sabato 13 dicembre 2014

Il Galatino anno XLVII n° 21 del 19 dicembre 2014

Aspettando godrò

Uno dei pochi attributi positivi dell’invecchiare – ma non è detto che ogni persona avanti con gli anni ne sia dotata – è quello della sintesi, la facoltà quasi sovrannaturale di prevedere l’esito di più avvenimenti in apparenza slegati tra loro da una sequenza logica. Non è precognizione ma semplice esperienza acquisita col tempo. Più rara è l’attitudine innata di quello che, avendo ben chiaro il disegno del mosaico, sia poi in grado d’indicarlo a chi invece riesce con fatica ad individuarne una sola singola tessera. Rem tene, verba sequentur: proposito lontano anche per chi scrive queste righe. Chiedo venia per questa mia incapacità di comunicare con chiarezza.
Molti anni fa Gianni Agnelli, uomo che ha goduto di immeritata venerazione grazie alla piaggeria stucchevole del giornalismo italiano, prono allora come oggi ai “potenti”, tali senza merito personale, affermava che i tempi futuri – quelli che vediamo – avrebbero visto il progressivo restringersi delle libertà individuali, in favore di un non meglio definito “nuovo ordine mondiale”. Laddove “ordine” debba intendersi anche e soprattutto “mercato”.
Che questo superiore obiettivo sia stato deciso non dalla espressione della volontà popolare, ma da un esiguo numero di gruppi economici privati supernazionali ed autoreferenziali uniti da interessi fortissimi, è affermazione tanto palese da non meritare prove a suffragio per non scadere nella tautologia. Mi pare che ognuno di noi sia consapevole di essere governato da persone non scelte con esercizio di democrazia, in misura più evidente via via che si salga nella piramide istituzionale. Mi sento distante dal presidente della mia provincia – che non ho potuto eleggere direttamente – quasi quanto da quello di un ente finanziario privato (è bene ricordarlo) quale la BCE che ha abbattuto ed imposto gli ultimi  governi di questa sedicente repubblica, primo esempio al mondo di un popolo esautorato nella sua sovranità da una banca. Detto in parole semplici: il cittadino non conta più nulla. Concetto che è l’esatto contrario di quell’ideale di società partorito dall’umanesimo rinascimentale, ben rappresentato in arte dal leonardesco “Uomo vitruviano”.

Consola la certezza che vi è sempre un aspetto positivo in ogni cambiamento epocale, maggiormente in quello che stiamo vivendo. E questo è, a mio avviso, nella disintegrazione progressiva ed inarrestabile dell’unità artificiosa che tiene insieme nazioni diverse per storia e cultura, unione in cui una parte soccombe da un secolo e mezzo in favore dell’altra. “Aspettando godrò” che il processo sia compiuto, perché poi si possa ricostruire il nostro Stato Meridionale ab imis fundamentis.

sabato 6 dicembre 2014

Il Galatino anno XLVII n° 20 del 5 dicembre 2014

Ultime dal fronte

Domenica pomeriggio dopo una settimana di lavoro intenso: ho davanti a me la pagina bianca di “Word”, mentre il Direttore aspetta con una commovente, mal riposta fiducia, il consueto pezzullo che avrei dovuto inviare già venerdì. Il termine perentorio è tacitamente ma infruttuosamente slittato al sabato, ed ora eccomi qua senza un barlume di idea.
Scartato il tema “politica locale”, argomento che altri hanno a cuore e sviscerano con maggior cura, dovizia di particolari e soprattutto robustezza di stomaco, non resta allora che occuparsi della parabola discendente del Masaniello contemporaneo: quello che una figura retorica di facile effetto detta paronomasia, descrive come precipitato in questi giorni dalle 5 stelle alle 5 stalle (e così abbiamo dimostrato anche di saper consultare Wikipedia). Al qual personaggio dedicammo qualche tempo fa una nostra poesiola, poi copiata e stravolta da altri con effetto grottesco. Transeat.
Il comico-ortottero ha creato e guidato sinora con piglio dittatoriale – e menomale che vorrebbe rappresentare la vera democrazia – un movimento nato alternativo al regime dei partiti. Ma, come il Masaniello originario che, cooptato a palazzo per sedare la rivolta popolare da lui capeggiata, poi assunse i vezzi e le follie dei nobili che voleva esautorare, anche questo suo moderno epigono genovese mal reagisce alle critiche della sua stessa base. Proprio vero che il potere dà alla testa. Dopo le epurazioni dei parlamentari ribelli alla rigida disciplina del movimento (persino il parlare con i giornalisti è sottoposto a permesso), ora Grillo annuncia il ritiro ed affida la sua creatura politica ad un direttorio ristretto di “fedelissimi”, una specie di guardia d’onore del “capo”.

