giovedì 22 settembre 2011

Opera d'arte proletaria - 22 Settembre 2011

Vorrei celebrare degnamente un monumento cittadino sconosciuto ai più, nel decennale della sua posa: grata incombenza per un nativo della “Città d’Arte”. Sappia dunque chi dovesse percorrere, in entrata da Noha verso Galatina, la provinciale 41 all’altezza del campus scolastico, che nei pressi di una dimora patrizia di campagna (ma in zona ormai inurbata) potrebbe ammirare alla sua destra una installazione di land art. Trattasi, in apparenza, di un segnale stradale di lamina metallica con fondo bianco riflettente, avente in basso il perentorio ammonimento “Rallentare”. Reca al centro un triangolo giallo con bordi rossi e due sagome nere tratteggianti alunni che corrono a scuola, di evidente maniera egizia dell’Antico Regno (III – VI Dinastia). Tali disegno ed iscrizione sono sormontati, infine, da lanterna semaforica che doveva essere arancio intermittente ai tempi del suo perfetto funzionamento. L’opera poggia sbilenca su tre pali, due anteriori ed uno retrostante, infissi nel terreno. Per chi guardi frontalmente, il sinistro dei due pali anteriori mantiene un allineamento quantunque precario; il destro invece, in seguito al fantasioso intervento di un artista che descriveremo più avanti, ha assunto un’angolazione che ricorda quella di un arto umano inferiore in genuflessione sull’inginocchiatoio. All’inizio l’installazione, nel suo splendore di prodotto industriale calato nella natura quasi incontaminata dei luoghi (un fosso umido ai margini della strada, sempre ricco di vegetazione spontanea, uno sfondo di cedri del Libano), assolveva egregiamente il suo compito di avviso luminoso ai conducenti. Nottetempo, un ardimentoso performer in stato di estro creativo, vi slanciò contro il suo mezzo proletario (una 127 Special? una Palio Weekend TD? non lo sapremo mai), ben calcolando velocità, direzione e conseguenze dell’impatto tra la duttile materia segnaletica e la massa veicolare: e ne stravolse totalmente l’estetica tardo-razionalista. Quella collisione, in realtà una geniale estrinsecazione dell’Io creatore, ci consegna imperitura negli anni un’opera d’arte di cui oggi tutti possiamo esser fieri e gratuitamente fruire: Galatinesi, Salentini e turisti, Sindaci e Presidenti di Provincia (sotto la cui amministrazione ricade la S.P. 41). Immagino quali entusiastiche parole un Giulio Carlo Argan, se fosse vivo, spenderebbe nella critica alla mirabile creazione, magari ponendo enfasi sul gesto metapolitico rivoluzionario e simbolico (il palo destro piegato… ben dritto quello sinistro). Mentre l’estroso Vittorio Sgarbi, pur lodando l’installazione concettuale, apostroferebbe da par suo l’inerzia dell’Ente Provinciale nel ripristino di luoghi ed arredi urbani (“Capre! Capre! Capre!”).

In tutta modestia, pare invece allo scrivente che la decrittazione del messaggio subliminale riporti palesemente alla caducità delle cose umane, in primis, poi al cieco affannarsi del Cittadino (in particolare Galatinese, aggiungiamo) nella ricerca non di Verità e Giustizia, ma sic et simpliciter di Ordine e Pulizia. Anche a 10 anni dalla nascita di un capolavoro di tale incompresa magnificenza, ed a 50 metri lineari dalla piramide di pneumatici.

giovedì 15 settembre 2011

Il Galatino anno XLIV n° 14 del 16 Settembre 2011 Il Ga

Un flagello epocale


La stagione calda è il periodo della riproduzione del Tabanus Politicus, in italiano Tafano Politico, (Ordine Diptera, Sottordine Brachycera, Infraordine Tabanomorpha, Superfamiglia Tabanoidea, Famiglia Tabanidae).

Il fastidioso parassita ematofago (si nutre infatti del sangue degli organismi ospitanti, privilegiando quello del Contribuens Italicus, il contribuente italiano) d’estate converge in massa verso ambienti caldo-umidi come le terme, adatti alla ricerca del partner ed all’accoppiamento. In questi luoghi favorevoli, con assembramenti che possono arrivare anche a migliaia di esemplari, chiamati dagli specialisti “Congresso Nazionale di…” o “Meeting di…” oppure ancora “Festa de…” (segue il nome del gruppo dei ditteri), l’insetto celebra il rito annuale della riproduzione.

