venerdì 27 settembre 2013

Il Galatino anno XLVI n° 15 del 27 Settembre 2013

Te adoremus, Domine Napolitano

La ragione, da facoltà dell’intelletto, assurge a Dea venerata. Tra i suoi improvvisati sacerdoti vi sono certi maestri di pensiero fondatori e direttori dei giornali della borghesia toscopadana, delle cui solide fortune costruite grazie alle privatizzazioni prodiane (quindi con i soldi di tutti) l’origine non può che essere pura: una specie di dogma dell’Immacolata Accumulazione.
Cuius regio eius religio: è l’Italia, altrimenti detta Napoletanistan, la nazione dove questo culto della Ragione comprende e sostituisce tutti gli altri, mercè un catechismo imposto in maniera tanto rapida quanto pervasiva. Si comprende che, come ogni religione, anche questa non ammetta apostasie, scismi e protestantesimi. Ne consegue che la triade delle Alte Cariche pendenti – Papa-Re Giorgio II°, cardinal vicario Pietro l’antimafioso e Papessa Boldrina – non possa essere oggetto di critica nell’espletamento del suo magistero laico; e che dogmi ed articoli di fede da questa triade emanati debbano considerarsi intangibili. Si metta pure in discussione la parola del Pontefice di Santa Romana Chiesa ma non quella del sedicente garante della violentata Costituzione, difeso con protervia dal suo clero militante su Repubblica, Corsera e media addomesticati.

Adorata da pittoresche congreghe officianti nei Templi laici, come nel secolo dei lumi, con l’obiettivo – dichiarato, mai conseguito – dell’emancipazione e del sostegno delle masse  proletarie (purchè provenienti dal solo terzo mondo, ‘chè di quelle del primo non importa un beato manico), questa sonnolenta Dea Ragione, come Francisco Goya ben dipingeva, genera mostri.  Sicchè – in omaggio al politicamente corretto – oggi al suo altare la Trimurti istituzionale reca in dono sacrifici umani: disoccupati e cassintegrati di ogni età, pensionati al minimo. Con l’unico peccato originale del passaporto italiano e la mancanza, per il diritto ad una vita dignitosa, dell’indispensabile requisito dello sbarco dal gommone a Lampedusa.

venerdì 13 settembre 2013

Il Galatino anno XLVI n° 13 del 13 Settembre 2013

Giornalismo arruolato

La generazione del boom economico ricorda i cartoni animati di Hanna & Barbera, trasmessi in bianco e nero dagli unici due canali Rai allora disponibili. Archeologia televisiva, molto prima dei robot giapponesi che hanno imperversato negli ’80.
C’era Yoghi col fido amico Bubu, Braccobaldo, Magilla Gorilla. E Svicolone, puma dai modi eleganti, che nel doppiaggio italiano veniva caratterizzato dall’inconfondibile accento bolognese. Il personaggio avvicinava gli umani con atteggiamento compiacente e servile, però veniva regolarmente congedato a fucilate. Il commiato di Svicolone (origine del suo appellativo), prima di schizzare via a tutta velocità scansando i pallettoni, era: “Svicolo tutto a mancina, perfino!”. Non ho dimenticato le sibilanti della cadenza emiliana del suo motto, ora che da adulto associo la frase topica ai tanti Svicolone che incontro: pronti all’adulazione stucchevole quanto al subitaneo dileguarsi, al minimo segnale di declino del potente di turno.
Condivido a ragione queste memorie infantili. Mi spiego: nell’informazione di regime, conduttori e giornalisti non vanno mai oltre l’indagine pruriginosa sulla nipote di Mubarak e sulle leggiadre pulzelle elette e/o trombate (anche con inversione causale degli aggettivi) che in ogni tempo gli furono gradite, facendone materia di sussiegosa disquisizione. Peccato impegnare cotanto acume sugli eccessi viagratici senili quando, ad esempio, potrebbero renderci edotti sulla truffa bancaria consumata a Siena, la più colossale di tutti i tempi per proporzioni e danni collettivi, se solo volessero ficcanasare negli affari loschi del partito amico. Oppure informarci sulle vere cause dell’ “inevitabile” intervento armato in Siria, la cui banca centrale è una delle ultime non ancora in mano ai Rothschild come nel resto del mondo. Analogamente alle banche sovrane di Afghanistan, Iraq, Libia prima delle guerre di “liberazione” combattute col nostro contributo. Strane coincidenze.

Invece no, tacciono tutti, anche il più travagliato dei commentatori. Marco il censore svicola tutto a mancina. Perfino.