Non mi illudevo che la novità politica degli ultimi anni potesse scardinare il sistema, anzi la vicenda mi rafforza nella mia idea che il riscatto del nostro Meridione non possa passare per vie istituzionali.

sabato 29 novembre 2014

Il Galatino anno XLVII n° 19 del 28 novembre 2014

Tra il dire e il fare c’è di mezzo l’Arno

Le ultime intercettazioni giudiziarie scoprono che i nuovi affiliati giurano fedeltà alla ‘ndrangheta sui nomi di Garibaldi, Mazzini e La Marmora, guappi della retorica risorgimentale e miti onnipresenti della toponomastica, insieme a Vittorio il vittorioso. E – notizia in apparenza scollegata – in questi stessi giorni il premier dall’insuperato Q.I., ovvero quoziente d’inaffidabilità, viene in visita pastorale in Terronia (e già, scende a tosare il suo gregge) ed afferma senza ombra di rossore in viso che il Meridione, dall’unità, ha subito danni incalcolabili. Apprendiamo con stupore questa “inedita” rivelazione, dalla stessa persona che in consiglio dei ministri destina il 90% e più dei fondi alle regioni settentrionali e che col famigerato decreto “Sblocca-Italia” concede alle multinazionali padane e straniere il definitivo via libera alle devastazioni petrolifere nel Sud, dove notoriamente non esiste inquinamento e si defunge di morte naturale in tarda età. La provenienza del giovanotto dal “Grandu’ato” dove visse e scrisse il Machiavelli, è indizio oggettivo del modus operandi e soprattutto governandi.

L’incongruenza tra ciò che annuncia e ciò che fa lo “statista” di Rignano sull’Arno mi esime dall’onere della prova di quanto dico, e cioè che non c’è iato nella politica nazionale nei confronti del nostro Sud: si continua oggi, similmente a 154 anni fa, a sfruttare e trasferire risorse umane ed economiche dal meridione alla tosco-padana. Ora, che la mafia – inesistente prima dell’unità, come affermava tra gli altri il povero giudice Chinnici –  e lo stato (comatoso) siano scesi a patti con reciproco vantaggio dal 1860 in poi, è cosa nota a molti. Anche a quelli che non hanno avuto accesso alle telefonate quirinalizie. Che questa entente cordiale sia la fonte battesimale delle fortune nordiste e dei problemi “sudici”, lo sanno ancora in troppo pochi. L’ignoranza (in senso etimologico) della nostra storia alimenta il potere del fascio dei partiti nazionali, nessuno escluso, e quindi è causa della nostra debolezza.

sabato 15 novembre 2014

Il Galatino anno XLVII n° 18 del 14 Novembre 2014

Vau de pressa*

Raccontano che una sera di alcuni anni fa, in un’autostrada urbana del nostro hinterland, teatro – come numerose altre – di improvvisate gare per auto e moto di serie, il rampollo di una nobile casata del luogo, giovenilmente vezzeggiando, andasse a stampagnare la propria utilitaria da 50.000 euro contro un palo dell’illuminazione pubblica, troncandolo di netto alla base e provocando un oscuramento del quartiere stile coprifuoco di guerra.
Dicono pure che, ancora fumanti gli airbag del veicolo proletario, si materializzasse un carro-attrezzi per rimuovere tanto i rottami dell’auto quanto i resti del lampione, mai più sostituito. E che il mattino seguente nulla restasse della gioconda collisione, neanche il buco nel marciapiede, alacremente riparato dagli gnomi, vulgo sciacuddhi.
Dimenticato in frettissima l’episodio, però gli abitanti del quartiere chiesero a gran voce che l’amministrazione ponesse rimedio con dei rallentatori a queste – non troppo gradite, per l’incolumità dei bambini e dei loro parenti – esibizioni virili di potenza, velocità ed abilità di guida. Corredando l’istanza con l’ampia casistica di incidenti accaduti o solo sfiorati.
Con i tempi fulminei della burocrazia, arriva dopo quasi un lustro la risposta del palazzo: si pongono in opera dei magnifici, colorati dossi “a segmento”, ingentiliti da una fighissima pista ciclabile che (mirabile coerenza) corre lungo i passi carrabili delle abitazioni del quartiere. Risultato: le corse si continuano a fare, di notte e di giorno, zigzagando con perizia rallystica tra i rallentatori. Si aggiunga che a pochi metri di distanza, ad un incrocio di scarsa visibilità, un segnale di stop risalente all’alto Medioevo vivacchia seminascosto dietro un grosso palo, forse scurnandosi della propria inutilità e vedovo della compianta segnaletica orizzontale.
Questo narrano gli abitanti di quella landa lontana (dal palazzo), questo Vi raccontiamo a mo’ di esempio. Fabula docet: noi di stirpe greca discepoli della logica aristotelica, noi che a quella uniformiamo idea e prassi, rileviamo pure che esiste un pensiero debole, un universo parallelo ed antitetico al nostro, che scandisce ritmi e modi della pubblica amministrazione.



* Per i non Salentini: vado di fretta 

sabato 1 novembre 2014

Il Galatino anno XLVII n° 17 del 31 Ottobre 2014

In articulo mortis

Luogo e tempo dei fatti: periferia galatinese, abitazione di edilizia popolare, qualche settimana fa. Una famiglia sta preparando all’ultimo viaggio un’anziana congiunta, con la maggiore dignità possibile. Gli operatori del 118, secondo etica professionale, assistono psicologicamente i parenti, non potendo fare altro che rilevare strumentalmente gli ormai impercettibili segni di vita della moribonda. Uno dei familiari decide allora di assicurarle l’estremo Sacramento da cattolica osservante, e corre alla vicina parrocchia a chiamare il prete. Quel sabato pomeriggio il parroco è impegnato e lo indirizza al viceparroco. Anche questo è immerso in improrogabili attività, quali non è dato sapere: e lo rimanda al parroco con un ping-pong per nulla edificante. Il familiare, soffocando in gola poco religiose considerazioni inadatte alla sacrestia ed alla triste circostanza, si accomiata veloce dai due indaffaratissimi prelati, esprimendo l’intenzione di rivolgersi per il pietoso ufficio ai Testimoni di Geova, che hanno la loro Sala del Regno a pochi metri di distanza.

