venerdì 25 marzo 2022

Il Galatino anno LV n° 6 del 26 marzo 2022

 

Che fare dopo

Alla fine di questa assurda guerra, che tutti speriamo arrivi al più presto, sarà necessario rivedere i rapporti tra i Paesi occidentali. L’Europa, si è detto con una frase abusata, è un gigante economico ma un nano politico. È indispensabile progettare un’Europa protagonista nello scenario mondiale che si sta delineando, in cui l’Unione riesca ad affermare e diffondere i valori che le sono peculiari: cultura, pacifismo, diritti. E soprattutto dovrà emergere una diplomazia europea autonoma dalla “protezione” di Washington, che raggiunge i suoi scopi anche a discapito delle Nazioni amiche.

   Gli Stati Uniti sono un alleato affidabile ma poco discreto, per non dire invadente. Nutriamo per l’America la gratitudine dovuta a chi ha salvato i nostri Paesi dal nazifascismo. Però sono passati quasi 80 anni dalla fine del secondo conflitto mondiale: crediamo che il debito di riconoscenza sia stato onorato con lauti interessi. Sarebbe il caso che truppe, navi, aerei, testate nucleari americane tornassero a casa loro, più comodamente ospitate che in Italia ed in Europa. Questo ci eviterebbe qualche problema ed obbligate, ma scomode, scelte di campo.

venerdì 11 marzo 2022

Il Galatino anno LV n° 5 11 marzo 2022

 

La follia al potere

   L’ostilità tra Russia ed Ucraina ha ragioni storiche antiche e recenti. Quando Mosca era un villaggio di baracche, la civiltà kieviana occupava un regno esteso dal Mar Nero al Baltico e toccava il suo apice sociale e religioso (con un patriarcato bizantino), prima della conquista da parte dell’Orda d’oro mongola nel XIII secolo e del conseguente declino. La storia più recente racconta delle atrocità commesse dallo stalinismo nel 1929-30 contro i piccoli proprietari terrieri ucraini contrari agli espropri della terra ed alla collettivizzazione: questi subirono deportazioni di massa in Siberia e persecuzioni con milioni di morti in nome del superiore “ideale comunista”. La memoria collettiva di quelle stragi è alla base dell’iniziale entusiasmo ucraino per l’invasione delle truppe tedesche nella IIa guerra mondiale, accolte come liberatori dal terrore sovietico, mentre Leningrado si opponeva con eroismo all’assedio nazista. Questo è il periodo storico a cui si riferisce Putin quando parla dell’attuale governo ucraino come di un manipolo di nazisti. La propaganda dell’autocrate russo però è smentita dai fatti: il presidente ucraino Zelensky è di religione ebraica.

   La visione della civiltà occidentale in alcuni ambienti russi è quella di una società corrotta che esprime un sistema politico in disfacimento, incapace di reagire. L’assalto dei sostenitori di Trump al Senato americano non ha fatto che confermare questa convinzione, episodio che ad alcuni ideologi russi ha ricordato la presa del Palazzo d’inverno a San Pietroburgo nel novembre 1917 e la fine degli Zar. Le incertezze dell’amministrazione Biden, la disordinata fuga USA dall’Afghanistan, l’Europa soggetta alle forniture di gas russo: tutti questi fattori hanno illuso il Cremlino dell’impunità. Si è pensato di poter sfidare l’Occidente senza subire contromisure significative. Del resto, agli occhi del dittatore, il difetto della democrazia è quello di decisioni che, proprio perché collegialmente adottate, richiedono tempi più lunghi, al contrario delle autocrazie che hanno al comando un uomo che agisce da solo. Non è un caso che il presidente cinese Xi Jinping abbia affermato che non si può governare un paese di 1,4 miliardi di persone con i metodi della democrazia occidentale.

   Detto questo, la crisi ucraina ha una motivazione anche psicopatologica non secondaria. Putin è un uomo nato e formato nella ex Unione Sovietica, col mito della potenza militare moscovita dominante sui paesi che erano nel patto di Varsavia. Il fatto che le ex-nazioni satelliti facciano parte della Nato e della Comunità Europea è una “minaccia” giudicata intollerabile, di cui gli USA e l’Occidente in genere sono i responsabili. Nei progetti dell’autocrate, l’opzione minima sarebbe avere ai confini occidentali una fascia di paesi neutrali che va dai baltici (Estonia, Lettonia, Lituania) alla Polonia, sino a sud sul Mar Nero (Moldavia, Ucraina). Ma l’intenzione di trasformare questi Stati in regimi vassalli come la Bielorussia è dichiarata apertamente. In ogni dittatura la fase crepuscolare si accompagna alla patologia comportamentale del tiranno. Vladimir Putin appare del tutto incapace di analizzare con lucidità gli avvenimenti, anche perché circondato da consiglieri terrorizzati dal suo potere. È bene ricordare che l’uomo si è “fatto le ossa” nei sotterranei della sede del KGB, dove ha avuto modo di “esercitarsi” fisicamente sugli oppositori del regime sovietico, ed in seguito scalare i vertici dell’organizzazione e della burocrazia, seguendo una carriera perseguita con la feroce determinazione propria degli agenti segreti dell’ex URSS, gente abituata a sopprimere gli oppositori senza provare alcun sentimento. Eliminare un generale od un politico dissenziente deve richiedergli non più che un cenno della mano. Purtroppo, bisogna prendere atto che, nel suo delirio di onnipotenza, quella nucleare è un’opzione valutabile nei rapporti di forza con l’Occidente. Sperare perciò che possa turbarlo la morte di qualche migliaio di ragazzi russi, mandati senza viveri e senza preparazione ad invadere l’Ucraina, oppure il sacrificio dei civili inermi caduti sotto le bombe, o commuoverlo gli appelli alla pace di Papa Francesco, è illudersi che il personaggio riesca a manifestare tratti di umanità e misericordia.

   Le analisi geopolitiche su cui ci arrovelliamo sono un inutile esercizio di logica su un argomento irrazionale. Guerra è negazione di ragione e diritto: la storia offre esempi numerosi di tragedie nate dal capriccio di uomini mentalmente disturbati.