giovedì 30 dicembre 2010

Antiqvvs Ordo Eqvitvm
Capvt Mentvlae
Egr. Sig.
Pasquino Galatino
e, p.c.: Prof. Dino Valente
Galatina


Oggetto: Onorificenza “Cavaliere di Gran Testa” 2010 – Attribuzione

Come da precedente corrispondenza, ci pregiamo comunicare che abbiamo decretato con nostra
bolla magistrale odierna di conferire il titolo descritto in oggetto alla personalità locale da Voi
segnalata, e precisamente:

Reverendissima Madre Superiora delle Umili Devote Consorelle – Ancelle della Vorace
Spartizione – Casa di Galatina

con la seguente motivazione: “Per avere, con più azioni di un medesimo disegno lottizzatorio con gli alleati, attribuito a parenti, amici, sodali e conoscenti, incarichi pubblici e prebende,
dimostrando coerenza e continuità politica, e suprema indifferenza per l’interesse pubblico
”.
Attendiamo Vostra cortese segnalazione a questa Gran Maestranza circa luogo e data in cui
avverrà la cerimonia di elevazione del nuovo Cavaliere.

il Gran Maestro


Roma, 30 Dicembre 2010

martedì 28 dicembre 2010

Anno nuovo sermoni vecchi - 28 Dicembre 2010

I messaggi politici di fine anno: ipocrita formalità spacciata per dovere istituzionale. Declamare le stesse frasi trite e ritrite è uno sfoggio di magniloquenza cui si sottraggono in pochi. Da S.E. il Presidente on. Banal Grande, al rag. Cetto Laqualunque ultimo assessore del più sperduto paesello, tutte le alte e basse “Cariche Pendenti” dello Stato avvertono l’insana urgenza di dispensare urbi et orbi i loro fervidi voti augurali, come gemme di sapienza.
Ecco che spegnere la tv la sera del 31 dicembre diventi necessaria profilassi di igiene mentale e tutela delle ghiandole riproduttive virili: mens sana in corpore sano.
Davanti allo schermo, recitate con devozione il mantra catartico tramandato da saggi bonzi shintoisti: “Cce m’anu bbinchiatu!” (o equipollente formula fanculatoria di Vostro gradimento), poi pigiate il tasto rosso sul telecomando. La soporifera liturgia quirinalizia sparisce come per incanto, rendendo il Vostro cenone più leggero e conviviale. Questo rito propiziatorio Vi associa di diritto alla Confraternita Giacobina degli Apoti (quelli che “non se la bevono”), di cui posso vantare il Gran Priorato.
Benvenuti allora, e buon 2011!

lunedì 20 dicembre 2010

Auguri commerciali - Natale 2010

Antica Fabbrica Artigiana
Pasquino Galatino & C.
Arte Varia, Umorismo & Sollazzo
Galatina



Premiata Ditta
Galatina.it
c.a. : Prof. Dino Valente



Oggetto: Corrispondenza natalizia


Ci pregiamo inviarVi, con allegato documento di trasporto, n° 30.000 (trentamila) confezioni artigianali ns migliori sinceri auguri di salute e gioia per le prossime Festività, che vorrete cortesemente distribuire ai ns Concittadini e Lettori, trattenendone n° 4 (quattro) per Voi e per la Vs gentile famiglia. Spese di trasporto e consegna a ns carico, merce esclusa I.v.a. ai sensi art. 15.

Vogliate gradire i saluti più cordiali.





Antica Fabbrica Artigiana
Pasquino Galatino & C.
L’amministratore






Galatina, Natale 2010

sabato 18 dicembre 2010

A Tonino dei Valori - 18 dicembre 2010

A Tonino dei Valori


Se saprei inventar regole nuove
per questo italiano tremolante;

se reciterei “T’amo pio bove”
pensando alla mandria pascolante

di vecchi senatori e deputati
ammaliati dal furbo pifferaio;

se si rivolterebbero schifati,
i dipietristi, da questo immondezzaio,

che aborro ma che ci sguazzo dentro
perché mi campa come tutti quanti.

Se unirei la sinistra con il centro
facendo finta di portarli avanti;

se saprei c’azzeccare per ore
con l’aria dell’unto del Signore:

allora fossi non l’umile Pasquino
bensì l’immarcescibile Tonino.

venerdì 17 dicembre 2010

Il Galatino Anno XLIII n° 21 del 17 Dicembre 2010

Panem et circenses

Percorro la tangenziale di ritorno da un viaggio; la lunga fila di auto all’ingresso di un centro commerciale mi ricorda che è la prima domenica di dicembre.
Quasi accantonate le liturgie dell’Avvento ed il loro retaggio tradizionale e simbolico, è l’accredito della tredicesima sul conto corrente a segnalare l’arrivo del Natale al cittadino-consumatore, l’ultimo ingranaggio del meccanismo capitalista, che dalla propria capacità di spesa, cioè di contribuzione alla crescita dell’economia, misura il “valore” del suo status sociale. Però conforta osservare quanto il modello consumistico imperante sino a ieri abbia perso consensi, perché quasi tutti abbiamo coscienza della sua intrinseca insostenibilità; con l’eccezione di alcuni cui solo la crisi riesce ad imporre comportamenti ragionevoli.
Sull’argomento, in tempi lontani esponeva considerazioni interessanti nel saggio “Avere o essere?” l’autore Erich Fromm, profeta laico inascoltato al pari di altri, ancora prima che i richiami alla moderazione trovassero voci anche autorevoli (Benedetto XVI), ora che il poco da spendere obbliga tutti ad una decorosa sobrietà. Virtù interclassista che nella sua declinazione più moderna propugna “commercio equo e solidale” e “spesa a chilometri zero”: elementi fondanti della nota dottrina economica dell’autarchia, deprecata da sempre, impresentabile perché ideata nel ventennio tragico in risposta alle sanzioni, ma oggi riproposta tel quel sotto nuovo nome come vaccino democratico ed ecologico contro il virus delle multinazionali. Per onestà intellettuale, si paghi allora il copyright agli eredi del maestro di Predappio….
Chi scrive, quale modesto contributo personale all’Idea Corretta, ha fatto sua ormai da anni una tradizione natalizia che è l’acquisto del panettone artigianale impastato con gli ottimi ingredienti locali, senza conservanti, e sfornato dalle predilette pasticcerie e panetterie galatinesi. Lo fa per la delizia del cannavozzo, per la salute, per l’economia della Città. Il Vostro riacquisterà magrezza ascetica a feste terminate, con l’aiuto di un po’ di esercizio e di dieta ipocalorica.
A gennaio, per riprendere la linea basterà il solo panem tanto faticosamente guadagnato: i circenses, gli spettacoli gladiatorii, continueranno ad offrirli senza pudore gli ominicchi asserragliati nei palazzi romani del potere.
A tutti Voi auguri sinceri di serenità e salute.

lunedì 13 dicembre 2010

Vergogna e ribrezzo - 13 Dicembre 2010

Tu, segretario della grande forza di opposizione, che dal tuo palco in piazza S. Giovanni urli 3 volte “Vergogna!”: dimenticando che volevate una banca, per più comodamente usurare il popolo che millantate di voler difendere e rappresentare. Tu, dinosauro politico che definisci te ed i tuoi compagni “il nuovo”, con involontario umorismo.
Tu, suora missionaria di quella religione laica “libertaria e liberista”, che pone sull’altare la Dea Ragione; tu pronta a difendere gli ultimi e i derelitti delle ultime e derelitte nazioni, non hai avuto imbarazzo a sederti al tavolo dei potentissimi che ogni anno in gran segreto stabiliscono i destini del mondo, le guerre da scatenare per l’energia e l’acqua ed i governi da abbattere “democraticamente”.
Tu, adamantino leader del partito nuovo che destituisce il tiranno, poco dopo averlo innalzato. Tu che nel sacro nome della libertà usurpi il consenso avuto per cambiare alleati e governo, in obbedienza ai tuoi danti causa americani, nel solco di certa servile tradizione italica.
Tu, bella e giovane ragazza promossa per meriti di alcova al vertice del ministero, con quel cursus honorum che porta altre meno fortunate o compiacenti ad un destino oscuro da segretaria d’azienda.
Tu, ex magistrato riciclato in politica, che aiutato da parenti ed amici da “sistemare”, abusi dell’eredità morale di tuoi “colleghi” morti per mafia, postumi testimonial forzosi del tuo velleitario programma di “rinascita democratica”.
Tu, presidente poeta, che vuoi una regione pulita ed ecologica, e consenti lo scempio del territorio con le “fonti alternative di energia”, perché questo ti impongono i tuoi munifici sponsor confindustriali.
A tutti Voi, che non giudico perché non sono un moralista e perché unico giudice è la coscienza di ognuno, però chiedo: guardandovi allo specchio la mattina, in un sussulto di umanità, non provate un poco di ribrezzo?