Piccolo, insignificante episodio il cui macabro umorismo ci introduce ad una questione attuale. Posto che la Chiesa Cattolica Apostolica Romana continua a perdere fedeli (non chiamiamoli clienti, pur avendo un certo “moderno” sentire religioso parentela stretta con tale concetto), sarà il caso – per le alte sfere ecclesiastiche – di chiedersi se i motivi dell’emorragia insistano nei richiami mondani della società, oppure nella poca disponibilità di alcuni in abito talare ad intercettare la voglia di sacro, di trascendenza, che la stessa società esprime. Quel “fumo di Satana” di cui parlava il Beato Paolo VI, dai palazzi vaticani non arrivi in periferia spinto da venti profani.

mercoledì 15 ottobre 2014

Il Galatino anno XLVII n° 16 del 17 Ottobre 2014

La seconda vita di Pippi cazzafittaru
travolto da un luminoso destino nell’azzurro Mare Nostrum d’agosto

Alla non più tenera età di 40 anni Giuseppe Gabriele*, operaio edile, rimase disoccupato. L’impresa in cui lavorava fallì su istanza di implacabili usurai, banche ed Iniquitalia; già da tempo il titolare aveva alienato i beni intestandoli a prestanome e richiesto la cassa integrazione per le sue maestranze. Così l’esperto intonacatore si era trovato dalla sera alla mattina nell’impossibilità di coniugare pranzo e cena per la famiglia e per sé. Senza sbocchi di lavoro se non occasionali e sottopagati, “Pippi cazzafittaru” (affettuosa ‘ngiuria tra amici e parenti) decise di inventarsi una nuova vita ed emigrò in Libia. Qui Giuseppe Gabriele divenne Youssuf Jibril el Katzafit, profugo siriano e musulmano osservante. Imbarcato senza documenti con altri cento su un peschereccio, traversò l’invitante Mare Nostrum e fu accolto a Lampedusa con tutte le cure del caso dagli addetti alla fiorente industria dell’immigrazione, laici e cattolici, civili e militari: in media 3 per ogni profugo. Nell’isoletta venne opportunamente indottrinato sui suoi diritti – sussidio giornaliero, sigarette, scheda telefonica per chiamare casa, “vitto alloggio lavatura e stiratura” – ma soprattutto gli vennero indicate chiaramente l’organizzazione religiosa e la parte politica cui avrebbe riservato eterna riconoscenza con pensieri, parole ed opere. Per sua maggior fortuna, diventò anche il toyboy di una matura esponente di primo piano della gauche caviar, che volle condividere con lui tetto e letto in nome dell’accoglienza politicamente corretta ed in virtù di una sua dote anatomica su cui preferiamo non indagare. In quei giorni “Pippi cazzafittaru”, al secolo Giuseppe Gabriele, alias Youssuf Jibril el Katzafit convertito ad Allah il Misericordioso, comprese che lui ed i suoi non avrebbero più avuto problemi di sussistenza.
E vissero tutti felici e contenti. Esclusi noi, meschini contribuenti, che rimasimo senza nienti.



* nome di fantasia

sabato 27 settembre 2014

Il Galatino anno XLVII n° 15 del 26 Settembre 2014

La rizetta
Con sottile perfidia i colleghi, parlandone tra loro, lo chiamano Dottor Divago, per una sua certa nebulosità nelle diagnosi. Più volte i suoi pazienti hanno dovuto rivolgersi ad altri specialisti per conoscere l’esatta natura dei loro disturbi. Ed in qualche caso una provvidenziale polizza professionale ha curato con vile moneta danni fisici causati da imperizia. Può succedere. Del resto, anche il nostro è un letterato sui generis, un apprezzato scrittore di ricette con l’hobby dei corsi di aggiornamento in località esotiche – ospite delle multinazionali del farmaco – come altri che hanno pronunciato il giuramento di Ippocrate, ma che pure non disdegnano il culto di Afrodite.
Il suo studio associato segue comunque un elevato numero di assistiti, ed il Dottor Divago è quel dottore di famiglia che un tempo definivano massimalista. La ragione va cercata nel tratto gioviale e cameratesco che lo rende popolare, ma anche nella comodità che i suoi “clienti” trovano nel rivolgersi direttamente all’infermiera per le sole prescrizioni, evitando lunghe attese in ambulatorio. L’aneddotica dello studio, rivelata in camera caritatis dalla procace segretaria, è ricca di episodi esilaranti. “Dimmi, Totuccio!”: e Totuccio, villico di mezza età, fa per sbottonare i pantaloni ed esibire il punctum dolens davanti all’infermiera allibita. “Duttore, me uschia la cicala!”. “Non c’è bisogno, Totuccio, statti quetu. Prendimi una Ciolasan Complex prima dei pasti, per 7 giorni. Nah la ricetta”.
Questo è il lato divertente della sanità pugliese, che ci piace raccontarVi a modo nostro.