Senza scomodare Plinio il Vecchio e Linneo, già acuti osservatori di fenomeni simili nell’antichità classica ed al tempo dei lumi, lasciamo la parola agli entomologi contemporanei. I congressi carnali estivi consentono agli insetti la doppia opportunità di: a) rinsaldare il legame (“alleanza politica”) col partner, oppure b) formare una nuova unione, che prende nomi diversi dalla maggiore o minore omogeneità degli esemplari coinvolti. Nel marasma degli amplessi collettivi, possiamo così avere unioni naturali (Silviettus Orgiasticus – Humbertus Vulgaris) oppure anche contro natura (ad esempio l’unione a tre Finus Ianus Bifrons Rutellius Insipidus – Casinius Sagax). Risultano essere affatto singolari, specialmente agli occhi dei profani di entomologia, le abitudini copulatorie del Tabanus Politicus: alcuni maschi dominanti si accoppiano furiosamente ed indiscriminatamente con le femmine del proprio harem, come a marcare territorio e posizione gerarchica nel branco (Silviettus Orgiasticus); altri si applicano all’onanismo intellettuale (Bersanius Pidiensis); altri ancora, per ragioni naturali di contenimento demografico, sono predestinati alla sterilità (i tre già citati dell’unione contro natura).

Generalmente, nel periodo che va da marzo a giugno dell’anno successivo all’accoppiamento, avviene la deposizione delle uova (in entomologia “laboratorio politico”, “alternativa di governo”, “ribaltone”), la cui schiusa (“elezioni”) apre la nuova stagione degli amori.

Al momento la ricerca scientifica non sperimenta rimedi efficaci contro questo temibile flagello, al cui confronto l’invasione delle cavallette di biblica memoria appare una carezza all’ecosistema.

venerdì 2 settembre 2011

Il Re del Mondo - 2 settembre 2011

Diceva Battiato “Ma il Re del Mondo ci tiene prigioniero il cuore”. Rammento quei versi mentre ragiono su “rivoluzioni” che stanno cambiando la geopolitica ad apparente vantaggio dell’ovest: Tripoli adesso, come prima Kiev e poi Tunisi. Forse accoglieremo anche Damasco e Teheran tra i “buoni” grazie a quelle guerre umanitarie targate ONU che sono ipocrisia e contraddizione già nei termini. La ricerca della libertà è ovvia e necessaria, ma rimane qualcosa di tragicamente ridicolo in queste piazze che celebrano la caduta del tiranno e la riconquista della democrazia con le sventagliate in aria di kalashnikov. Festeggiano l’ingresso tra gli Stati democratici in senso squisitamente occidentale, vale a dire indebitati in dollari o in euro; i simboli di un potere creato rubando ai popoli la sovranità sulla moneta, cioè la gestione delle risorse economiche e del lavoro. Dirigono tutto (politica, società civile) le lobby finanziarie in mano ai pochi del Bilderberg Club. Stringi stringi, questa imperante economia anglosassone altro non è che coprofilia, cupidigia della “cacca del diavolo”, religione del dio denaro. Una evoluzione/involuzione contemporanea, insomma, del vitello d’oro: la Bibbia racconta la fine di quella storia.
“Da Oriente ad Occidente” (ancora Battiato), non ho dubbi: proviene da Est la mia Luce, energia che guida e vivifica. È la lezione di antichi architetti che in tempi remoti progettavano ed innalzavano cattedrali seguendo una precisa disposizione spaziale, immutabile nei secoli: l’abside (simbolo della sommità della Croce) rivolta verso il punto geografico da cui sorge il sole. Nel raccoglimento di questi edifici sacri, un celebrante dava le spalle, fedele tra i fedeli, officiando con lo sguardo diretto all’altare, ad Oriente, in una lingua oscura ai più ma tramite perfetto per l’elevazione spirituale e l’invocazione all’Ente Supremo.
Due dita di un nettare salentino (“Bere con moderazione”, ci impone Nostra Signora TV) lubrificando la materia grigia un po’ stanca, mi aiutano a superare le ultime resistenze alla stesura di questo sproloquio che (per mia fortuna!) pochissimi leggeranno. L’etichetta, con enfasi enologica, descrive un “nobile vino adatto alla meditazione, da servire a temperatura ambiente”. Meditando, è quasi giorno: il mezzo toscano si è spento tra le labbra, nel momento in cui dietro le montagne della vicina Albania il disco rosso torna a sorgere. Un raggio sottile m’illumina al centro della fronte colpendo il sesto chakra, la porta dello spirito e dell’intuizione. È il ritorno istantaneo della Grazia.