giovedì 21 febbraio 2013

Il Galatino anno XLVI n° 4 del 22 Febbraio 2013


Voterà? Non voterà? (chi ci legge lo saprà)

Se votare servisse a cambiare qualcosa, non ce lo lascerebbero fare- (Mark Twain).

L’Italia non è uno stato sovrano. Lo era la parte più ricca ed evoluta della penisola, quella pugnalata alle spalle nel 1860 dal Caino sabaudo, debitore del ramo francese dei Rothschild. La sceneggiata squallida detta “Risorgimento”, in effetti una sanguinaria rapina a mano armata, è fonte battesimale degli attuali disastri. Il regno e la repubblica seguenti ereditano infatti i geni del tradimento, della corruzione e del servaggio propri dei venerati “Padri della Patria” piemontesi.
È una colonia militare, col territorio occupato da più di 100 basi USA completamente sottratte al controllo delle nostre Forze Armate. Come a Niscemi dove la marina americana sta impiantando un sistema di telecomunicazioni (sospetto di cancerogenicità) contro il volere dei Siciliani e del nuovo governatore Crocetta. L’ultimo a tenere la schiena dritta con gli USA è stato Bettino Craxi con il caso Sigonella: sappiamo come ha concluso i suoi giorni. Le “missioni di pace” imposteci dall’ONU sono né più né meno che guerre non dichiarate nei confronti dei paesi detentori di risorse energetiche, in favore delle multinazionali petrolifere (esclusa l’italiana ENI). Avremo a breve una superpolizia europea (Eurogendfor) dal potere molto discrezionale e svincolata da qualsiasi autorità: l’unica analogia che si ricordi risponde al nome di Gestapo.
È una colonia finanziaria. In primis, non abbiamo una moneta sovrana, ma la acquistiamo dalla BCE (banca privata, è bene ribadirlo) in cambio di titoli del debito pubblico, ovvero cambiali firmate in nome nostro e dei nostri figli. Poi le leggi in materia di spesa (sanità, educazione, giustizia) sono soggette all’approvazione della commissione europea gestita dalla BCE, secondo i parametri stabiliti dal MES (fondo di stabilità) su cui, al pari della costituzione europea, nessuno di noi è stato chiamato ad esprimersi.
Per quanto sopra, questo paese è una colonia politica, avente un parlamento ed un governo da corte ottomana esautorati delle loro attribuzioni, tranne quella meramente decorativa di ratifica delle decisioni prese a Francoforte, indipendentemente dal colore. In questa comunità europea, però, il potere è asimmetrico. Alcune nazioni comandano, altre eseguono: noi seguiamo ed eseguiamo. Prova recente ne sia che il segretario del partito che un tempo proteggeva i lavoratori ed ora le fallite banche di casa, è volato a Berlino ad implorare da Frau Merkel il placet al suo patto elettorale con Monti. In caso di vittoria, i sedicenti eredi di Enrico Berlinguer finiranno di affamare la povera gente in combutta con l’usuraio di Varese, per sostenere le economie e le banche di Germania e Francia. L’esempio greco fa scuola.
Conclusioni (molto personali)? Sono tentato di evitare il seggio per non svilire ulteriormente la mia dignità di cittadino e per non restare deluso ancora una volta, avendo sostenuto un movimento di protesta che potrebbe dividersi in parlamento sedotto dai milioni di euro che stanno mettendo sul tavolo i danti causa internazionali di Mariuolo. In alternativa, non mi fido di ex magistrati che si ergono a Savonarola del sistema (avendone fatto parte come funzionari): i precedenti non depongono a favore. Purtroppo non vedo presenti nel mio collegio forze genuinamente meridionaliste, le uniche cui darei il consenso. Abbondano invece gli ascari portatori di voti ai potentati nordisti: supini manutentori dello status quo meridionale di colonia interna d’una colonia, consumatrice di scadentissimi beni/servizi prodotti al nord ed esportatrice di tecnici ed intellettuali low cost. Infine, verso tutto il panorama politico itagliano nutro un’incoercibile, atavica ripugnanza.
Perciò, come i Briganti contemporanei (a loro la mia simpatia ed il mio affetto) che rifiutano in toto lo stato che usurpa dal 1860 la nostra Nazione, forse rimarrò a casa per non prestarmi alla farsa elettorale, in ossequio al motto antico “Guvernu ‘talianu guvernu bbuttanu”. 