L’abominio Ve lo declama in rima baciata Nichi, con l’ode al ticket sulla chemioterapia. E così sia.

sabato 13 settembre 2014

Il Galatino anno XLVII n° 14 del 12 Settembre 2014

Quel motivetto che mi piace tanto

Per quanto possa tornare indietro con la memoria, ogni estate è legata al ricordo di una canzone. Si tratta in genere di motivi orecchiabili e dal testo poco impegnativo, con alcune eccezioni che hanno fatto la storia del costume e sono entrate nell’immaginario collettivo. In alcuni casi, le rotonde sul mare sono state lo sfondo di amoretti estivi che a fine stagione – neanche telefonando – hanno avuto un seguito più concreto e duraturo, come il sapore di sale scivolato via dopo la doccia.
Preambolo necessario alla ricerca di un motivetto – volgare come i tempi presenti – che possa dipingere in parole e musica l’estate appena trascorsa. Quella delle nudità esibite, delle città trasformate in enormi campeggi (con i problemi di igiene ed ordine pubblico conseguenti), delle risse in discoteca. Magari una canzoncina sguaiata, il cui tempo si possa ritmicamente associare alla ginnastica mattutina della spigliata coppia di Spiaggetta della Purità, immortalata dai passanti nell’esercizio di una pratica che  – secondo un mito maschile indimostrabile – sarebbe abilità peculiare delle emiliane.

E non diciamo, ovviamente, delle lasagne.

venerdì 11 luglio 2014

Il Galatino anno XLVII n° 12 dell'11 Luglio 2014

Nuove tasse, nuovi sacrifici
Della fantomatica “tassa sull’esistenza in vita” circolavano da tempo indiscrezioni, fatte trapelare non si sa quanto ad arte da personaggi di secondo piano dell’attuale governo. Uno studio di fattibilità elaborato da funzionari vicini alla Presidenza della Repubblica era stato sottoposto all’attenzione del Presidente del Consiglio e del Ministro delle Finanze alla fine di maggio. La tiepida accoglienza alla bozza da parte di Renzi, timoroso di veder svanire del tutto la già minima fiducia dei cittadini sull’operato suo personale e del suo gabinetto, era stata vinta dalle insistenze del Presidente e poi della cancelliera Merkel al recente summit del G7. La proposta di legge avrebbe dovuto essere presentata alle Camere ed approvata nei giorni del mondiale brasiliano, con gli azzurri impegnati negli ottavi e poi nei quarti di finale. L’umiliante uscita di scena della nazionale ha improvvisamente cambiato lo scenario immaginato, togliendo ai media materia di distrazione dell’opinione pubblica e focalizzando i malumori sul rivoluzionario tributo. Ed ecco quanto rivela “il Sole 24 ore”: la nuova imposta ci sarà e colpirà tutti (o quasi, lo spiegheremo tra poco) i cittadini, con lo scopo di finanziare l’acquisto degli F35 tanto cari al Capo dello Stato, che a questo fine aveva convocato il 18 giugno un’apposita riunione straordinaria del Consiglio Supremo della Difesa.
L’ufficio studi della CGIA di Mestre calcola che i 14,3 miliardi di euro necessari per l’acquisto degli F35 saranno incassati facilmente con la nuova tassa, che impatterà sul bilancio di una famiglia media di 4 persone per 120-150 euro all’anno. Le ovvie esenzioni riguardano solo particolari categorie: innanzitutto rom e richiedenti asilo, come dichiarato dal sindaco di Milano, Pisapia, e dal suo omologo di Roma, Marino, appoggiati nella battaglia dalla Presidenta della Camera on. Boldrini, che in una intervista rilasciata a Novella 3000 dalla tenuta presidenziale di Castelporziano dove è in ferie, afferma: “E’ giusto che gli italiani, che sono tutti benestanti, si facciano carico dei nostri fratelli meno fortunati e più bisognosi di assistenza, e se ne accollino anche i relativi tributi”. Altre esenzioni riguarderanno le alte cariche e i funzionari apicali dello Stato, i ministri di culto ed i loro familiari ed assimilati (quindi preti cattolici e protestanti, rabbini, imam ed ayatollah, bramini indù, hare krishna, asceti e guaritori d’ogni fede).
I comuni, come detto, assumeranno l’incarico della riscossione, mediante un apposito bollino con scadenza annuale acquistabile presso uffici postali, banche e tabaccherie, che dovrà obbligatoriamente essere esibito su richiesta dei pubblici ufficiali. Con l’imposizione del balzello annuale pari ad 1 euro per anno di età (60 anni = 60 €), la nuova tassa sull’esistenza in vita avrebbe dovuto chiamarsi P.U.T. (personal unit tax), ma sembrando ai consiglieri della Presidenza la fonetica di questo acronimo inglese un po’ imbarazzante, sarà denominata Sovrimposta Unica Comunale Anagrafe: si pensa che la sigla S.U.C.A. sia più eufonica e familiare per il contribuente italiano.

Dovremo abituarci, fermati per un controllo, a sentirci chiedere dall’agente: “Favorisca libretto, patente e S.U.C.A.”. Il cittadino, per quanto possibile, replichi compostamente.

venerdì 27 giugno 2014

Il Titano n° 12 del 26 giugno 2014

"S Pietro in Galatina"

Ti carezzo con gli occhi, città;
splendori di notti d'estate.
Violata, tu, dal potere.

sabato 14 giugno 2014

Il Galatino anno XLVII n° 11 del 13 Giugno 2014

Il papiello secondo Matteo (06.14)