giovedì 9 dicembre 2010

Il Galatino anno XLIII n° 20 del 10 dicembre 2010

Sulla Regione Salento

Un comitato ha raccolto firme e consensi in favore di un referendum per l’istituzione della Regione Salento. Il quorum necessario è stato raggiunto proprio mentre scrivo queste righe: ci esprimeremo noi elettori delle province di Brindisi, Lecce e Taranto, territorio che ricadrebbe sotto la giurisdizione di questo ente.
Bari è lontana quanto Roma, sostengono i promotori, non per distanza geografica. Essi fanno leva su un fondato sentimento di ribellione nei confronti del “baricentrismo”, che non è una teoria della fisica, ma quella scuola politica che, ad esempio, permette di destinare al capoluogo e dintorni il 70% delle assegnazioni comunitarie, contro il 30% relegato al resto della Puglia. A loro si obietta che a Bari le decisioni vengano concordate anche con i politici salentini che dovrebbero rappresentarci, Vice Presidente inclusa; e che comunque istituire un’altra regione comporterebbe ulteriore burocrazia, con sperpero di denaro pubblico. I fautori dell’iniziativa rispondono che molti dei nostri politici sono attualmente all’opposizione (quindi non influiscono sulle decisioni di spesa), e che non vi sarebbe necessità di assumere dipendenti, potendosi formare l’ossatura del costituendo nuovo organismo con gli impiegati e funzionari salentini già in forza al carrozzone di via Capruzzi. In sostanza, si tratterebbe di uno “spostamento”, in italiano corrente.
Va registrata l’opposizione al progetto di alcuni grossi calibri pugliesi e salentini di varia appartenenza, timorosi di veder dimezzato il loro potere di contrattazione elettorale a Roma. Disquisiamo evidentemente di bassa cucina politica.
Il mio modesto parere è pro Regione Salento. Innanzitutto vedo con favore le forme di espressione popolare che consentano ai cittadini di decidere sulle questioni che li riguardano, senza mediazioni: ed il referendum è una di quelle. In secondo luogo, per ragioni storiche e culturali, Salento e Puglia unite costituiscono una forzatura burocratica piuttosto recente: senza andare troppo indietro nel tempo, ai Dauni, Peucezi e Messapi, si ricordi l’attuale Puglia suddivisa ab antiquo in Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto (Costituzioni di Melfi, Federico II di Svevia, anno 1231). Una ripartizione che ha funzionato bene per secoli e che è stata cancellata prima con la (mala)unità, poi nel secondo dopoguerra con l’avallo decisivo di Aldo Moro, magliese di nascita ma barese adottivo, per meri interessi di bottega elettorale. Infine e soprattutto, una regione più piccola può essere più vicina alle esigenze della popolazione che va a servire.
Il Salento autonomo: questo voleva l’on. Codacci Pisanelli. A sua gloria postuma e nostro beneficio, il suo progetto potrebbe avverarsi presto, secondo volontà popolare.

venerdì 26 novembre 2010

Il Galatino Anno XLIII n° 19 del 26 Novembre 2010

E' tutto deciso
Ho in mente una massima che recita: “Il saggio discute di idee, l’intelligente di fatti, lo stupido parla di persone”.
Mi assimilo a quest’ultima tipologia umana, dopo aver riletto il mio intervento precedente su questo foglio. Chiedo venia se ho dovuto adattare una prosa che tutti vorremmo non aulica, ma almeno corretta, alle novelle boccaccesche del signore ancora persuaso di rappresentare gli Italiani. Convengo che il commento alla politica nazionale sia diventato volgare pettegolezzo, esercizio mentale di impegno minimo e nessun valore culturale. Vorrei mi guidasse il Roland Barthes del “Grado zero della scrittura” quando tento di raccontare asetticamente il “grado zero della politica” italiana, regredita all’età della coprolalìa ma senza la purezza infantile del bimbo di pochi anni.
Perciò riprovo a parlare di Politica. L’imminente crisi di governo instilla frenesia solo negli addetti ai lavori, preoccupati della propria sopravvivenza. Più saggiamente, i cittadini hanno capito da tempo che non la sostituzione del presidente del consiglio, non il cambio del colore di una coalizione, potranno migliorare per via taumaturgica lo stato generale del Paese ed il livello economico delle famiglie: la crisi è nel sistema, collassa l’intera impalcatura istituzionale. Per questo la gente a volte ostenta indifferenza, più spesso fastidio, verso tutti i politici di tutti i partiti, senza eccezioni.
Nei dettagli: la congiura di palazzo che si ordisce in questi giorni non è un episodio ma affonda le radici in tradizioni consolidate nel tempo e costituisce un singolo tassello di un mosaico più grande. “Veramente più volte appaion cose che danno a dubitar falsa matera per le vere ragion che son nascose.” (Purg. XXII 28-30). È pacificamente accettata la tesi che da prima dell’unità gli avvenimenti italiani siano eterodiretti da un’accorta regia straniera (con l’ovvia eccezione del vituperato ventennio) in favore di interessi sovranazionali. Questi interessi sono il movente della prossima destituzione dell’attuale premier, non abbastanza manovrabile ed anzi in qualche caso pericolosamente ribelle (amicizie ed affari energetici con Libia e Russia). Al governo “devono” andare invece supini esecutori delle direttive americane, per gestire un’altra stagione di tensioni economiche, sociali e politiche, come sta succedendo in Grecia, Portogallo ed Irlanda: crisi di cui approfitteranno i soliti burattinai che l’hanno provocata ad arte per impadronirsi ancor di più della nostra economia, presentandosi come salvatori della Patria. Potremmo veder passare in mano straniera gruppi televisivi, assicurazioni e banche, catene di distribuzione ed industrie, con ulteriori perdite di posti di lavoro. È una storia dall’epilogo già scritto, facilmente pronosticabile.
Nel frattempo noi sudditi dell’Impero “Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie”.

Zigzagando tra le fioriere - 26 Novembre 2010

Tra i non credenti e gli agnostici si afferma che Dio è una creazione della mente umana, necessaria a chi abbia bisogno di immaginare una causa prima. Non esisterebbe il Dio vendicativo degli Islamici, né il Padre giusto e comprensivo dei Cristiani. Neppure il Matematico, che si diverta a far impazzire gli Ebrei coi rompicapi numerologici della Kabbalah. Un parto dell’umana fantasia anche l’aldilà, la vita dopo la morte. Ma nel dubbio che esista davvero, qualche furbastro accomuna tutti gli Dei nelle sue preghiere serali: non si sa mai. È il sincretismo modernista: a voi il mondo, sincretini!
Abbiamo osservato e scisso l’atomo in particelle sempre più piccole (un paradosso semantico, perché a-tomos è in greco antico il non-divisibile), viaggiamo nello spazio immenso. Studiamo l’infinitamente piccolo ed esploriamo l’universo, senza riuscire a fornire a noi stessi risposte certe ed univoche alle domande che da sempre attanagliano l’umanità.
Chi siamo, da dove veniamo, dove andiamo. Ed eventualmente, perché ci andiamo in macchina, zigzagando tra le fioriere.

domenica 14 novembre 2010

I figli calano, le case crescono - 13 Novembre 2010

Gentile Professore,
l’amico Francesco parla di un fenomeno generale, quello del calo demografico, a Galatina più accentuato che altrove. Vorrei commentare che qui forse abbiamo ascendenze britanniche (“niente sesso, siamo inglesi”), se la battuta non fosse scontata e poco umoristica.
Dico la mia: l’Italia è il paese occidentale con la minore natalità (1,3 figli per donna in media), includendo persino l’alta prolificità dell’immigrazione. Le cause sono note, in primis politiche sociali sfavorevoli verso la famiglia e le madri lavoratrici. La scarsissima attenzione alla famiglia è costante comune ai governi di ogni tempo e colore, mitigata a volte con provvedimenti degli enti locali, in special modo nelle regioni del centro-nord che dispongono di maggiori risorse.
Galatina non fa eccezione e le amministrazioni succedutesi nella nostra città, in più e peggio di altri comuni vicini, da molti anni non sono riuscite ad attrarre investimenti per iniziative non effimere, favorire sviluppo ed occupazione sia intellettuale che manuale e quindi incremento demografico.
Il paradosso galatinese è questo: a quanto è dato di vedere, in una città decresciuta per popolazione e perciò meno bisognosa di alloggi, si continua forsennatamente a costruire occupando suolo sottratto alla natura; quando sarebbe più intelligente ed ecologicamente rispettoso del territorio restaurare e rivitalizzare l’abitato storico. Ma qui ci avventuriamo nell’inesplorata giungla della lobby edilizia locale, una vegetazione intricata e lussureggiante di interessi e turnisi. Ed io, che non sono il Sandokan di via D’Enghien, lascio ad altri pirati il gusto di affrontare questo mistero salgariano.
Saluti cordiali.

sabato 13 novembre 2010

Il Galatino Anno XLIII n° 18 del 12 Novembre 2010

Non farla lunga, scatenati nel bunga bunga

Marx ha scritto che una tragedia storica può spesso replicarsi in farsa: è una delle poche affermazioni del filosofo ipertricotico con cui possiamo concordare. Personalmente, invece, ho trovato a volte più saggezza nelle gag di Groucho, Harpo e Zippo che in alcune pagine del caro vecchio Karl. Chiedo scusa ai cultori del barbuto di Treviri, ma è questione di opinioni e di gusti.
A proposito di gusti: ecco che siamo spinti ad occuparci di nuovo, e con qualche sbadiglio intellettuale, della propensione per le minorenni di un uomo politico alquanto in vista. Il noto Rubycondo ci aveva abituato, è vero, ad una corte variopinta di soubrette elevate agli onori ed oneri di qualche ministero assortito o di incarichi minori. Non si pensi malignamente che le procaci Signore e Signorine siano lì senz’arte né parte. Al contrario, le candidate sono state investite della loro alta missione dopo un esame approfondito, quantunque solo orale, applicando il famoso “metodo Lewinsky” di scuola Clinton, e secondo i severi standard USA. Gli americani, come sappiamo, hanno il culto della professionalità e premiano solo i capaci. Ne consegue che le suddette avranno dimostrato eccellenza nel loro specifico settore, e questo ci conforta assai.
Ma parliamo in definitiva di adulte e consenzienti: invece la novità consiste nell’aver appreso, prima da una lettera della ex moglie a “la Repubblica”, poi dalle rivelazioni dei media, della predilezione del politico in questione per ragazze ad un passo dalla fatidica soglia dei 18 anni. Sentimento paterno? Vogliamo credere di si. Saremmo altrimenti nel campo scabroso delle patologie comportamentali senili: oggetto di studio per psicologi della terza età più che scoop da giornalisti morbosamente curiosi.
E quindi si collochi l’ormai mitico bunga bunga tra le innocue esibizioni tersicoree, volte solo ad allietare le serate d’una annoiata compagnia di ultrasettantenni. Cadrebbe in errore chi volesse paragonare lo spettacolino discinto alle danze delle odalische nell’harem del Sultano, giorni prima della caduta dell’Impero della Sublime Porta.
Né tragedia né farsa, dunque, ma indefettibile coerenza: quella di uno Statista che, nel Paese che sta andando a….omissis, per amor di Patria ci va pure lui.



