Fiaba gotica (ma un poco barocca)
Ora state buoni, bimbi, nonno Pasquino vi racconta una favoletta. Era una notte buia e tempestosa… anzi no, così non va bene. Meglio: c’era una volta, nell’ombelico della Terra di Mezzo, al centro del mondo conosciuto, un lugubre maniero. In un’alta torre di quel castello viveva reclusa una giovane, la principessa Atena la bella. Colà menava un’esistenza grama ed infelice. Questa m’è piaciuta e ve la ridico: “colà menava un’esistenza grama ed infelice”. La tenevano prigioniera i perfidi sciacuddhri dell’orrido Palazzo degli Orsettini e le malefiche streghe sacerdotesse del Voto d’Iscambio, una setta corrotta e prepotente.
Ma una bella domenica di maggio, un gruppo di guerrieri a cavallo si presentò all’ingresso del castello, con seguito di schiere bellicose, bardi e cantori delle gesta; e bussò al videocitofono. “Nonno, esistevano i videocitofoni a quel tempo?”. Certo figlio mio! Dall’alto dell’avita magione, la principessa chiese: “Chi siete e qual buon vento costà vi pinge?” – “Prego?” – “Ci cagnu siti, cce bbuliti?” – “Siamo i quattro Cavalieri senza macchia e senza paura e siamo qui per guarirvi dall’Oscura Maledizione, Vostra Altezza!” – “Ah, menomale, pensavo fossero i Testimoni di Geova! Vi aspettavamo: salite ordunque eroici guerrieri, con l’ascensore sino all’ultimo piano della torre, seconda stanza dopo il bagno”
Ed essi salirono intrepidi e si presentarono al cospetto della bellissima giovane: ella riposava su un fastoso giaciglio a baldacchino, vestita solo da una eterea tunica in seta azzurra (collezione primavera-estate Volta & Gabbana) che non nascondeva le forme esuberanti del corpo elettorale. Estasiati da tanta muliebre avvenenza, per qualche secondo i quattro restarono senza fiato. Il più anziano e baldanzoso si fece avanti e disse: “Altezza, ho con me il Libro della Legge e dell’Ordine: così riporterò il sorriso sul vostro volto!” – “Quel vessillo rossonero che portate, fiero cavaliere, è forse il simbolo di una vostra fede sportiva?” – “No, rappresenta le mie assortite fazioni” – “Ah, beh…” sospirò la fanciulla.
“E voi, dal guardo mansueto e dal cimiero rosso-piumato?” – “Dopo laboriosa scelta delle mie coorti, vengo dalla Montagna Tempestosa per curare il Male Oscuro con la sola imposizione delle mie mani taumaturgiche,” – “Avete fatto le primarie, messere?” – “Anche le superiori e l’Università, dolce pulzella” – “Ah, beh…” concluse la ragazza.
Fu il turno del terzo tra cotanto senno, armato dalla durlindana dell’Atroce Vendetta. “Ho qui con me, altezza serenissima, una pozione magica preparata secondo antichi testi alchemici che mi ha donato l’arcigna negromante satanica di Lilliput, la remota città di Gulliver” – “Funzionerà, nobile guerriero?” – “Finora ha cannato, ma possiamo riprovarci” – “Ah, beh…” rispose la bella Atena.
Si presentò il quarto cavaliere: “Sono Thon, figlio di Mrak, della fiera stirpe dei Pep, Signori della Trozza e del Castello, che sotto mille bandiere…” – “Si, ma veniamo al dunque, bravo giovane” lo interruppe l’incantevole figliola, “cosa proponete di concreto per guarirmi?” – “Un attimo, chiedo al mio augusto genitore”, e prese il cellulare. “Ah, beh…” si accasciò, definitivamente affranta, la nobildonna, sparsa le trecce morbide sull’affannoso petto.
A quale dei quattro cavalieri senza macchia e senza paura avrebbe aperto il suo cuore la principessa Atena la bella? A chi avrebbe donato il suo procace corpo elettorale? Ve lo racconterò alla prossima, bambini, ora a letto che è tardi.