lunedì 18 febbraio 2013

Pompeo de lu barbiere - 16 Febbraio, Galatina.it


“Pompeo, ‘nsapuna!”. E Pompeo, 8 anni e mezzo, discipulo di barbiere, vota veloce il pennello nella vucalina di alluminio della crema da barba fino a ‘mpastare una schiuma bianca e densa, che strica sulle guance del cliente. “Mescio Tore, pronti!”. E così ogni vespara, nel salone di Vico della Gatta. Spazzare i residui di taglio da terra, pulire il lavandino ad ogni barba e capelli, tornare a casa con qualche moneta da 10 lire delle mance in poscia. E, stracco morto, dopo cena mandare a memoria la tabellina del 7 e fare il riassunto.
Ancora lontano, sente pàtrisa già ubriaco alle 8 della sera, dopo la putìa, litacare per strada col vicino, compare Uccio: “Scusa, compare, ma stu parcheggio pe’ l’Apu te lo hai stipulato? Ma cce aggiu ffare, una rinuncia ai Carbunieri cu te spostu de cquai?”. La mamma lo tira per un braccio, cridando più forte di lui. “Cici! Maledettu ‘mbriacone, faci me scornu sempre! Trasi, trasi ccasa, moi ha trasire!”.
“Signora, il bambino è bravo ma… lo vedo stanco, ultimamente. Come mai, che succede? Dovete farlo studiare, promette bene.” dice la maestra Assuntina alla mamma. “Coltroppo, maestra ‘Ssuntina, il vagnone ‘iuta ‘ccasa. La vespara fatìa ddhra mescio Tore Canemorto, dietro a Santo Pantaleo”. Ma osce è giornata speciale e Pompeo torna ‘ccasa sorridendo. Maestra ‘Ssuntina lo ha chiamato alla cattedra per l’interrogazione di scienze, lui ha risposto a tutte le domande. La maestra gli ha detto “Bravo!” e gli ha messo 10 sul quaderno, poi ha tirato fuori dalla borsa una Rossana e gliel’ha regalata.
“Dottore, c’è il paziente dell’appuntamento delle 6”. Il dottor Pompeo rimette nella tasca del camice una vecchia foto ingiallita della IIIa D anno scolastico 1966-67, asciuga una lacrima e tira su col naso, di spalle all’infermiera. “Un po’ di raffreddore, signorina. Faccia entrare il paziente, grazie”.

venerdì 8 febbraio 2013

Il Galatino anno XLVI n° 3 dell'8 Febbraio 2013


Avviso agli elettori (terza parte)


Vincendo la naturale repulsione, affrontiamo il fenomeno strapaesano delle case putìa, eredità degli anni del trasformismo. Con questo termine dialettale indichiamo quei partiti politici, ora ai minimi dei consensi, guidati da ristrettissimi clan legati da vincoli di parentela ed interessi molto profani. Ne sono massimi esponenti Pierfurby e Gianfry, i gemelli Kessler di Montecitorio, le cui formazioni sondaggi recenti attestano tra lo 0 ed il 2% delle intenzioni di voto. Sentendosi mancare il terreno sotto i piedi, gli scaltri giovanotti (e sì, perché in Italia a 60 anni sei un politico di primo pelo) hanno pensato bene di accasarsi col Marionetto della premiata ditta Furti &  Rapine Goldman Sachs, cui non mancano mezzi finanziari ed appoggi internazionali ai quali “non si può dire di no”. E siccome nessuno meglio di chi ha già tradito conosce trucchi ed inganni del mestiere, e quindi sa mettersi al riparo dalle imboscate, ecco che nelle liste abbondano i fedelissimi: parenti stretti ed acquisiti, affini, collaterali, istitutori, famigli e servitù della gleba. Tutti insieme appassionatamente, uniti dal nobile ideale della tavola imbandita. Nel caso de quo fa d’uopo che un suocero, palazzinaro e proprietario di testate (una delle quali ben nota a noi Salentini), metta a disposizione tali servizievoli ribalte editoriali all’amato genero, al suo partitino ed ai suoi candidati. L’autorevolezza delle loro dichiarazioni (imperdibili lezioni magistrali di scienze politiche) rifulge anche da noi, qui in periferia.

Dell’altro gemello Kessler, eleganza impone di non andare a rovistarne la casa putìa. In soffitta, si suppone, potremmo ritrovare vecchie foto col braccio destro alzato e camicie nere un po’ troppo inamidate per immaginarne un uso che non fosse solo da parata, da congresso di partito. Abbandonata la chincaglieria nostalgica, il Giano bifronte ha poi superato con lode il cursus honorum del Vero Democratico: socio d’avventure politiche, come si è detto, col sempiterno Papi, poi smarcatosi dall’alleato imbarazzante. E via via tra professioni di sincero antifascismo, visite ossequiose ai templi ebraici ed a quelli della finanza (attigui ai primi), scambi di tenerezze istituzionali col vecchio del colle. I bagni purificatori sortiscono l’effetto sperato ed il ragazzo siede sul terzo scranno per importanza della barcollante repubblica itagliana. Hic manebimus optime, fa sapere, anche quando lo invitano a sloggiare, pure in modo spiccio, per questioni di abitazioni monegasche e cognati disinvolti in affari: “tiene famiglia” anche lui. Ma ormai è andato tanto avanti verso il luminoso futuro e l’agognata libertà, che voltandosi scopre di aver perso per strada la truppa: si stima allo 0,1% il suo peso elettorale nelle prossime consultazioni.

Concludendo la trilogia degli avvisi agli elettori: voltate e fate voltare, se ritenete opportuno.


P.s.: Nel prossimo numero, l’ultimo prima della chiamata alle urne, una sorpresa “alla Pasquino”. Riveleremo perché, a nostro avviso, le elezioni sono del tutto inutili, qualsiasi sia il loro risultato.