giovedì 11 novembre 2010

Una badante da Seul - 11 Novembre 2010

Gentilissimo Professore,

siamo d’accordo, la casa nuova è più grande e molto luminosa, e la stanzetta che mi è stata riservata mi piace davvero. Ho portato con me le vecchie carabattole tanto care a questo pensionato INPS: il ritratto di Francesco II di Borbone (riposi nella gloria del Signore) e pure il quadro di Garibaldi, Mazzini e Vittorio Emanuele, bersaglio per giocare a freccette coi compari. Non manca sulla scrivania, in mezzo a pastiglie e sciroppi, anche la veneranda “Lettera 32” che uso per strimpellare le quattro note stonate che Le invio ogni tanto. A proposito, spero che provveda presto a traslocare qui anche le mie scartoffie rimaste nella casa vecchia.
Non vorrei sembrarLe troppo invadente, ma la badante carina e disponibile che avevo prima non c’è più, l’hanno fatta Ministro della Repubblica.
Non è che per caso potrebbe trovarmene un’altra con le stesse doti? Sa com’è, senectus ipsa morbus est, la vecchiaia stessa è malattia, ed alleviarla in compagnia di una giovane generosa fa bene al corpo ed allo spirito: me lo ha confermato un conoscente di Arcore. Se poi fosse anche intelligente sarei certo di non perderla seguendo lo stesso cursus honorum della precedente.
Le chiedo scusa se ho importunato con queste richieste strampalate, caro Professore, e mi stia bene.
Devotamente,
Pasquino Galatino

sabato 30 ottobre 2010

Il Galatino anno XLIII n° 17 del 29 Ottobre 2010

Stanchi di abbaiare alla luna
Il “Decalogo della strategia della Manipolazione attraverso i Mass Media” di Noam Chomsky *, al punto 1, recita: “L’elemento principale del controllo sociale è la strategia della distrazione che consiste nel distogliere l’attenzione del pubblico dai problemi importanti e dai cambiamenti decisi dalle élites politiche ed economiche utilizzando la tecnica del diluvio o dell’inondazione di distrazioni continue e di informazioni insignificanti. La strategia della distrazione è anche indispensabile per evitare l’interesse del pubblico verso le conoscenze essenziali nel campo della scienza, dell’economia, della psicologia, della neurobiologia e della cibernetica.”
La lunga citazione si rende necessaria, a nostro avviso, per spiegare l’attenzione ossessiva riservata dai media al delitto di Avetrana, ultimo di una lunga serie di “eventi” catalizzatori della pubblica opinione. Non entriamo nel merito del grave fatto di cronaca, pietanza unica di ogni colazione, pranzo e cena TV dell’ultimo mese, così come in precedenza lo era stato il chiacchiericcio pseudo-politico riguardante un appartamento a Montecarlo.
Invece ci incuriosisce capire quale strategia occulta sia quella che sta imponendo la trasformazione progressiva ed inarrestabile dell’intero Meridione nella megapattumiera italiana: dalla nuova discarica di Terzigno, zona già altamente inquinata e colpita da malformazioni fetali e tumori in percentuali di molto superiori alla media nazionale; all’individuazione di siti “idonei” (!) allo stoccaggio di scorie nucleari; per finire alla nostra Galatina, con la ben nota questione CDR, che ultimamente prende ritmo e sinfonia da languida serenata di orchestrali di fama (scienziati e professori universitari) sotto la finestra di un gruppo industriale del cemento.
Ci piacerebbe, magari, che fossero rese note le statistiche allarmanti di cui le Autorità Sanitarie dispongono, quelle relative all’incidenza di neoplasie nel Salento esposto ai fumi dell’Ilva, delle centrali e degli inceneritori, per tacere delle discariche abusive e relativa percolazione di veleni in falda acquifera: dati che palesano una connessione tra causa ed effetto di evidenza lampante anche per gli ottimisti ad oltranza.
Forse una maggiore consapevolezza delle violenze ambientali perpetrate in silenzio potrebbe risvegliare l’attenzione, sulla salute sua e dei suoi cari, nel Cittadino indottrinato da Anno Zero e dalle amenità del TG4.





* linguista, filosofo e teorico della comunicazione americano

giovedì 21 ottobre 2010

Reverenda Madre - 21 Ottobre 2010

Rev.ma
Madre Superiora
Casa dell’Ordine delle Umili Ancelle della Vorace Spartizione
Galatina

Madre Reverendissima,

con la pioggia e con il vento oso bussare al Vostro Convento: come saprete, l’Amministrazione Apostolica ha deliberato il cambio di destinazione d’uso di alcuni terreni. Purtroppo, tra questi non rientra un piccolo podere di mia proprietà, confinante con quelli. Voi intuite, Madre generosa, quanto sperava la mia famiglia nella rivalutazione che quel pezzo di terra avrebbe conseguito dalla deliberazione: pertanto sono a pregarVi di intercedere presso l’Apostolica Amministrazione, sulla quale di tanto ascendente gode l’Ordine che Vi pregiate di presiedere, affinchè con voto suppletivo includa la mia piccola proprietà tra quelle che beneficeranno del cambio di destinazione.
Sappiate sin d’ora, Madre affettuosa, che solleciterò presso il Gran Maestro in Roma dell’Antico Ordine Cavalleresco Capvt Mentvlae la pratica riguardante l’attribuzione della prestigiosa onorificenza alla Vostra Augusta Persona.
Credetemi, devotamente Vostro
Pasquino Galatino

Sancti Petri Galatinae, die X Octobris anno Domini Nostri MMX

venerdì 15 ottobre 2010

Il Galatino anno XLIII n° 16 del 15 Ottobre 2010

E venne lo straniero
Ho un ricordo vivido nella memoria: l’immagine di mio padre con in mano un pacchetto verdino di Nazionali Esportazione, appena acquistato allu Bomba per 200, forse 300 lire. Uno strappo quadrato sul lato superiore della confezione, poi un colpetto secco alla base: fuori due o tre sigarette, il cerino ne accende una in volute di fumo azzurro.
Il tabacco venne introdotto nel Salento nella prima metà del 1800 dai Borbone (che il Signore li abbia in gloria) con ottimi risultati, visto che la nostra produzione di Perustitza ed Erzegovina ha sempre goduto di grande apprezzamento. Molte famiglie hanno vissuto più che dignitosamente della coltivazione di questa pianta; intorno a questa attività gravitava un indotto di Consorzi Agrari, rivenditori di prodotti per l’agricoltura, autotrasportatori; ed infine, ultimo ma non ultimo, veniva il ciclo della trasformazione, nel grande complesso della Manifattura Tabacchi. Possiamo affermare senza paura di esagerazioni che migliaia di Salentini erano occupati nel comparto che oggi a Lecce si chiude ingloriosamente.
Poi venne il 1992. Sul panfilo reale inglese Britannia, alcuni economisti di spicco italiani, allevati alla scuola delle banche d’affari Goldman Sachs, Lehman Brothers e simili altri grassatori in gessato blu, incontravano esponenti della grande finanza internazionale, con l’obiettivo della svendita e passaggio del patrimonio pubblico nazionale in mani straniere, in nome di quel dogma intangibile chiamato globalizzazione. Tra quegli economisti italiani, Prodi e Draghi, poi gratificati con incarichi di grande prestigio, come sappiamo. Era il periodo tragico di Mani Pulite: nessuno ancora oggi è in grado di spiegare quale regia occulta ci fosse dietro quei fatti (qualsiasi cosa in contrario affermi Di Pietro), e perché soltanto alcuni politici furono duramente colpiti ed altri invece no. Tra i caduti in disgrazia, proprio quelli che si opponevano alla cessione dell’impresa pubblica in mani private e straniere.
Il resto è cronaca dei nostri anni. La maggior parte delle aziende cedute ha cessato l’attività, dopo aver incamerato congrui contributi statali ed europei per cosiddette “ristrutturazioni aziendali”, che altro non sono che il trasferimento della produzione in paesi dove il costo del lavoro è infimo, la messa in cassa integrazione dei lavoratori e pingui bonus per i manager per chiudere in bellezza.
Quanto tutto questo sia convenuto alla finanza nazionale e locale, lo lascio intuire a chi legge. Ormai dovremmo aver capito che dove interviene il capitalismo internazionale di carta ed i suoi ascari italiani, non c’è rispetto per la dignità umana ed il lavoro.
Un’ultima nota umoristica: nel PD in difficoltà c’è chi pensa di richiamare il Professor Prodi quale “salvatore della Patria”. È evidente che, dopo i danni fatti all’occupazione ed all’economia italiane, si ritiene di dovergli far completare l’opera nel partito.

