sabato 28 febbraio 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 4 del 27 febbraio 2015

Ah, si, no!

Quando il gioco si fa duro, i duri cominciano ad affiggere (manifesti, i loro) ed affliggere (attributi, i nostri).
È un tripudio di locandine, una girandola di tazebao, un crescendo rossiniano di 6x3, fortuna di attacchini e tipografie. Ad essere cattivi, il periodo carnevalesco spiegherebbe tono e contenuti, sicché si potrebbe riportare l'alterco simulato tra opposizione e maggioranza al genere della commedia dell'arte.
Invece un piccolo particolare quasi insignificante tradisce il senso vero di questa scherma danzata da spadaccini di Torrepaduli: la contiguità (involontaria?) tra i manifesti recanti in effigie la “capu de ciucciu” e le pacate, ragionevoli deduzioni e controdeduzioni offerte alla Cittadinanza dalle parti.
Con, quindi, l'esausto lettore di cotanta prosa, spinto ad immedesimarsi – mediante processo subliminale – nell'innocente quanto tartassato equide. Meglio ancora, in quella sua asinina ribellione al disagio fisico e psicologico che si concretizza in poderosi calci sferrati nelle parti molli.


domenica 15 febbraio 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 3 del 13 febbraio 2015

Andante allegro (ma non troppo)

Il seminarista di Piazza del Gesù fa carriera e si insedia al soglio lasciato da Giorgio II° (santo subito), preceduto dagli incensi sparsi a profusione dai celebranti laici - e laidi - di regime. Sappiamo tutto, o quasi, del nuovo pontefice di Santa Romana Repubblica Tangentara: sobrio, taciturno, elegante di quella misura che fu già cifra stilistica dei vari Andreotti, Rumor e De Mita. Una benedizione, la più importante, è venuta provvida dai grandi elettori di Francoforte e Berlino, e tanto è bastato al breve concistoro parlamentare. Matteo Granduca de' Cazzari Fiorentini, che proprio stupido non è, ha obbedito al "suggerimento" del nome gradito a chi comanda.
Passano in second'ordine peccatucci veniali, quale ad esempio una certa reticenza sulle morti per tumore di militari italiani a causa dell'uranio impoverito usato nella guerra in Jugoslavia, quando era ministro della difesa in un governo D'Alema. Di ciò si taccia con la pudica, omissiva nonchalance di scuola democristiana. Del resto il nostro caro splende di luce riflessa, per un fratello trucidato da mano mafiosa.
Poche parole al giuramento - nulla più che frasi di rito - ce lo presentano per quello che è, il necroforo della compianta democrazia. Accompagnata all'ultimo viaggio da questo nostro Geremia Lettiga, a capo chino e con l'identico mesto sorriso quirinalizio di chi lo ha preceduto nell'incarico, tra due ali di astanti che, al suo passaggio – pure nella compostezza propria della circostanza - compiono furtivamente l'osceno ma ben conosciuto rituale apotropaico. 
Si dispensa dalle visite

domenica 1 febbraio 2015

Il Galatino anno XLVIII n° 2 del 30 gennaio 2015

Poltrone, sedie e strapuntini

C’è quella economica, pieghevole, da gita di Pasquetta. Quella un po’ più elaborata, magari in kit di montaggio, dell’Ikea. Ce n’è una da salotto buono degli anni ’60, alta e dalle gambe sottili, scomodissima, ricordo infantile di tanti nostri coetanei: quella da visite di circostanza a parenti od amici di famiglia, quando dovevi “stare composto” e parlare solo a comando. Strumento di tortura sconosciuto alle generazioni successive.
C’è la “comoda”, dotata di ampio foro centrale e sottostante vaso, adibita dalle classi dominanti del Rinascimento all’uso che oggi svolge più che egregiamente l’omologa tazza in porcellana.
Poi la gestatoria, con lunghe e robuste stanghe, la cui conduzione a spalla era privilegio esclusivo dei rappresentanti  maschili della nobiltà nera romana, durante la passerella in S. Pietro in cui Sua Santità impartiva l’augusta benedizione al popolo festante.
A molti piace la chaise-longue di Le Corbusier, oggetto d’arte oltre che classico moderno.
E come non ricordare il trono dorato e riccamente istoriato dei sovrani, simbolo nei secoli del fasto e della potenza delle case regnanti?

Scompaiono tutte, per importanza storica e valore simbolico. Perché il politico italico d’ogni livello è poltrona-dipendente, e se in crisi d’astinenza anche una modesta sediolina da arredo scolastico diventa un valido, quantunque provvisorio e risibile, metadone.