La
follia al potere
L’ostilità tra Russia ed Ucraina ha ragioni
storiche antiche e recenti. Quando Mosca era un villaggio di baracche, la
civiltà kieviana occupava un regno esteso dal Mar Nero al Baltico e toccava il
suo apice sociale e religioso (con un patriarcato bizantino), prima della
conquista da parte dell’Orda d’oro mongola nel XIII secolo e del conseguente
declino. La storia più recente racconta delle atrocità commesse dallo
stalinismo nel 1929-30 contro i piccoli proprietari terrieri ucraini contrari
agli espropri della terra ed alla collettivizzazione: questi subirono
deportazioni di massa in Siberia e persecuzioni con milioni di morti in nome del
superiore “ideale comunista”. La memoria collettiva di quelle stragi è alla
base dell’iniziale entusiasmo ucraino per l’invasione delle truppe tedesche
nella IIa guerra mondiale, accolte come liberatori dal terrore sovietico,
mentre Leningrado si opponeva con eroismo all’assedio nazista. Questo è il
periodo storico a cui si riferisce Putin quando parla dell’attuale governo
ucraino come di un manipolo di nazisti. La propaganda dell’autocrate russo però
è smentita dai fatti: il presidente ucraino Zelensky è di religione ebraica.
La visione della civiltà occidentale in
alcuni ambienti russi è quella di una società corrotta che esprime un sistema
politico in disfacimento, incapace di reagire. L’assalto dei sostenitori di
Trump al Senato americano non ha fatto che confermare questa convinzione,
episodio che ad alcuni ideologi russi ha ricordato la presa del Palazzo
d’inverno a San Pietroburgo nel novembre 1917 e la fine degli Zar. Le
incertezze dell’amministrazione Biden, la disordinata fuga USA dall’Afghanistan,
l’Europa soggetta alle forniture di gas russo: tutti questi fattori hanno
illuso il Cremlino dell’impunità. Si è pensato di poter sfidare l’Occidente
senza subire contromisure significative. Del resto, agli occhi del dittatore,
il difetto della democrazia è quello di decisioni che, proprio perché
collegialmente adottate, richiedono tempi più lunghi, al contrario delle
autocrazie che hanno al comando un uomo che agisce da solo. Non è un caso che
il presidente cinese Xi Jinping abbia affermato che non si può governare un
paese di 1,4 miliardi di persone con i metodi della democrazia occidentale.
Detto questo, la crisi ucraina ha una
motivazione anche psicopatologica non secondaria. Putin è un uomo nato e
formato nella ex Unione Sovietica, col mito della potenza militare moscovita
dominante sui paesi che erano nel patto di Varsavia. Il fatto che le ex-nazioni
satelliti facciano parte della Nato e della Comunità Europea è una “minaccia”
giudicata intollerabile, di cui gli USA e l’Occidente in genere sono i
responsabili. Nei progetti dell’autocrate, l’opzione minima sarebbe avere ai
confini occidentali una fascia di paesi neutrali che va dai baltici (Estonia,
Lettonia, Lituania) alla Polonia, sino a sud sul Mar Nero (Moldavia, Ucraina).
Ma l’intenzione di trasformare questi Stati in regimi vassalli come la
Bielorussia è dichiarata apertamente. In ogni dittatura la fase crepuscolare si
accompagna alla patologia comportamentale del tiranno. Vladimir Putin appare
del tutto incapace di analizzare con lucidità gli avvenimenti, anche perché
circondato da consiglieri terrorizzati dal suo potere. È bene ricordare che
l’uomo si è “fatto le ossa” nei sotterranei della sede del KGB, dove ha avuto
modo di “esercitarsi” fisicamente sugli oppositori del regime sovietico, ed in
seguito scalare i vertici dell’organizzazione e della burocrazia, seguendo una
carriera perseguita con la feroce determinazione propria degli agenti segreti
dell’ex URSS, gente abituata a sopprimere gli oppositori senza provare alcun
sentimento. Eliminare un generale od un politico dissenziente deve richiedergli
non più che un cenno della mano. Purtroppo, bisogna prendere atto che, nel suo
delirio di onnipotenza, quella nucleare è un’opzione valutabile nei rapporti di
forza con l’Occidente. Sperare perciò che possa turbarlo la morte di qualche
migliaio di ragazzi russi, mandati senza viveri e senza preparazione ad
invadere l’Ucraina, oppure il sacrificio dei civili inermi caduti sotto le
bombe, o commuoverlo gli appelli alla pace di Papa Francesco, è illudersi che
il personaggio riesca a manifestare tratti di umanità e misericordia.
Le analisi geopolitiche su cui ci
arrovelliamo sono un inutile esercizio di logica su un argomento irrazionale.
Guerra è negazione di ragione e diritto: la storia offre esempi numerosi di
tragedie nate dal capriccio di uomini mentalmente disturbati.