giovedì 14 ottobre 2010

Ultime di cronaca cittadina - 14 Ottobre 2010

Ultime di cronaca cittadina

Risolto dall’Autorità Letteraria il giallo che ha catalizzato l’attenzione dell’opinione pubblica galatinese negli ultimi tempi, l’efferato delitto che ha avuto per vittima Lingua Italiana.
L’anziana pensionata, dall’apparente età di 1000 anni, venne trovata agonizzante alla fine del mese scorso in un blog cittadino, con profonde ferite lacero-contuse in zona parietale provocate da una serie di anacoluti vibrati in rapida successione. Nel tentativo di finirla, l’aggressore aveva poi sferrato con furia omicida il colpo rivelatosi fatale in sede autoptica, un mirabile “se avrei tempo, facessi cultura”.
Prontamente soccorsa presso l’Ospedale Ortografico, la vittima venne sottoposta ad un delicatissimo intervento chirurgico volto a limitare i danni cerebrali, quindi a ripetute trasfusioni di plasma dantesco e flebo grammaticali - sintattiche (Zingarelli in soluzione zuccherina, Devoto-Oli 30%, Accademia della Crusca antivirale). Spirò giorni dopo il ricovero successivo all’operazione, nel reparto di terapia intensiva dello stesso centro, senza riprendere conoscenza e quindi non potendo fornire elementi utili agli investigatori. Commoventi dimostrazioni di affetto all’anziana degente in coma vennero in quelle ore dalle comunità scolastica e culturale cittadine, unite poi nel cordoglio e nella condanna unanime dell’atroce delitto.
La svolta nelle indagini è venuta nelle ultime ore. Il grafomane, già noto alle Forze dell’Ordine Culturale per precedenti reati contro la proprietà intellettuale, spaccio di aforismi rubati e tentativo di stupro della consecutio temporum, è stato individuato grazie ad un’abile attività di intelligence. L’ennesima sgrammaticata esternazione fatta passare per servizio giornalistico ha portato gli inquirenti sulle tracce del sospettato, un quarantenne galatinese. Pedinato discretamente, è stato intercettato in mattinata presso una Fabbrica di Fichi, luogo di ritrovo abituale. Immediatamente fermato e condotto in Questura Libraria, quindi sottoposto a stringente interrogatorio alla presenza di un Avvocato Letterario di parte e del Giudice per le Indagini Editoriali, ha reso piena confessione. Il crimine è maturato, pare, per contrasti insorti nei mesi precedenti con Lingua Italiana per questioni di confusione nell’uso del congiuntivo e del condizionale nel periodo ipotetico.
Gli inquirenti intendono ora appurare se il soggetto abbia agito da solo oppure in complicità o con la copertura di altri elementi della malascrittura del luogo.

giovedì 7 ottobre 2010

Odi et amo - 7 Ottobre 2010

Odi et amo (Catullo)

Amo questa Città. Amo le strade ed i palazzi del centro antico, vestigia di un superbo passato neanche tanto lontano, sviluppati armoniosamente nei secoli. In omaggio a quella rinascimentale legge antropocentrica non scritta ma osservata in silenzio che pone l’Uomo al centro della natura. Rifletto che non c’è iato tra campagna circostante e centro abitato, c’è un continuum in cui la natura generosa della nostra terra rivive nell’hortus conclusus che è il giardino interno del palazzo, anche luogo elettivo dello spirito, in interiore homine fattosi architettura urbana. Mi piace immaginare i grandi che hanno calpestato queste chianche, in un tempo in cui qui pure si poteva eccellere nelle arti e nelle scienze, ed essere profeti in patria.
Amo persino le contraddizioni estreme che vive questo Paese incapace di realizzare pienamente le sue potenzialità, scettico fino alla crudeltà coi suoi figli più capaci. Quelli rimasti caparbiamente a sgobbare a testa bassa per sé stessi e per la gloria del luogo, magari rinunciando a carriere prestigiose e guadagni lontano da casa. Quelli ingenuamente protesi a rendere fruibile ed umana una piazza, e dirla civile sarebbe offensivo per chi dissente, pur con un’idea criticabile ed opinabile quanto si voglia. Quelli che con entusiasmo parlano ancora di arte, e la diffondono come il Verbo, nella Città in cui il fuoristrada sfiora il sagrato della Basilica senza vergogna alcuna. Che informano, e scuotono coscienze catatoniche. Che studiano la storia e le storie di Galatina e dei suoi Uomini e Donne per conservarne e perpetuarne memoria.
Riconosco che queste persone sono un motivo per restare qui, con loro condivido un idem sentire che è la fede irrazionale nel futuro della Città. Questo penso, ignorando cumuli di pattume abbandonato fuori orario ed auto parcheggiate ad mentulam canis tra le fioriere ancora luccicanti e già ricolme di rifiuti.
Antonio, Dante, Dino, Francesco, Gigi, Maestro Luigi, Rossano, Tommaso: un piccolo grazie a Voi ed ai tanti e tante cui chiedo scusa perché meriterebbero di essere ora gratificati con Voi. E grazie a Carlo, che presterà lo Zanichelli per tradurre questo pezzullo infarcito di citazioni latine, come un panettone di canditi.

Conosco metodi per farvi ridere, ma non stavolta. Pasquino non è homo omnium temporum.


domenica 26 settembre 2010

Dalle Epistole di Pasquino - 26 Settembre 2010

Governava il villaggio Giovanni l’Alchimista, della tribù dei Nohiti, succeduto a Cassandra la Nobile succeduta a Giuseppe il Triplo. In quei giorni egli aveva comandato architetti ed operai ai lavori nella spianata del Tempio. Così è scritto.
Ed egli disse: “Vi avevo promesso fiori, ed ecco i fiori; panchine avevo comprato per voi, ora sedete sulle panchine presso il nostro Tempio Grande. Dove sostavano i carri dei bivaccanti empi ed ubriachi, regnano ordine e pulizia. La profezia di Cassandra la Nobile si è avverata”.
Vennero moltitudini di cittadini e forestieri sorridenti, videro che questa era cosa buona e cantarono a lui le lodi. Alleluja alleluja.
Giuseppe il Leguleio passava sul suo carro splendente, diretto alla locanda. E fermato Giovanni l’Alchimista, gli chiedeva con forza di spostare panchine e fioriere per sistemare comodamente il suo veicolo sfarzoso. Allora Giovanni: “Credi forse tu di essere superiore alle leggi e migliore di questi?” disse, indicando le genti accorse alla spianata del Tempio. Così dicono le fonti.
Sia lode in ogni tempo a chi rispetta le Leggi. Alleluja alleluja.

sabato 25 settembre 2010

Impertinenti allusioni - 25 settembre 2010

L’ex Direttore Generale chiede il pagamento di 20000 euro all’Amministrazione Comunale, quale saldo dell’indennità per ferie non godute. Sia allora accordato godimento tardivo all’alto funzionario, corrispondendo le spettanze reclamate in forza di un regolare contratto, a suo tempo firmato dalle parti. Valenza giuridica che basterebbe da sola a legittimare la richiesta ma, ad adiuvandum, il Nostro ricorda in un’intervista ad un giornale locale di aver ottenuto, col proprio onesto interessamento, lo stanziamento in favore di Galatina di somme cospicue per opere di pubblica utilità (Notti della Taranta incluse); l’affermazione lascerebbe supporre che quei finanziamenti fossero destinati altrove.
Per questa fortuna inattesa i Galatinesi nutrono imperitura (e munifica) gratitudine, sebbene a loro sia invece preclusa ogni goduria in veste di contribuenti delle esauste finanze cittadine. I Dirigenti comunali risolveranno il caso con qualche geniale artificio contabile perché, come il celebre borsellino di Catullo, il fondo cassa del Comune plenus est aranearum. Sarebbe a dire che è accogliente dimora per ragni e ragnatele.
Volo pindarico, ma non troppo: il pensiero va ai 500 dipendenti della British American Tobacco, a quelli del depuratore ASI ed a tutti i padri salentini e galatinesi senza lavoro e con famiglia a carico.
E nel ricordo scorrono pure i fotogrammi famosi de “I Vitelloni”, quando un gaudente Alberto Sordi, passando in auto vicino ad un gruppo di operai stradali, li spernacchia: “Lavoratori…tiè!”. Accompagnando la frase col classico gesto dell’ombrello.
Non si scorgano collegamenti maliziosi in queste considerazioni accostate casualmente: la barocca prosa pasquiniana non suggerisce allusioni impertinenti.


venerdì 24 settembre 2010

Il Galatino anno XLIII n° 15 del 24 settembre 2010

In volo sul Salento
Si decolla da una pista dell’entroterra, con un piccolo aereo da turismo. Prendiamo quota veloci, tra uliveti verde scuro e masserie baciate dal sole, circondate da invadenti distese di pannelli fotovoltaici che, dall’alto, riverberano luce riflessa. Sorvoliamo una splendida collina ricoperta da macchia mediterranea e da una selva di tralicci radiotelevisivi e telefonici: come cipressi metallici, da Collepasso alti e schietti scendono a Tuglie in duplice filar. Dritti verso le spiagge, tra le Conchiglie e Rivabella: sotto di noi la piccola Abbazia di S.Mauro eretta in illo tempore sulla collina omonima, al centro di un brullo paesaggio dove l’asprezza del luogo è inaridita ulteriormente da incendi frequenti della bassa vegetazione. Ai piedi della modesta altura, un locale accorsato: a dimostrare che sacro e profano debbono convivere a forza. Più giù, proprio sul mare, la mano prepotente dell’uomo impone due enormi falansteri, incubi architettonici della fantasia megalomane di qualche oscuro progettista, cui la natura sarà apparsa ostile.
Siamo a fine stagione: qui il mare ha mutato il naturale verdeazzurro assumendo un colore giallo paglierino, simile a quello di certi campioni che, in contenitori di plastica, la mattina presto affidiamo al laboratorio analisi. Probabili cause, la presenza estiva di migliaia di villeggianti e la contemporanea assenza di depuratori.
Appena un minuto di volo tranquillo (c’è calma di vento) ed eccoci su Gallipoli, la greca “città bella”. Parliamo ovviamente del borgo vecchio sull’isola, avendo voltato lo sguardo a destra per ignorare un grigio palazzo di trenta piani costruito a ridosso di una fontana bimillenaria.
Dirigiamo nuovamente verso l’interno, descrivendo un semicerchio. Ciminiere alte svettano in lontananza, mamme premurose che assistono Galatina, Maglie ed i loro fratellini seduti intorno, Soleto, Corigliano, Sogliano, Cutrofiano. Purtroppo hanno la sigaretta in bocca queste madri snaturate; fumano in presenza dei figli, non hanno perso il vizio. E si guardano allo specchio, ne hanno molti intorno, piantati nel terreno a catturare forza dal sole, e togliere luce e vita alla vegetazione che sempre ha nutrito Terra d’Otranto. Tanta energia inutile producono questi specchi, ma tanti utili per anonime tasche settentrionali.
Ancora più in là, verso l’Adriatico, distese a perdita d’occhio di ulivi secolari, autentici patriarchi vegetali; e tra loro, come intrusi in famiglia, lunghe teorie di pale eoliche. Queste muovono le braccia con lentezza, quasi per salutare da lontano qualcuno che parte. Forse turisti che tornano a casa ubriachi di pizzica e mieru, forse i nostri giovani studenti e lavoratori che vanno a cercare fortuna ed a crearne per altri.
Scendiamo dolcemente. A terra le ferite inferte al nostro Salento sembrano scomparire.