Dalla lettera di S. Paolo Intesa agli azionisti.
“In quel tempo, dopo aver scalato MontePaschi e Montecitorio, Matteo aveva chiesto udienza ai potenti della terra. I governatori di Alemagna, Anglia e Gallia gli avevano sbarrato le porte dei palazzi come davanti al lebbroso, ma il loro disprezzo era stato celato al popolo dagli scribi italici. Così egli era sCOOPpiato in un pianto dirotto ed aveva chiesto consiglio e rASSICURAZIONI ai suoi GENERALI. Quindi, scortato da fidati UNIPOLiziotti, Matteo era tornato tra Pedemontani,  Longobardi e Veneti; e, sollevandola dalla CASSA DI RISPARMIO in cui era custodita, offrì alla venerazione della folla plaudente degli elettori la sacra TAVola EXPOsta del profeta MOSE; poi tra fumi, incensi ed osanna di gioia, alzò le braccia al cielo e concesse benevolo il perdono e l’impunità implorati ai primi greganti ma anche a tutti i ladroni rottamati che lo avessero seguito. Ciò secondo la volontà del tiranno neapolitano, colui che tutto poteva, sopra ed oltre ogni legge. Narrano gli scrivani di corte che, alle sue parole, era prodigiosamente resuscitata la patria tangentara già troppo in fretta dichiarata morta come Lazzaro, e da lazzaroni debenedetti riSORGENIAta.

In quei giorni anche i giannizzeri del sultano Al Fan, la setta di Farsital e tutti gli infedeli adoratori del Biscione d’oro si erano convertiti al matteismo e, riparati al suo gregge, attendevano fiduciosi l’opulenta mangiatoia che sarebbe venuta a nutrirli. Così è scritto. Sia lode in eterno a Matteo. Alleluia alleluia.”

venerdì 30 maggio 2014

Il Galatino anno XLVII n° 10 del 30 Maggio 2014

Lu grillu e lu vespiceddhru

Allu dibbattitu ‘lla televisione
lu vespu ‘mbita lu novu patrone.
Nun’ave Santi, nun’ave poi.
“Vinciamo noi”.

Trase lu grillu facci ‘ncagnatu,
de comu trase lu vidi ‘rraggiatu.
Crida, castima, mena sputazze:
n’asu de mazze.

Lu vespiceddhru nu sape ce face
mòzzaca e cittu, cu menta pace.
Pare ca cunta, poi rrunchia lu musu
tuttu scurnusu.

Nun’ìa mai vistu na cosa de quiste,
abbituatu ‘lle facci triste.
Mai-sia-Signore li cazza la ‘mpuddhra,
nu dice nuddhra.

Lu vespiceddhru la sape la storia
ìa già capitu “dov’è la vittoria”.
Ci mi dè ‘mmangiu lu chiamu tata:
strada ‘mparata.

È giornalismo d’alto livello:
servi oggi questo, domani quello.
Mo ca in Europa mandamu ‘sti grilli
stamu tranquilli.







sabato 17 maggio 2014

Il Galatino anno XLVII n° 9 del 16 Maggio 2014

Ammoniti ed espulsi

Ho smesso di seguire il calcio una sera del maggio 1985, nauseato dalle immagini dell’Heysel. 39 morti, la “gara” in un clima surreale ed i festeggiamenti in campo e fuori nonostante la tragedia. Una idiozia senza motivazioni ancora oggi. Ad ondate regolari altre cronache per fortuna meno cruente, comunque disgustose, rafforzano il mio rifiuto: gli scandali scommesse, i campionati falsati, la sudditanza di arbitri e giornalisti alle società del centro-nord… Andreotti raccontava che in Italia c’è un elenco di matti che pretendono di riformare le ferrovie. Esiste pure una lista di quelli che, appena insediati ai vertici della Lega Calcio, proclamano a parole di voler moralizzare il sistema.
I media descrivono una finale di Coppa funestata da scontri con sparatoria e feriti gravi, una partita bloccata da frange facinorose, iniziata in ritardo grazie ad intese “diplomatiche” tra forza pubblica e capi ultras. C’è una perversa logica, nel paese che delle trattative stato-mafia ha fatto la sua cifra stilistica dal 1860. Dove una altissima carica istituzionale chiede ed ottiene la distruzione di intercettazioni imbarazzanti intercorse con la malavita organizzata, giù per li rami il nobile esempio rende leciti gli accordi tra un vicequestore e “Genny ‘a carogna”.

Al netto del degrado nello sport degli stadi, apprezzo quella goliardia urticante che si manifesta coi mezzi e tempi più improbabili. C’è del sublime, a parer mio, nella scritta in spray nero sul cassonetto della spazzatura: “Trasi a casa barese” è il parto di una mente geniale, anche se forse male impiegata. E neppure difetta di spirito l’ignoto che sferza i rivali con una battuta sfiziosa. “Quanto hai preso all’esame figlio mio?” – “30, papà” – “Sul libretto c’è scritto 28!” – “Si, ma io sono juventino…”. 

