugina: ah, l'amour! - 13 Febbraio 2011

Gentile Professore,
sulla questione della (mala)Unità d’Italia ho detto più volte la mia calpestando l’aiuola ben curata del “politicamente corretto”. Ma trovo sia giusto non guastare l’atmosfera idilliaca che unisce in un patriottico afflato leghisti della prima ora e ultras risorgimentali di destra e di sinistra nella festa dei 150 anni. Si consumino in pompa magna queste celebrazioni (doverosamente finanziate con larghezza di mezzi), chi non è d’accordo taccia. Io taccio.
Invece oso formulare un giudizio (solo estetico, si badi bene) sulle coccarde tricolori che con sobrietà e misura adornano la facciata di Palazzo Orsini. Si convenga che a pochi giorni dal 14 febbraio, giorno degli innamorati, un infiocchettamento ispirato alla confezione dei Baci Perugina sia tutt’altro che fuori tema. “Ah, l’amour!” esclamano i francesi: invero riscontriamo la passione riscoperta per questa Italia unita, madre per alcuni e matrigna per altri. E qui chiudo il mio dire ed accludo, a mò di contrappunto ironico, l’immagine della vetrina di una nota libreria galatinese. Plaudo all’iniziativa dei titolari di affiancare tre bandiere: la borbonica, il tricolore savoiardo e quello italiano. Però mi piace notare maliziosamente che le dimensioni dei tre vessilli decrescono secondo l’ordine qui esposto, il simbolo duosiciliano essendo maggiore degli altri due: e chi, dotato di acume, volesse interpretare questo messaggio subliminale, lo faccia in silenzio, per non disturbare i festeggiamenti.

sabato 12 febbraio 2011

Il Galatino anno XLIV n° 2 dell 11 Febbraio 2011

Antidoto magico


Un recente episodio minore di vita cittadina, che non merita più attenzione di quanta ne abbia già avuta sui media locali, suggerisce però alcune considerazioni di carattere generale.

Parlo della lectio magistralis di agiografia tenuta da un Assessore locale, alla presenza del Vescovo, dal pulpito di una Chiesa. Possiamo serenamente inquadrare il fatto per quello che è: un’ingenuità, una gaffe innocua, sorvolando generosamente sui casi di narcolessia tra i fedeli prostrati dall’eloquenza ipnotica dell’avventato politico nostrano. Si giudichi la cosa come una trascurabile nota di cronaca, tanto quanto i capricci da dive dello schermo di alcune esponenti della maggioranza: folklore senza conseguenze apprezzabili.

Quello che invece preoccupa, ed è ormai da anni una costante, è l’assenza del meglio della società civile dal palcoscenico politico della Città. Mancano intellettuali latu sensu disponibili ad occuparsi del bene pubblico senza interessi personali o di clan. Questa singolare peculiarità cittadina potrebbe avere, a mio avviso, due cause che si escludono a vicenda: o l’indifferenza mostrata da noi elettori Galatinesi nella scelta dei nostri rappresentanti, quasi che la delega ad amministrarci non sia decisione da maturare con criteri di oculatezza e giudizio; oppure un sortilegio malefico gravante sulle vicende della nostra Galatina.

Nel primo caso, dovremmo recitare il mea culpa ed agevolare il pronunciamento di nuovi (ma nuovi davvero!) protagonisti della politica. Diversamente, si organizzi sin d’ora un esorcismo liberatorio: Mago Otelma potrebbe fare al caso nostro.