domenica 19 settembre 2010

Signor Presidente - 19 Settembre 2010

Signor Presidente,
Noi non festeggiamo. Non possiamo, non dobbiamo e non vogliamo celebrare “questa” unità, per rispetto alla memoria dei nostri Martiri: le centinaia di donne, uomini, vecchi e bambini massacrati in una guerra non dichiarata, con una annessione subita e non richiesta. Un secolo e mezzo, signor Presidente, non cancella l’orrore. La Verità è un fiume sotterraneo, scorre in profondità ma torna sempre in superficie.
Uno Stato sovrano, ottimamente amministrato con poche e ferme leggi, con appena 5 tasse leggere; uno Stato in cui il rapporto tra i cittadini ed il loro Re era improntato a rispetto, amore e giustizia; uno Stato che era tra i migliori in Europa per bilancio e sviluppo economico, per rivoluzionari esperimenti sociali molto in anticipo sui tempi (S.Leucio Le ricorda qualcosa?); uno Stato pacifico con i suoi vicini, non colonialista, ma pronto a difendersi dalle aggressioni esterne se portate lealmente: ciò che non successe nel 1860, quando uno piccolo regno indebitato e sempre sconfitto nella sua storia, con menzogne e sobillazioni massoniche partite dall’Inghilterra (per suoi interessi) fu da questa finanziato e spinto all’invasione. Le ricchezze del Regno delle Due Sicilie ripianarono i debiti dei Savoia e dei loro Ministri, i celebrati “eroi” risorgimentali…permetteteci un sorriso ironico. Il nome Cialdini Le rammenta per caso delle stragi di civili a Pontelandolfo e Casalduni? O solo Marzabotto, Kappler e Raeder sono infamie da commemorare? Avete chiamato “Re Galantuomo” un donnaiolo indebitato, usurpatore di un Regno non suo ma di quello che chiamava “caro cugino”; avete deriso “Franceschiello”, il giovane Sovrano che insieme alla moglie diciottenne difese sino all’ultimo la sua Gente, combattendo sugli spalti di Gaeta coi suoi soldati. Un gigante della Storia se paragonato al penultimo Re Savoia, che abbandonò la Capitale invasa per Brindisi…Quella dinastia di usurpatori, Signor Presidente, si è evoluta nel tempo: il migliore di tutti è il suo ultimo esponente, un fatuo giovanotto che appare alla TV di Stato, pagato col nostro canone.
Noi ricorderemo il lager di Fenestrelle (20000 soldati deportati e lasciati morire di stenti), la nostra Resistenza (che Voi chiamate brigantaggio), la nostra diaspora (i 20 milioni di emigranti che pagarono tasse pesantissime persino per lasciare questo “paradiso” che era la nuova Italia). Stupisce che un Meridionale, un napoletano di nome e d’origine come Lei, non riconosca ed assimili queste tragedie ai lager nazisti, alla Resistenza che definite fondamento di questa Repubblica, alla Shoah che ricordate nelle scuole: sono tragedie troppo lontane nel tempo, oppure fastidiose incrinature nella Turris Eburnea in cui vive oggi la nomenklatura italiana? In quella torre, Signor Presidente, oggi abitano insieme a Lei delle persone che dicevano di volere la secessione (ed i loro spregevoli ascari nostri conterranei). È fin troppo evidente che si trattava di un trucco per continuare a sfruttare il Sud: e dispiace che anche un solo centesimo delle tasse meridionali contribuisca a finanziare la “scuola padana” della signora Bossi, mentre non è certo che molte Università del Sud quest’anno possano iniziare i corsi (grazie on. Gelmini!). Le potremmo raccontare di questo Meridione inquinato da rifiuti “allogeni” (nordisti non si può dire) ed invaso da impianti “ecologici” per la produzione di energia da fonti alternative, le cui società di gestione sono tutte in Lombardia e Piemonte (dove poi vanno gli utili); Le potremmo dire delle industrie meridionali privatizzate, spezzettate e vendute ad imprese del Nord o straniere, giusto per il tempo di ottenere finanziamenti e poi chiuse mettendo sul lastrico centinaia di famiglie. Le potremmo persino raccontare delle associazioni mafiose i cui proventi fanno la fortuna di tante imprese del Nord. Noi invece ricordiamo i nostri Eroi morti combattendo le mafie, sindacalisti, magistrati e sindaci.
Ma sappiamo, Signor Presidente, che Lei non leggerà mai queste righe. Né vogliamo disturbare il clima di festa (alquanto fasullo ed ipocrita, ci permetta di dire). Sappiate però che a dissentire siamo tantissimi, e cresciamo di numero giorno per giorno. Abbiamo idee politiche le più diverse, anche opposte, ma ci unisce l’origine, e l’amore ed il rispetto per il nostro Sud: ci chiamiamo “Compatrioti”, tra Noi. Vi guardiamo in silenzio (per adesso), sappiamo che la nostra idea per un nuovo Meridione autonomo avrà successo, non subito ma sicuramente.
Allora celebrate questa “vostra” unità, figlia di una menzogna plurisecolare, spendete pure quei fondi per medaglie e striscioni, commemorazioni e sfilate di bersaglieri. Noi, da parte nostra, reciteremo con l’indimenticato Mario Merola “Felicissima sera, a tutti ‘sti signure ‘ncravattate”: non Vi appaia irrispettoso, Signor Presidente. Ma, se possibile, lasciateci in pace.

mercoledì 15 settembre 2010

La Colacem mi ha convinto - 15 Settembre 2010

Professore carissimo,
da buon Galatinese ho seguito con attenzione la polemica sull’inceneritore. Le prime risposte che la Direzione Colacem fornisce alle Sue domande mi tranquillizzano, davvero.
Ciò premesso, mi piace ricordare che il Salento è, da millenni, terra d’accoglienza e d’inclusione, di genti e di culture: qui vennero Illiri e Greci, Romani e Bizantini, Normanni, Saraceni e Turchi (con qualche intemperanza, se ricordo bene, ad Otranto nel 1480…). Qui sbarcarono pure Spagnoli e Francesi; stemmo ottimamente con i Borbone, ma vennero i Piemontesi a razziare il razziabile, neh! Accogliemmo anche loro. Scese persino, coraggiosamente s’intende, un reuccio savoiardo in fuga da Roma occupata dai Tedeschi. Non ebbe a lamentarsi dell’educazione dei Salentini.
Perciò concludere che siamo gente ospitale non è da presuntuosi, ma solo una constatazione.
Allora perché non accogliere comodamente qui da noi anche un’agiata famiglia di industriali di Gubbio, al completo, all’ombra o nel raggio d’azione di una ciminiera di 100 metri d’altezza?
Con vivissima cordialità,
Pasquino Galatino

venerdì 10 settembre 2010

Il Galatino Anno XLIII n° 14 del 10 Settembre 2010

De profundis per la Politica
È dal tramonto della cosiddetta Prima Repubblica che le estati italiane sono movimentate da oziose polemiche di basso profilo; si è indotti a pensare che siano create ad arte anno dopo anno per spezzare la monotonia vacanziera del trinomio sole – mare – montagna, ma soprattutto per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sui protagonisti politici, distraendola dalle questioni davvero importanti.
Legge di commercio impone che, quando un prodotto inizi a stancare il consumatore, si debba intervenire con opportune modifiche per rilanciarne l’appetibilità sul mercato: la “politica politicante” non sfugge alla regola. Ricordiamo il Bossi in canottiera che anni fa incitava “Secessione!”, proprio mentre i dissidenti interni rimproveravano alla Lega Nord di essersi imborghesita una volta al governo. L’urlo finto-indipendentista ricompattava la base intorno al leader ed ai suoi colonnelli.
Estate 2010 caldissima per il Primo Ministro. Logorato da alleati riottosi, ispirati non sappiamo quanto gratuitamente dall’ideale nobile della questione morale, egli li pone davanti all’aut-aut “Prendere o lasciare”: è agevole esercizio di stile rinfacciargli una visione mercantilistica della politica e perciò apparire istituzionalmente eleganti. Lo appoggiano come di consueto i laudatores dei giornali di famiglia con becere campagne denigratorie di taglio comaresco contro i “traditori”. Ribattono i tabloid della gauche caviar, la “sinistra al caviale”, mettendo in ridicolo la crassa ignoranza degli uomini di governo. Siamo non già alla frutta, ma all’ammazzacaffè della cultura politica, in un clima da Basso Impero. Abituato all’unanimismo bulgaro però non al ricatto, il Presidente stronca sul nascere scenari simil-prodiani di indebolimento progressivo del governo: se non si trova un accordo, meglio le urne il prima possibile.
Anche a novembre, periodo inusuale per consultazioni elettorali. Mai ipotesi fu più condivisibile: il mese tradizionalmente dedicato al culto dei defunti, ben si presterebbe al funerale della Politica. Quella con la “P” maiuscola.