sabato 26 aprile 2014

Il Galatino anno XLVII n° 8 del 25 Aprile 2014

Uomini e motori

C'è stato un tempo, non lontanissimo, in cui la tecnologia automobilistica italiana faceva scuola. 
Le Ferrari dominavano in Formula 1, la Lancia collezionava titoli mondiali nei rally e le Fiat erano all'avanguardia nel segmento dell'automobilismo di massa, se è vero che l'allora amministratore di VW - davanti alla prima "128" - ammettesse "Noi tedeschi non riusciremo mai a fare auto così".
E' poi successo che abbia prevalso il ramo della famiglia Agnelli che intendeva privilegiare il settore finanziario rispetto a quello industriale. Le conseguenze di quella scelta sono evidenti: non si possono sostituire la passione e la cultura motoristica con la sola competenza finanziaria, senza subirne contraccolpi.
Quello che era il maggior gruppo nazionale ora è guidato da un amministratore che di italiano ha solo il cognome, perché ha lavorato sempre tra Canada e Stati Uniti e risiede nel cantone svizzero di Zug, il più ricco ed il meno avido di tasse della confederazione. Le sue capacità manageriali si sono esplicate principalmente nella chiusura di alcuni stabilimenti, nella "ricollocazione" (oggi si chiama così il licenziamento, con pudica ipocrisia) di qualche migliaio di operai e nel trasferimento di sedi, operativa in Olanda e finanziaria a Londra. Poco o nulla nell'innovazione e nella ricerca.
Cristallizzata la gamma di modelli, copie conformi di auto americane inappetibili per il palato esigente degli automobilisti europei, salvo rare eccezioni riservate ad un ristretto gruppo di fortunati possessori di Maserati e Ferrari; logicamente in calo le vendite e la percentuale di penetrazione nel mercato.
La morale del racconto spiega certa politica contemporanea. Se la gestione della cosa pubblica è nelle mani di usurai e feticisti delle tasse, la crisi è inevitabile. Forse è quello che qualcuno ha programmato e voluto, ma questo è un altro discorso.

venerdì 11 aprile 2014

Il Galatino anno XLVII n° 7 11 Aprile 2014

Mangia come parli

Un certo Oscar Farinetti da Cuneo, fondatore del marchio alimentare Eataly, dice che del Sud dovremmo fare “un unico Sharm El Sheik dove tutto il mondo va in vacanza”. Passano alcuni giorni e gli fa eco un altro, poco noto, gigante del pensiero culinar-padano, il signor Andrej Godina da Trieste. “Il caffè di Napoli è rancido”, afferma costui. Valutate le attenuanti generiche (che, nella repubblica delle banane, consentono ad un qualsiasi emerito didimo nordista di ventilare il cavo orale sparando in libertà bu…ffonate sesquipedali sul Meridione), non resterebbe che rispondere alla maniera di Eduardo “sindaco del Rione Sanità”, con una solenne, fragorosa pernacchia.
Purtroppo succede che “l’Italia in miniatura” odierna coccola e privilegia l’ultimo bastione di economia autarchica ancora per minima percentuale in mano settentrionale. Svenduto agli stranieri tutto il vendibile, azzerati i circenses, rimane il panem. Che ovviamente non può che essere buono, genuino e non inquinato solo se prodotto a nord del Garigliano: si spiegano così gli attacchi mediatici alla mozzarella ed al pomodoro campani, quelli agli ulivi ed all’olio di Puglia, le campagne di stampa sui nostri pastifici ed in generale contro la filiera alimentare meridionale.

Nella vicina Martano, il mese di ottobre è quello della “Sagra della volìa cazzata”, una gustosa specialità salentina. Ecco, immagino una joint venture di successo: noi forniamo le nostre magnifiche volìe, le cazzate ce le spediscono dal nord.

giovedì 27 marzo 2014

Il Galatino anno XLVII n° 6 del 28 Marzo 2014

Percorsi di montagna

Forse non lo sapete, ma i più prestigiosi marchi di auto e moto da fuoristrada collaudano qui le loro 4x4 ed enduro. Un breve percorso cittadino equivale, in estate, alla polverosa Parigi-Dakar, al Rally di Montecarlo nel periodo invernale. Beh, è un modo originale per far conoscere la Città: non solo la Basilica Orsiniana, ma anche la perfetta levigatezza degli asfalti galatinesi.

Giorni fa una coppia, che chiameremo Gala e Tino, percorre in auto via Isola d’Elba, che unisce la mitologica tangenziale interna, zona 167, al semaforo di via Gallipoli angolo ex carcere mandamentale; qualche fine umorista la chiama strada cittadina. Trattasi in effetti di buche e cunette con residuo bitume intorno. La signora Gala è in stato interessantissimo ma non avverte ancora i sintomi di un parto imminente: l’attendono in ospedale per un tracciato di routine. A metà percorso, grazie a slalom e traballamenti, invece si fanno sentire fortissime le contrazioni. Al semaforo il lieto evento: con l’assistenza di alcune passanti, mammane improvvisate, e l’indispensabile invocazione cara a Papa Galeazzo (“O mia Santa Liberata fa che dolce sia l’uscita come dolce fu l’entrata”), il piccolo Cosimo viene alla luce per la gioia dei genitori e dei fratellini Sandra e Giancarlo. Primo caso in letteratura ostetrica di “parto shakerato”, ed ennesimo indiscutibile primato della Città delle Pantacomiche. 

venerdì 14 marzo 2014

Il Galatino anno XLVII n° 5 del 14 Marzo 2014

Perché è un bravo ragazzo

Non vogliamo infierire anche noi, come fatto già da altri, sulla somiglianza tra il personaggio di Mr. Bean ed il nuovo presidente del consiglio. Sarebbe oltremodo ingrato per l’innocua, a volte ingenuamente divertente, maschera televisiva, moderno Candide voltairiano.
Nonostante la giovane età, il nostro caro emerge dalla selezione feroce di vecchia scuola democristiana, riveduta e corretta secondo l’attuale modus operandi della nomenklatura piddina: quindi un esponente che rappresenti tutte le varie correnti del partito. Dalemiani, bersaniani eccetera? No, gente: Montepaschiani, Unipoliani, JPMorganiani e così via. Una specie di amministratore delegato di società d’investimenti, insomma. Del resto, è alla Banca centrale europea ed alle banche d’affari che deve la sua nomina, “suggerita” all’Italia secondo le ormai ben note linee di comando.
Non si ammirano ministri se non nati cresciuti e pasciuti oltre il Garigliano, nello stile dei precedenti governi della repubblica bananiera. È sparita del tutto, ormai da lustri, la politicamente marginale parte di territorio e popolazione degli (inutili) elettori meridionali, con l’eccezione di un vicepremier-stampella e del suo manipolo di giannizzeri indispensabili alla tenuta parlamentare del governicchio. Il che conferma, se ancora ne avessimo bisogno, la validità del famoso detto urticante di Klemens von Metternich sull’Italia quale sola espressione geografica.
Certo, il nuovo premier è giovane ed ha la testa ed il viso del bravo ragazzo. Infatti, quando va in giro in Europa a presentare il cosiddetto programma di governo (prima di annunciarlo agli Italiani), lo guardano e dicono: “Guarda che testa di ragazzo!”. E ridono di gusto.


