sabato 30 gennaio 2016

Il Galatino anno IL n° 2 del 29 gennaio 2016

Avanti adagio, quasi fermi

Non ho mai amato il circo equestre, per la costrizione ad esibizioni innaturali subita con violenza dalle bestie. Già da piccolo ho percepito la sofferenza degli animali ed ammirato i tentativi di ribellione, repressi dalla frusta del domatore.
Mi divertiva invece lo spettacolo dei clown, in particolare il loro ingresso in pista a bordo di una sputacchiante automobilina che perdeva pezzi per strada. Uno dei pagliacci era sempre pronto a scendere al volo, per raccogliere uno sportello od il volante staccato e lanciarsi all’inseguimento del trabiccolo, nel vano tentativo di ripararlo in corsa. Grandi risate tra noi, pubblico infantile.

La scenetta – chissà perché – mi riporta al presente. Approssimative compagini politiche che perdono e sostituiscono infruttuosamente componenti in itinere, come parti di ricambio secondarie. La vettura però è da demolizione: urge carro attrezzi.

lunedì 18 gennaio 2016

Il galatino anno IL n° 1 del 15 gennaio 2016

La cartolina rosa (pallido)

Non so cosa mi rimanga, a distanza di tanti anni, dell’esperienza del servizio militare. Forse solo le memorie esilaranti di un anno perso aspettando il ritorno alla vita civile, i tentativi ingegnosi di scansare inutili incombenze e comandi di logica imperscrutabile, impartiti da personaggi degni della filmografia di Pierino.
Ho impresso nella memoria quel tale maresciallo, così immedesimato nel proprio ruolo, da rivestirsi – letteralmente – d’autorità indossando la notte un pigiama “da combattimento”, con i gradi e le decorazioni sul petto.
Ricordo bene il commilitone imbranato che lanciava la granata da esercitazione – poco più di un raudo – tra i suoi stessi piedi: il pietoso referto dell’ufficiale medico parlava di “Ustioni di primo grado ed escoriazioni agli arti inferiori, prognosi gg 15 s.c.”;  questo stesso commilitone che, ignorando il concetto di destra e sinistra, aveva scritto all’interno della sua “bustina” (il cappello da aviere) “fianco dest” e “fianco sinist” sui lati relativi; gli scherzi atroci da parte dei “nonni”, i gavettoni dati e ricevuti, riempiti da un liquido che spesso poteva non essere solo acqua pulita…
Ricordo con disgusto la corvée nelle cucine, l’utilizzo degli avanzi per confezionare improbabili polpette “buone per la truppa”. Il rancio immondo del corso di addestramento reclute, che ingoiavo senza assaporare e masticare, solo per riempire lo stomaco, servito in vassoi d’acciaio che recavano visibilmente la testimonianza dei ranci precedenti. Il sapore di bromuro nel latte del mattino, calmante somministrato per meglio controllare gli ardori giovanili (poi sfogati da alcuni grazie a compiacenti e prezzolate “signore”).
Su un vecchio ordine del giorno ciclostilato, che conservo gelosamente, rileggo con un sorriso di intimo compiacimento la motivazione alla mia prima ed unica punizione per una “fuga”: “L’aviere P.G. si assentava arbitrariamente dalla base creando disservizio, punito con gg 7 di consegna”. E, immediatamente sotto, quella riservata ad un amico congedante: “L’aviere scelto L.M., a letto dopo la sveglia, forniva false generalità all’ufficiale di giornata; recidivo, punito con gg 3 di c.p.r.” (cella di rigore, n.d.a.). Involontaria comicità del gergo militaresco.
Perché rammento a me stesso, e racconto a Te Lettore, questi fatterelli remoti? Perché qualcuno propone la reintroduzione del servizio di leva obbligatorio, adducendo la risibile motivazione che sarebbe un modo per restituire ai giovani una sorta di noviziato laico, “svezzamento” per le ultime generazioni che giudicano (a torto) rammollite dalla bambagia familiare; quindi non avvezze a mordere la vita e farsi strada a gomitate, come si pretende in una società competitiva.
Allora sgombriamo il campo dagli equivoci: se la ragione è questa, forgiare soldatini valorosi per la quotidiana guerra per il pane, siete fuori strada, egregi signori che volete la “naja”.
Gli esempi italici vi contraddicono e dimostrano che per arrivare in alto, e presiedere il consiglio d’amministrazione di una banca, il ministero delle riforme o una riunione di governo, non è necessaria la gavetta, un duro tirocinio, lavoro a testa china, selezione in base al merito: no, basta essere “figlio di”.
Di chi, lo lascio all’intelligenza del Lettore.