Le parole inutili - 10 Settembre 2010

Gentile Professore,

Si può avvertire l’inutilità di scrivere, quando si capisce che il proprio dire non modifica le cose neppure minimamente (se mai ci si fosse illusi di questo). Che poco o nulla rimane di concreto, al di là di un vacuo, effimero e molto provinciale quarto d’ora di celebrità mediatica ottenuta con saltuarie riflessioni internettiane, declinate a volte in maniera umoristica, a volte seria. Si può lasciar intendere di aver esaurito citazioni e motti celebri latini, assimilati e resi patrimonio personale negli anni degli studi giovanili, e di non aver più inchiostro da stendere.

Si possono persino affrontare con animo umile questioni tanto al di là della nostra modesta capacità di comprensione (signoraggio bancario, nuovo ordine mondiale, segreti di Stato sul Risorgimento ancora a 150 anni di distanza) da apparire per quello che realmente sono, argomenti tabù per tutti i mezzi di informazione, doverosamente preclusi all’opinione pubblica perché potenzialmente pericolosi, quindi riservati ad una ristretta cerchia di eletti che negano e minimizzano.

Succede poi di sentirsi bloccati da questa strana malinconia autunnale, stagione meteorologica ma anche della vita. Forse dovrei lasciar perdere per qualche tempo il Leopardi de “L’infinito” e rileggermi l’adrenalinico Henry Miller di “Tropico del cancro”.

Cordialmente,

Pasquino Galatino

venerdì 16 luglio 2010

Il Galatino anno XLIII n° 13 del 16 Luglio 2010

Baruffe chiozzotte di inizio estate


Apre l’estate galatinese, come da tradizione, la Festa dei nostri Santi Patroni. Quest’anno la solennità della Processione è stata alleggerita, per così dire, dal gustoso siparietto profano offerto a devoti e turisti da un’esponente politica molto attenta alle gerarchie: tanto da pretenderne il rispetto persino nelle file del corteo. Ricordiamo un episodio minimo di vita cittadina non perché piaccia applicare intelligenza in maniera impropria, inzuppando ancora un biscottino già abbondantemente sbocconcellato da noi e da altri; nossignori, qui siamo chiamati all’arduo compito di trovare una ratio, un nesso logico che unisca la sfiducia ad un Sindaco firmata in carzonette ed il diverbio sguaiato per questioni di precedenze al seguito del busto argenteo di S. Pietro.

E questo fil rouge è lo svergognamento istituzionale: si sarebbe potuto e dovuto usare una colorita dizione più consona alla materia di cui trattasi, ma per disciplina naturale e per scelta di anticonformismo il nostro vocabolario non contempla espressioni meno che dignitose. Ci piace ancora impugnare il fioretto là dove altri combattono con armi chimiche.

Però sovviene il ricordo struggente degli Uomini che hanno rappresentato la nostra Città: si chiamavano Bardoscia, Caggia, De Maria, Fedele, Finizzi. Non occorre aggiungere altro ad un confronto impietosissimo. La constatazione evidente è che Galatina gode ancora, nonostante tutto, di menti raffinate ed aperte che purtroppo si tengono ben lungi dalla politica. Le pochissime intelligenze che cercano uno spiraglio per emergere restano soffocate dalla imperante mediocrità.

La festa è finita, “restano sparsi, disordinatamente, i vuoti a perdere mentali abbandonati dalla gente.” (Edoardo Bennato, Feste di piazza).

Buona estate a tutti.


lunedì 5 luglio 2010

Antiqvvs Ordo "Capvt Mentvlae" - 5 Luglio 2010

Gentilissimo Professore,
l’eco delle nobili gesta di alcuni amministratori ha valicato i confini regionali. I pacati, eleganti atti di contrizione al corteo dei SS Patroni, da parte della Madre Superiora delle Umili Devote Consorelle - Ancelle della Vorace Spartizione, hanno aggiunto lustro e dignità al ceto politico galatinese.
Mi scrive infatti da Roma il Gran Maestro dell’Antico Ordine Cavalleresco “Caput Mentulae”, proponendo l’attribuzione del titolo di Cavaliere di Gran Testa al politico cittadino (uomo o donna) che a nostro insindacabile giudizio si sia reso degno di tanta onorificenza. Da qui alle feste natalizie, col Suo permesso, dalle pagine di Galatina.it voteremo il candidato prescelto: il più suffragato sarà protagonista della solenne cerimonia di investitura che si terrà a fine anno, alla presenza delle Autorità. Abbigliato in alta uniforme, il Gran Maestro in persona consegnerà:
a) un diploma in pergamena dorata recante la seguente dicitura: “Nos, Dei gratia et volvntate equitvm, Magister Maximvs antiqvi ordinis "CAPVT MENTVLAE", nostra sponte honorem hoc tribvimvs nobili viro (mvlieri) nome del prescelto o prescelta . Datvm Galatinae, die XXXI Decembris a.D. MMX”, e
b) la placca da indossare nelle cerimonie ufficiali sull’abito, costituita da scudo bordato d’oro, quadripartito in bianco e nero, recante al centro il simbolo dell’Ordine (una punta violacea tronco-conica).
Notoriamente digiuno di lingua latina, mi limito a trasmetterLe quanto comunicatomi dal Gran Maestro.
A noi Galatinesi il compito di scegliere democraticamente il destinatario della prestigiosa onorificenza.
Gradisca saluti cordiali,
Pasquino Galatino









mercoledì 30 giugno 2010

Inedito dantesco - 30 Giugno 2010

La scorsa notte mi è apparso in sogno Dante Alighieri. Avrei preferito, in tutta sincerità, altra e più appetibile epifania onirica.... magari Manuela Arcuri, oppure Laetitia Casta, mi sarei anche accontentato del Ministro Carfagna (merita, merita....), ma tant'è. Il Sommo Poeta ha voluto rendermi (indegno) latore d'un canto infernale inedito, che ho provveduto a trascrivere appena sveglio come fissato nella memoria vigile del mattino. Lascio ad appassionati dantisti il compito di decifrare i versi del Divino: infatti "il senso lor m'è duro". E chi sono io per provare ad interpretare Dante?


In loco ameno, nomato Salento,
col duca mio serenamente gìa,
quando le strida, il compianto, il lamento
ci mossero al mezzo de la via:

giunti eravamo in nobile cittade
però caduta in lenta agonia.
Furono ricche un tempo sue contrade;
li antichi Greci la disser Galatina.

Di quell’urbe e de le sue strade
nulla apparisce mò, se non ruina.
Di quel ch’ivi vedemmo, e distruzioni,
e ruberie e mala dottrina,

qui scriveremo sanza allusioni.
O Nicola, o Piero, che poeti
preclari siete per molte canzoni,
sostenete i vostri esegeti

con l’essemplo di vostre rime sparse.
Disveleremo li mali segreti
de la genìa di laide comparse
che fè strame de l’urbe di San Pietro.

Tosto che fummo ivi, lesta comparse
dinanzi a me, ed al mio duca dietro,
una che non pareaci pulzella
sì che ‘l maestro disse “Vade retro!”.

Tutto sembiava tranne quieta e bella.
“I’ son colei che volle Ruggero
di suo partito far locale ancella.
Furba scalzai un uom pulito e vero;

faccio le veci del primo cittadino”.
Questa ci mosse a disgusto sincero
con sue verba. Poscia a capo chino
riprendemmo mesti nostro andare.

“Appo quel loco che Raimondello Orsino
Prence del Balzo eresse ad altare
fan commercio d’i posti di comando”.
Verso noi diè inizio a parlare

femminea voce severa, e di rimando
rogammo lei: “Chi se’, alma gentile,
che tanto aperta vai argomentando?”.
“Quella son io che il dieciotto di aprile

ne l’aspra pugna non ebbe vittoria:
fui terza. Ed ora nel civile
urbano consiglio trovo mia gloria
nunciandovi vergogne e ruberie;

Daniela sono, e resti a la storia
di Galatina, che mai in bracerie,
com’altra fa, presterò mio intelletto.”
Indi si tacque. E nostre bramosie

di canoscer, con sommo dispetto,
altri nomi, altri guai, altra sventura
de la cittade che fu cuna e tetto
a uomini di scienza e di cultura,

fur satisfatte da scriba valente.
Fu elli, ed è, capitano di ventura
d’un essercito d’un solo combattente.
Pugna l’uomo in guisa singolare:

ogne nova diffonde prestamente,
che nulla resti ignoto, a disvelare
le violenze de la politica antica
poi che novella vuolsi appellare.

Ei ci menò ne la cittade amica
per quella porta ch’onora San Biagio.
Appena fummo ivi, come formica
che indugia alquanto, procedendo adagio,

nostri olfatti fur colti da ‘l fetore,
l’etterno lezzo, che sommo disagio
reca a le genti ch’ivi han dimore.
E noi a lui: “Favella, Raimondo,

chi colpa, chi crea tale orrore,
chi a questa civitate così immondo
genera danno?” Ei per chiare parole:
“In queste calli, non v’el nascondo,

per vizio antico, mala gente suole
di pattume, scarti et altra fetenzia
farne cumulo. E poscia si vuole
che resti ripulita ogne via

come che sia in oppido onesto.
Ma andiamo oltre”. E quale sia
duce che guidi schiera, pur questo
gran condottiero ambo ci mena

per uno stretto calle che dissesto
fu sempiterno, fando triste scena,
d’incuria e di nequizia. E, come dico,
poi a la “Chiazza” ove s’incatena

Chiesa Matrice a quel borgo antico
che porta nostri passi al bel palazzo
là ‘ve nuovo governo impudico
a’ congiunti, a’ vassalli diè sollazzo.

Non fu primo né ultimo a tal fatta:
che pria che questo, di simile andazzo
menava vanto compagine disfatta,
e pria di questa ancor d’altre disgrazie

patì nostra cittade. A rima esatta
chiudo il mio dire, anco per dir “grazie”
al paziente lettore di tal verso.
E quinci fien le nostre ricchie sazie.

sabato 19 giugno 2010

Nihil novi sub sole - 19 Giugno 2010

Nihil novi sub sole



Nulla di nuovo sotto il sole. Abbiamo sbagliato: spiace ammettere l’errore, non tanto per la fiducia preventiva accordata alle persone, ma per l’amara constatazione che si continua a sperare ed illudersi, pur alla nostra veneranda età. Il carico di anni, e l’esperienza di cose ed uomini, invece avrebbe dovuto consigliarci maggiore prudenza. Dovevamo dar retta ai “grilli parlanti” che suggerivano diffidenza e che ora rimarcano il concetto: ”Te l’avevo detto, che finiva così!”. Avremmo forse dovuto unirci agli scettici che, facili profeti, immaginavano quello che sarebbe avvenuto. Vero Professore?