sabato 1 marzo 2014

Il Galatino anno XLVII n° 4 del 28 Febbraio 2014

Eroine antiche e moderne
Approssimandosi la ricorrenza del 17 marzo, piace valutare i fatti risorgimentali dal punto di vista dell’impegno femminile in quelle vicende. Ricordiamo allora – se pure brevemente – alcune pioniere dell’emancipazione la cui vita è stata di esempio per le donne che ne hanno seguito idealmente le gesta durante gli eventi della cosiddetta unità.
La prima è Ornitofila di Samo, vestale del culto di Priapo e teorica della poliandria nell’Accademia delle Peripatetiche; raffinata cultrice di estetica (le è attribuito il famoso “Adone Callipigio”, trattato breve sulla bellezza virile), Platone nella “Repubblica” la descrive attiva ad Atene sotto Pericle, promotrice della partecipazione femminile alla vita politica.
Da lei trasse ispirazione Cassiodora, nobile bizantina vissuta nel XII secolo. Donna di grande fascino ed erudizione e rivoluzionaria ante-litteram, fu coinvolta in una congiura di palazzo contro i triumviri Pengone III° Sapurco, Enasarco Polimandato e Panfilo da Crociera. Scoperta insieme ad altri congiurati per la defezione della sua amica Etera d’Alessandria, evitò la condanna a morte ma finì reclusa in un postribolo.
Nei paesi e negli anni della Riforma spicca la figura libertina di Godona von Katzemberg, primo vescovo donna di Germania e vera protofemminista. Le Historiae Religionis Teutonicae ne tramandano la dottrina edonistica, contrapposta alla penitenziale visione allora dominante di Martin Lutero, che dal sagrato della cattedrale di Magonza, in un sermone passato alla storia, la definì “die alte Hure”. Restano celebri le sue incursioni alla testa delle consorelle durante i consigli regionali per perorare la causa del ruolo femminile nel governo del Land.
La rivoluzione francese propone figure secondarie ma emblematiche come Madame Olympie de la Baguette Dur, dama di compagnia di Maria Antonietta e spregiudicata protagonista della vita di corte, amica disinvolta di nobili e giacobini. Convertita alla causa rivoluzionaria dal suo favorito, lo stalliere di Madame du Synorch, fu poi eletta nell’Assemblea Nazionale. Cronache dell’epoca la vogliono sempre in prima fila, nelle vesti di tricoteuse, durante le esecuzioni pubbliche in Place de la Revolution ad esaltare la missione del boia. Altri storici riportano una sua esclamazione, alla vista del popolo affamato: “Non credevo esistesse tanta povertà”. Frase riascoltata (se pure con minore charme) dalla voce di una politica italiana contemporanea.
Ma veniamo alle eroine dimenticate del cosiddetto risorgimento. Tra tutte si distingue Abbondanza de Vulvis marchesa di Sesso (Reggio Emilia). Intristita dalla sonnacchiosa provincia del Ducato di Modena e Reggio, l’annoiata nobildonna trovò rimedio allo spleen esistenziale nella imminente epopea garibaldesca, proponendosi quale musa protettrice di repubblicani ed unitaristi ospitati a palazzo con ogni genere di conforto spirituale e materiale. Fu poi al seguito delle camicie rosse, in particolare quelle fuggite a gambe levate di fronte alla resistenza meridionale, con l’incitazione ad “offrire il petto al nemico”. A mo’ di esempio alle truppe, la marchesa offriva tutta sè stessa alla causa ed ai suoi promotori. “La rivoluzione è un atto verticale declinato in orizzontale”, questo il suo motto, scolpito nel marmo sull’insegna della prima storica sezione femminista a lei intestata da emigrate piemontesi nella lontana Minneapolis capitale del Minnesota.

Le epigoni della combattiva marchesa si aggirano oggi nei palazzi della politica romana. A Voi lettori il compito di identificarle.

