mercoledì 11 luglio 2018

Il Titano del 22 giugno 2018


C’è del marcio a Francoforte

Bella cosa la democrazia, ancora più se il voto (graziosamente concesso al popolo ignorante, a scadenze non stabilite dalla idolatrata Costituzione ma per capriccio di qualche Presidente della Repubblica) va nella “giusta” direzione, quella indicata dai poteri forti della finanza e dai loro servetti sciocchi di Roma e Bruxelles. Viceversa, trattasi di populismo gretto e retrogrado. Caduta ogni ideologia, la religione del progresso si incarna in una moneta, l’euro, ed in una sedicente Istituzione, la Comunità Europea a direzione germanica, mai sottoposti a volontà popolare ma imposti dall’alto come verità rivelate e dogmi di fede. Chi osa criticarne anche timidamente l’impianto e le implicazioni pratiche per la vita del comune cittadino, è trattato alla stregua del bestemmiatore in chiesa.
Ciò premesso, il voto italiano ed il “governo del cambiamento” nato dopo un parto laborioso, costituiscono non solo uno iato con la tradizione invalsa in questo Paese di affidare la regia a non eletti “governi tecnici” (leggi=emanazione diretta e fiduciaria della Banca Centrale), ma anche una scossa sismica di magnitudo 7 scala Richter all’architettura già precaria della Comunità Europea a guida tedesca. Ciò spiega la reazione isterica degli amici di Angela Merkel a Francoforte e Berlino, che i giornali tedeschi documentano nei loro titoli col tono volgare e sprezzante adoperato di solito contro i “ribelli italiani”. Sembrava cosa fatta riproporre a sud delle Alpi lo stesso elettrochoc adoperato sul paziente greco, con i prestiti concessi in cambio dell’intervento della “Troika” (avendo la cinica consapevolezza che non potranno mai essere ripagati) ed il conseguente commissariamento dell’economia ellenica, che ora non appartiene più al Popolo greco ma alla Germania: porti, aeroporti e villaggi turistici inclusi, con l’esclusione dei fardelli “inutili” (pensioni, istruzione e salute, cioè le basi del welfare). Ma ciò che resta del boccone Italia è troppo grosso persino per il capiente stomaco tedesco, ed il rischio di una sollevazione violenta, reale e possibile. Protesta che per adesso si esprime nella civile forma del suffragio, per chi voglia capire senza supponenza: escludendo pertanto le dichiarazioni post-voto del figlio di babbo Tiziano, che non commentare è opera di umana misericordia.
Se avessimo avuto statisti lungimiranti a Bruxelles e non grigi burocrati bancari, e magari a Roma persone dotate di carattere (non volendo specificare altre e più precise attribuzioni anatomiche), il malessere italiano avrebbe fornito l’occasione per ripensare la Comunità Europea su basi di rappresentanza e consenso popolari, escludendo dalla stanza dei bottoni la finanza degli usurai oggi al potere. Questo dicono il voto italiano ed il primo governo eletto dopo anni, ad interpretare correttamente.
Adesso è reale il pericolo di disintegrare l’unione e favorire l’odiosa America trumpiana. Peccato per tutti i Paesi europei, non soltanto per l’Italia.



giovedì 11 gennaio 2018

Il Galatino anno LI n° 1 del 12 gennaio 2018

Urna taciturna

Prepariamoci. Sino a 2 giorni dal voto saremo ossessionati dalla campagna elettorale. Schivarla sarà piuttosto difficile: i media lottizzati dai partiti ci martelleranno incessantemente. Dove, conviene non dire. Si esponga pure al bombardamento mediatico chi non nasconde una tendenza al masochismo. Gli altri si muniscano di apposita protezione, modello conchiglia da lottatore di greco-romana. In alternativa, decidano di spegnere radio e TV, evitare la stampa ed indirizzare sguardo ed udito al web, il moderno tam-tam tribale che tutto dice, ma pure il contrario. Mezzo col quale il noto movimento ha costruito un consenso che sta dilapidando con altrettanta rapidità, nel passaggio dal virtuale al reale. C’è, infine, una fonte indipendente cui attingere informazioni che non siano partigiane e mendaci? Su questo siamo scettici. E continuiamo a pensare che l’offerta politica non mostri apprezzabili differenze teoriche e pratiche tra i vari “colori”.
Recenti sondaggi registrano una crescente astensione, sintomo inequivocabile di sfiducia nella classe dirigente, nella sua autonomia dai poteri finanziari, nella capacità e volontà di servire il Popolo sovrano.

Acta est fabula. La commedia è finita, ma anche l’impulso di bersagliare gli attori di fischi e pomodori marci. A questa corte dei miracoli, riserviamo olimpica strafottenza.