Poco importa adesso chiedersi se siano questi uomini e queste donne la causa, o non invece un sistema di regole che, mutatis mutandis, porta inevitabilmente le stesse conseguenze negative anche con persone diverse.

Magra consolazione, prendere atto che riusciamo ancora ad indignarci per quello che vediamo; ed arrossire di noi stessi e della nostra ingenuità, sintomi di una sensibilità fuori corso, dati i tempi. Delicatezze caratteriali che ora ci appaiono lussi insostenibili.

Esattamente come quella tassa RSU che diligentemente abbiamo pagato nei termini, e che è contrappunto ironico alle montagne di spazzatura indifferenziata che ingigantiscono per strada, oppure (volendo insistere sulla vexata quaestio) ai modi e metodi di designazione dei consiglieri CSA.

Siamo talmente nauseati dal “peggio” che avanza nell’indifferenza quasi generale, da non riuscire neanche più a sgranare la mesta litania dei problemi che c’erano due anni fa e ci sono tutti, irrisolti. Perché ci accorgiamo di propinare ciclicamente questa fastidiosa katamenia senza che nulla cambi.

Professore, Lei aveva ragione. Almeno questo, onestamente, riconosco di doverLe.

Con maggiore stima,

Pasquino Galatino

venerdì 18 giugno 2010

Anagrammi - 16 Giugno 2010

Anagrammi



Smontino ente celebrata!

Cambierete nonne stolte?

Sono mentite, celebrante!

Lotte, non ne scambierete…

Te celebrata, non me stoni!

Insonne, al brace metto te…

In barca lo mettete, senno!

Te insonne, cala tre tombe…



Indovinino i nostri affezionati Lettori su che cosa stiamo giocando.



Pasquino Galatino

venerdì 11 giugno 2010

Il Galatino Anno XLIII n° 11 dell 11 Giugno 2010

Inedito di Gogol’

Entusiasmo nel mondo accademico: rinvenuto casualmente durante lavori di manutenzione nella biblioteca di S. Pietroburgo un manoscritto autografo di Nikolaj Vasil'evič Gogol', il grande autore di origine ucraina, maestro del paradossale.
“L’eredità della contessa Alexandra Antonova”, questo il titolo del racconto, purtroppo non completo. Un articolo documentato della “Literaturnaja Gazeta” ci anticipa trama ed interpreti prima della pubblicazione definitiva: si tratta del classico intreccio psicologico, ai confini dell’assurdo, tanto ben indagato dallo scrittore vissuto anche a Roma per qualche anno. Il breve romanzo è ambientato in uno studio di Mosca, dove alcuni eredi attendono che il notaio dia lettura del testamento di una nobile.
Mirabile è la descrizione dei caratteri, che siamo spinti ad apprezzare nelle loro virtù e debolezze pagina per pagina, ed in cui capita anche di riconoscersi: ad esempio quello del principe Dinija Valenskji, giornalista esperto di percezioni extrasensoriali, ed amico devoto e confidente della defunta. Il quale racconta commosso ai convenuti come la contessa gli appaia in sogno, rilasciando dichiarazioni sibilline, variamente interpretate dai presenti in chiave esoterica.
O la tronfia vanagloria di Sergej Blas’evič, capitano degli ussari di Nikita II Vendolskji; ed ancora la memore riconoscenza alla nobile scomparsa da parte di Luis Serg’evič Martignanskji, oscuro amministratore dei beni della Antonova, da questa munificamente ricompensato.
In tutti traspare la ben nota “nostalgjia” per i bei tempi andati ed il disprezzo per le nuove classi sociali reazionarie ed incolte che si affacciano al mondo, evento politico che è prodromo di una rivoluzione ancora lontana ma presente in nuce nella coscienza collettiva dell’epoca.
Il racconto, come detto, è incompleto; non conosceremo mai le reazioni degli eredi alla lettura del testamento, quando un notaio dal volto imperturbabile comunica il passivo dell’eredità: un milione duecentomila rubli, per tasse non pagate. Qui s’interrompe infatti la breve novella gogoliana.

sabato 29 maggio 2010

Il Galatino anno XLIII n° 10 del 28 Maggio 2010

Da 25 anni una coppia di cari amici stranieri trascorre le vacanze nel Salento. Più volte l’anno i due freschi pensionati prendono residenza tra Gallipoli e Leuca, tanto da spingermi scherzosamente a conferire loro la “nazionalità” salentina honoris causa. L’attribuzione sembra compiacere in particolare il mio amico, rapito dalle bellezze architettoniche ed artistiche leccesi, e conoscitore profondo della Basilica Cateriniana, della quale potrebbe indicare autore, scuola ed epoca degli affreschi con maggior precisione della gran parte di noi stessi Galatinesi.
Una sera della scorsa estate si chiacchierava seduti ai tavolini del bar in piazza. Gli amici facevano notare il contrasto stridente, ictu oculi, tra la ricchezza delle architetture storiche racchiuse nel centro antico, vestigia di un passato splendido dal punto di vista culturale ed economico, ed il dimesso grigiore dell’edilizia pubblica e privata post-unitaria e repubblicana. Non avendo argomenti per controbattere, ho annuito malinconicamente. Per poi spiegare, sic et simpliciter, con due parole strozzate in gola dalla rabbia, che purtroppo i 150 anni di unità questo hanno portato: la sistematica e continua devastazione economica, etnica e culturale di un intero territorio in favore di un altro, opera “civilizzatrice” che prosegue ai giorni nostri in maniera più subdola. Per informazioni chiedere a Tremonti, Brunetta e Gelmini.
Non ho voluto annoiare gli amici raccontando quel che dimostra per tabulas, con dovizia di particolari tratti da fonti autorevoli, Pino Aprile, autore di “Terroni”, testo da consigliare caldamente. È un libro rivoluzionario per tesi ed argomento, che sto leggendo lentamente, al contrario delle mie abitudini, non perché non mi appassioni: però devo assimilarne l’indignazione goccia a goccia come un veleno, in un esercizio di mitridatizzazione mentale. È un intimo lavoro di autodisciplina, necessario per convertire in positivo la rabbia causata dalla lettura di quelle pagine dolorose. Significa superare la fase della consapevolezza delle violenze secolari subìte dal nostro Sud, per immaginare un cammino di autonomia ed emancipazione svincolato dai soliti padrinaggi politici di ogni colore, che ormai tutti identifichiamo come palla al piede del Meridione d’Italia. Ed essere d’accordo, paradossalmente!, coi “duri e puri” della Lega se chiedono la secessione… che intelligenti politici meridionalisti vedono come un’ipotesi opportuna in termini di dignità, autodeterminazione e sviluppo. Difficile confutarli dopo aver interpretato, con non poche difficoltà semantiche, alcuni “pensieri” (borborigmi a bassa frequenza, in realtà) di Bossi junior e consimili esemplari della superiore razza padana; scegliendo di non essere governati, in un futuro prossimo, da intellettuali di siffatta levatura. Pericolo tutt’altro che remoto.
A questo Vostro dichiarato estremista piacerebbe che il libro di cui parliamo, tra tanti superflui, fosse invece adottato nelle scuole meridionali quale utile saggio storico da studiare con attenzione. Magari tra qualche decennio potrebbe sembrare anacronistico l’umorismo amaro del nostro Melanton, quando con mirabile arguzia nella vignetta in prima pagina raffigura il Sud come un osso spolpato.