venerdì 14 febbraio 2014

Il Galatino anno XLVII n° 3 del 14 Febbraio 2014

Casi umani, forse sovrumani
Torno a scrivere, a distanza di un anno o meno, sul funzionario ignoto al grande pubblico sino a poco tempo fa, però famoso per chi conosce i boiardi di Stato, non per patologica coazione a ripetere da manuale di psichiatria, ma solo per atto di vanità: sentirmi dire che avevo ragione.
Parlo di Antonio Mastrapasqua presidente INPS, anzi ex. Ha dato infatti le dimissioni dopo che i media di regime, di solito omertosi sugli affari degli “amici degli amici”, hanno rivelato il numero di incarichi del grand commis e della di lui signora (in totale 45 poltrone, se il conto è esatto). 25 occupate dal poliedrico dirigente, una ventina dalla moglie, che con civetteria femminile si era riservata del tempo da dedicare al tè delle 5 o ad un giro di ramino con le amiche: si può darle torto? Non siamo macchine! Offeso dal cancan giornalistico, il nostro ha rassegnato l’incarico nelle mani del competente ministro. “Scelta saggia”, sensibilità istituzionale apprezzata anche da Enrico Letta, che con slancio di fantasia ‘ngiuriano presidente del consiglio.
Ora, un uomo di tale capacità manageriale è caso da affrontare con approccio scientifico, col metodo galileiano, per replicarne, ove possibile, l’efficienza nell’intera burocrazia. Potrebbe trattarsi di vero amore per il lavoro, supportato da stato di salute psicofisica eccezionale, da recordman del multitasking, per usare una sciatta ingleseria alla moda. Oppure, più prosaicamente, il nostro potrebbe aver piazzato, su ognuna delle 24 poltrone “minori”, una protesi artificiale sederiforme in lattice, prodotto delle officine INAIL, fedele riproduzione delle proprie nobili terga: un po’ come le signore che ai concerti estivi poggiano il ventaglio sulla sedia, per segnalare il posto occupato.
Se la scienza non viene in aiuto, soccorre la fantascienza. Che si tratti di un novello supereroe cinematografico, un emulo del mitico Agente Smith di Matrix autoreplicantesi all’infinito? L’ipotesi è affascinante, ammettiamolo. Come scoprire sotto le modeste spoglie del grigio funzionario un alieno dotato di mirabolanti poteri trasformistici.

Ragione e fantasia non danno soluzioni al mistero. Abbandoniamoci allora, chi vuole, chi può, alla fede. Perché, parliamoci chiaro, il Mastrapasqua  - nomen omen - che in più occasioni si è addirittura prodigiosamente sdoppiato in creditore (come direttore generale dell’Ospedale Israelitico di Roma) e debitore di sé stesso (come presidente dell’INPS) ­per rimborsi che hanno del sovrannaturale, ricorda molto da vicino gli episodi di bilocazione di Padre Pio, che testimonianze vollero in luoghi diversi nello stesso momento, anche a centinaia di chilometri di distanza. Purtroppo del caso non si interessa ancora il Tribunale Ecclesiastico per le Cause dei Santi ma la magistratura ordinaria. Non disperiamo e, come dice qualcuno, per i miracoli ci stiamo attrezzando: col tempo pure S.Antonio Mastrapasqua patrono dei pensionati avrà il suo giorno nel calendario gregoriano.

sabato 1 febbraio 2014

Il Galatino anno XLVII n° 2 del 31 Gennaio 2014

Rassegna stampa

Alcuni titoli apparsi in questi giorni sui media:

- Nave fantasma carica di topi cannibali alla deriva nell'oceano
- Guerra nel PD: Cuperlo si dimette da presidente dopo il rovente scontro con Renzi
- Shock in USA: ragazza seleziona 23 uomini per festeggiare il suo 23° compleanno
- Forza Italia celebra i 20 anni dalla "discesa in campo"
- "Dudù non è gay", l'on. Biancofiore smentisce le voci
- Vendola chiude il congresso SEL a Riccione
- In Iran l'uomo più sporco del mondo, non si lava da 60 anni
- Napolitano si aumenta lo stipendio di 8.335 euro: ora sono quasi 250.000
- Aumento di 6 euro alle pensioni minime di 500 euro per effetto della rivalutazione INPS
- Record di suicidi per crisi in Italia nel 2013
- Istigazione al suicidio art.580 c.p.: 15.000 denunce contro Monti e Letta
- Berlusconi, le foto "al naturale" sul Sunday Times
- Hitler sarebbe morto in Argentina nel 1984, lo proverebbero alcune foto

N.B.: gli argomenti sono posti in sequenza del tutto casuale, eventuali accostamenti involontari sono da ascriversi alla fantasia del lettore

venerdì 17 gennaio 2014

Il Galatino anno XLVII n° 1 del 17 Gennaio 2014

Trasporti eccezionali

Una cara amica mi rimprovera in tono bonario. Avrei perso l’umorismo velenoso e dissacrante dei primi tempi: riconosco che è così. Chi scrive, sia che lo faccia per professione oppure per proprio diletto personale, come nel mio caso, sa che non sempre è possibile intingere il pennino nel vetriolo. Spesso succede invece di lasciarsi prendere dallo spirito dei tempi, ed arrovellarsi alla tastiera del computer su ciò che offre il mercato della crisi. Una crisi che i più accorti mostrano voluta e pianificata ad altissimo livello già molti anni fa, poi messa in atto con la collaborazione vigliacca di politici “ciucci e venduti” (parole del compianto senatore Angelo Manna in una memorabile interpellanza parlamentare).
Lasciamo perdere e godiamoci un momento di soddisfazione: il nostro giornale vive e cresce “rinnovellato di novella fronda”, come spiega il Direttore. Non è poco, dati i tempi, per un foglio di provincia che in questo 2014 entra nel suo 47° anno di pubblicazioni. Va ringraziato chi è riuscito in tutti questi anni a gestire il Galatino tra grandi difficoltà, e chi entra in famiglia con risorse umane e finanziarie di primissimo livello.

Per affrontare tutto il resto – e s’intende ciò che i telegiornali propinano con dovizia di particolari ogni giorno – il rimedio messo in atto da Pasquino Galatino è una carriola robusta con la quale agevolmente trasportare i propri personalissimi maluni sarginischi.