giovedì 10 febbraio 2011

La Tua banca - 9 Febbraio 2011

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venerdì 28 gennaio 2011

Il Galatino Anno XLIV n° 2 del 28 Gennaio 2011

Missioni di pace
Perché siamo in Afghanistan? Il compito del contingente ISAF, di cui le truppe italiane sono componente non secondaria, dovrebbe essere quello di garantire la sicurezza del governo insediato a Kabul dalla NATO nel 2001.
Ancora una volta si è intervenuti secondo logiche occidentali, specificamente americane, installando democrazia col metodo usato per esportare stupidi format televisivi, somministrabili con poche modifiche al palato di ogni telespettatore del globo. Si è preteso di imporre valori politici estranei ad un popolo fiero delle sue tradizioni, suddiviso in clan tribali e governato da tempo immemorabile da un parlamento del tutto originale, la Loya Jirga, assemblea dei notabili.
In Afghanistan, nel XIX secolo, tentò invano di metter piede l’allora potentissimo impero britannico, per contrastare l’espansione zarista verso l’Oceano Indiano: gli inglesi furono costretti ad alzare i tacchi dignitosamente, dopo dure sconfitte. Nel secolo scorso ci ha riprovato l’URSS, con identico risultato, tanto che quella poderosa campagna militare venne definita “il Vietnam sovietico”.
Adesso ci siamo noi al seguito degli USA, ufficialmente per riportare ordine, e sappiamo quali garbate maniere usino gli americani allo scopo: le bombe intelligenti, ma non tali da risparmiare villaggi e popolazioni inermi. In realtà difendiamo gli appetiti delle multinazionali yankee dell’energia e delle armi, in una vera guerra che contravviene all’art. 11 della Costituzione (in altri casi totem sacro ed inviolabile); tacciono maggioranza ed opposizione, in combutta.
Ci sarebbe anche da catturare un certo Osama Bin Laden, nemico pubblico n° 1 ma tanto utile alla causa di convogliare consenso intorno ai leader di una nazione in declino irreversibile (compito paragonabile al rinascente terrorismo italiano per la nostra screditata classe politica). Desta stupore che chi dispone di sistemi sofisticatissimi in grado di intercettare qualsiasi comunicazione in ogni sperduto angolo del mondo, di tecnologie satellitari capaci di leggere da centinaia di kilometri d’altezza il titolo del giornale che state leggendo seduti al parco, poi non abbia catturato un emiro barbuto nascosto tra brulle montagne afghane. È lecito supporre che il terrorista faccia più comodo in latitanza e che l’efficientissima intelligence statunitense abbia voluto distrarre lo sguardo.
Torno alla domanda iniziale: a chi giova la missione ISAF? Non ai nostri uomini, specialmente quei giovani volontari (a maggioranza “sudista”) convinti con quattro soldi a partire per vedersi rinnovata la ferma; non certo ai 36 di loro riportati a casa in una bara coperta dal Tricolore; di sicuro non alle loro vedove ed orfani. Ma in un’operazione che costa al contribuente 600 milioni all’anno, è probabile che qualche politico e qualche cinico manager di aziende energetiche o degli armamenti, stiano facendo i loro interessi, presenti e futuri. Nutriamo seri dubbi che siano anche i nostri.

venerdì 14 gennaio 2011

Il Galatino anno XLIV n° 1 del 14 Gennaio 2011

Todos Caballeros!
Si immagini un gruppo di austeri signori in riunione, eccelso think tank convocato intorno ad un tavolo, in una sala ovattata. Volti seri e pensosi, toni di voce pacati, voluminose cartelle di documenti top secret da scambiarsi e compulsare. Insomma, il contesto adatto alla risoluzione di problemi esiziali per le sorti dell’umanità. Fuori dagli inviolabili saloni, il popolo in affanno e trepida attesa delle decisioni di cotanto consesso.
Poi lo sciamare concitato e sorridente dei valletti dalle segrete stanze, preludio all’ annuncio agognato: ecco donatoci nel tripudio generale (non si ironizzi sul frutto di sì laboriosa spremitura di meningi) il “Direttore delle Macchine Scopatrici”; chiave di volta della delicata architettura della società Centro Salento Ambiente e della tenuta politica del governo cittadino, in quanto l’eccentrico titolo non promuove un pornodivo focoso ma un dipendente che, per caso singolare e fortuito, è anche consigliere comunale di maggioranza. Che caso, vero?
Al di sotto del quale ora è lecito si conceda dignità di “Grand’Ufficiale della Real Ramazza” e, scendendo nella gerarchia aziendale, di “Cavaliere di Gran Croce della Differenziata Spinta”.
Potrebbero sparire gli operatori ecologici, promossi autisti, anzi “Manager Conducente di Veicolo Spazzatorio” (ma a mezzo stipendio, purtroppo per loro), andando a costituire un esercito di soli comandanti, senza truppa da combattimento.
Il Cittadino pagante bollette, benché entusiasta di questa araldica politico-netturbina, si chiede: “Chi raccoglie il pattume?”