venerdì 28 maggio 2010

Fenomenologia del tamarro - 28 Maggio 2010

Fenomenologia del tamarro

Chi è il tamarro? In quanti e quali modi emerge la coattitudine?
Potrebbero sembrare questioni di secondaria importanza, al confronto con argomenti esiziali per la corretta, fisiologica evoluzione del dibattito culturale, quali ad esempio la natura dei rapporti intercorrenti tra un Premier europeo ed alcune giovani dall’approccio veloce e disinibito, accidentalmente definite Ministro. Ricerca di profilo alto e nobili intenti in cui tabloid scandalistici fanno scuola e dottrina, non avendo emuli degni di tanto esempio, ma entusiasti esegeti televisivi a Rai 2.
Opportuno in questa sede limitare invece lo studio alla diffusione, non più underground, della cultura burina, che imperversa sui media, nelle scuole, per strada: lo ‘nzallo è tra noi, ed è organismo biologico di prolificità esponenziale. Pervade ogni spazio, efficace come un estintore soffoca ogni fiammella d’ intelligenza.
Quando definiamo kitsch la nostrana ‘nzalleria, le attribuiamo con l’abusato vocabolo germanico una patente di eccellenza culturale, un ipotetico valore rivoluzionario. È sovrappiù di giudizio, perché poniamo lo zambaro su un piedistallo, trasformiamo il tristo figuro in un fervido innovatore dei costumi, un dannunziano ante litteram. È il buzzurro che diventa celebrità televisiva da seminario mariano (inteso come “Amici di Maria”), maestro del pensiero debole e del cogitare malaticcio, esponente ultimo della “cultura popolare”. L’eloquio incerto, meglio descritto come raffica di fonemi indistinti, pone il tamarro al gradino più basso nelle capacità comunicative tra gli esseri viventi, allo stesso livello dell’ameba primordiale.
Ha suoi canoni estetici, possiede codici comportamentali il soggetto truzzo, che ci consentano di riconoscerlo al primo sguardo? Oppure ci si deve affidare al fiuto, al personale gusto del bello? Potrebbe essere il giovane alla guida di un catorcio anni ’80, trasformato in discoteca ambulante da 2000 watt e 200 decibel, gioia dei nostri pomeriggi estivi che vorremmo dedicare alla siesta. Se dubitiamo, con ragione, che dietro gli occhiali con montatura bianca, stile Lina Wertmuller, conduca vita stentata una decina di sinapsi sopravvissute alla nevicata quotidiana, tratteniamoci però dall’invitare il ragazzo a trasferirsi lontano, per la delizia di altrui timpani, magari al mare, alle “Canne”. L’esortazione potrebbe essere scambiata per una fraterna offerta di “fumo”. Non ci resta allora che armarci di tamburello e partecipare obtorto collo all’improvvisato taranta party nel giardinetto pubblico dietro casa.
Che sia forse incarnato dal politico locale, avvezzo a trasformismi degni del miglior Fregoli, passato indenne ed inaffondabile tra innumerevoli naufragi amministrativi? Quello che abbia partecipato a mille e più battaglie politiche, sotto altrettante bandiere, ma in nome della coerenza e di un fantomatico ma sempre invocato bene collettivo? Si mostrerebbe in quel caso la figura nota del milordino di partito in blazer blu, recante un pelo sullo stomaco di non comune lunghezza.
Ma non si creda che la tamarraggine sia fenomeno esclusivamente locale: si legge infatti di un episodio verificatosi di recente a Kaltein, ameno paesino del Sud Tirolo. È avvenuto dunque che tale Frau Dietlinde, bauerin (allevatrice) del luogo, sia stata eletta al Gemeinderat (consiglio comunale). Smesso il tradizionale dirndl di lana grezza verde, la signora ha indossato vestiti griffati ed ha preso il posto assegnatole. Le cronache però riferiscono che, venuti meno alcuni voti di coalizione per una figura importante da lei suggerita, la virago si sia esibita contro i suoi stessi alleati in una performance più adatta alle odorose stalle montane che alla severità del luogo e del ruolo istituzionale: incarnando il prototipo della turbonzalla teutonica.
Con grandissimo imbarazzo dei presenti e del Bürgermeister (sindaco), che descrivono persona pacata e ragionevole.
Questo è avvenuto, caro Professore, tra ridenti pascoli dolomitici, giammai nella nostra elegante Galatina.
Cordialmente La saluto,
Pasquino Galatino

domenica 23 maggio 2010

Peppino Spoti a PG - 23 Maggio 2010

Egregio sig. Pasquino,
le lettere pubblicate sul sito internet Galatina.it a sua firma, nei giorni 28 aprile e 12 maggio u.s. e, le risposte date dal direttore del sito Galatina.it alle sue due missive, hanno suscitato una meditata riflessione da parte del sottoscritto, che mi appresto, così, ad esternare.
Innanzitutto la ringrazio per la vena di ottimismo che traspare dai suoi due scritti; mi ha colpito in modo particolare l’uso della metafora che ne riempie in modo ricorrente il contenuto.
“Cicogne”, “aquile”, “paduli”, “forbici de puta” sono termini più che allusivi. Proviamo a darvi una interpretazione esplicita e pertinente.
Non c’è dubbio come sostiene il direttore di Galatina.it che non sempre chi viene suffragato dal consenso elettorale, si rivela poi saggio amministratore. Il cittadino elettore è portato molto spesso ed in modo istintivo a fidarsi del candidato prescelto e, quindi, a sostenerlo con il proprio voto. Guai però a quell’Amministratore Pubblico che viene meno alle promesse fatte, che delude e mortifica il proprio elettorato per indegnità, per incapacità, negligenza ed arroganza. In questi casi, come si usa dire, “si brucia da sé”, è politicamente finito! Peppino (senza ricorso a metafore di sorta), ha accumulato al suo attivo un corposo bagaglio di consenso elettorale, il che significa, penso, che qualcosa di positivo ha fatto finora ed è impegnato e ben disposto a continuare a fare, oggi più che mai, dopo l’ulteriore recente affermazione elettorale, tanto clamorosa quanto carica di responsabilità.
Si può, pertanto, ben sperare che, senza timori di sorta, possa, di concerto con gli altri (Giancarlo in primis) assumere nelle proprie mani, “forbici de puta”, per effettuare quella potatura di rami secchi, dannosi ed improduttivi, indispensabile per una rigenerazione produttiva nella gestione della cosa pubblica, così come è nelle aspettative di un si grande numero di cittadini, che hanno inteso con il proprio voto, assecondare una svolta innovativa nel governo della Città.
Peppino c’è, Giancarlo (mi permetto di accomunarli) spero ci sia. Insieme non hanno certo la presunzione di volare come “aquile”, ma sicuramente (si mettano l’anima in pace quanti sperano il contrario) ce la metteranno tutta per volare in alto quali splendide cicogne e non come “temutissimi paduli neri rapaci dal volo radente”. L’ottimismo della ragione induce a sperare che il cielo della nostra Città (per restare nella metafora) possa essere solcato da una splendida cicogna, per così spazzare definitivamente la presenza di paduli resi ancora più neri e rapaci perché pieni di odio, rancore e invidia per le ripetute sconfitte e per l’incapacità ad affermarsi in alcunché, capaci solo di persistere nel ricercare in altri, comportamenti di vita da parassiti, senza accorgersi di esserne, proprio essi, oscuri esemplari.

Galatina 23 maggio 2010

Peppino Spoti

sabato 15 maggio 2010

Furbici de puta - 15 Maggio 2010

Gentile Professore,
ci insegnano i nostri padri che la potatura degli alberi è un’arte vera e propria, che coniuga estetica ed efficienza. Ritenuta a torto da alcuni un compito minore delle occupazioni agresti, invece per i contadini capaci è un momento fondamentale della coltivazione. L’olivo sfrondato dei rami secchi e improduttivi si alleggerisce, respira, si nutre più efficacemente della linfa per rinforzarsi e preparare fioritura e fruttazione. Va detto che la cenere prodotta dalla combustione di foglie secche e rametti costituisce un ottimo concime naturale. Qualcuno ha introdotto la cosiddetta “rimonda barese”, che consiste nel tagliare i rami più alti per agevolare la raccolta delle olive.
Fabella docet, salutiamo ancora Giancarlo e Peppino ed auguriamo buon lavoro ad entrambi ed alla loro squadra. Lo spoil system è una potatura razionale, intelligente, dell’organigramma comunale: la nostra riconoscenza vada a quello dei due che impugnerà con mano sicura e coraggio cesoie e furbici de puta.
Cordialmente


venerdì 14 maggio 2010

Il Galatino anno XLIII n° 9 del 14 Maggio 2010

Emergenze cittadine
L’interesse suscitato dall’editoriale del nostro Direttore nel precedente numero de “il Galatino”, con oggetto una libera interpretazione dello stemma civico sulla balaustra laterale della Chiesa Madre, è una polemica oziosa solo in apparenza. Perché mette sotto accusa un approccio alla storia cittadina talvolta superficiale ed irrispettoso: e sappiamo che quel simbolo non è decorazione insignificante ma vessillo araldico della civitas Galatinese. Facile concludere che il pressappochismo mostrato spesso nell’amministrare la cosa pubblica abbia trovato degno emblema nella balaustra traforata erroneamente.
Perciò vorremmo che il nascente Governo cittadino costituisse un punto di rottura con la politica del laissez faire nell’osservanza del decoro urbano in generale: ma soprattutto nella gestione della raccolta e smaltimento dei rifiuti. Un recente decreto governativo mette in dubbio la legittimità delle ATO, e non sappiamo con esattezza quali conseguenze potrà avere questa decisione. Dovranno comunque essere risolti i problemi esistenti, come l’estensione all’intero territorio comunale della raccolta differenziata porta-a-porta e conseguente eliminazione dei cassonetti.
Non è pensabile, esempio fra i tanti, che in via Pascoli, a pochi passi dal centralissimo corso Luce, un rudere fatiscente adibito a parcheggio sia “nobilitato” ulteriormente da 3 maleodoranti contenitori. Nè si può ancora tollerare che l’inciviltà di pochi continui impunita col deposito, fuori orario e fuori dai bidoncini familiari, delle buste di pattume negli spazi pubblici, alla portata di animali randagi. Ma soprattutto bisogna porre un freno definitivo all’abbandono di gomme d’auto, materassi e rifiuti ingombranti persino in zone centrali e frequentate.
Tutto questo è indegno di una Città che voglia definirsi civile, e tale voglia mostrarsi anche ai visitatori che porterà la stagione estiva ormai prossima. Ci umilia ascoltare i commenti ironici dei turisti che, dopo aver ammirato la Basilica ed il centro antico, affrontano la visione disgustosa della sporcizia abbandonata. Si faccia informazione nelle scuole e nelle famiglie, poi si sanzioni chi non rispetta le regole.
Ed infine, punctum dolens, è assolutamente necessario programmare un monitoraggio continuo, sistematico, della qualità dell’aria e dell’ambiente. Nella nostra zona la percentuale di malati e morti per cancro, purtroppo anche giovani, è superiore in maniera significativa rispetto alla media nazionale. Le cause si sospettano e si sussurrano a bassa voce. Si abbia il coraggio di fare chiarezza, Autorità cittadine, ASL e Rappresentanze sociali insieme, ognuno secondo i propri compiti istituzionali.



domenica 9 maggio 2010

Cornuto e mazziato - 8 Maggio 2010

Festeggeremo tra pochi mesi il 150° dell’Unità d’Italia. Lo spirito è quello, ben dipinto nei film di guapparia, delle feste di matrimonio nelle quali tra i parenti degli sposi non corre buon sangue. Sorrisi di circostanza che mascherano rancori e vecchie ruggini.
Bossi afferma che il Nord non ha mai voluto l’Unità. Benedetto uomo, “se ce lo dicevate prima!” (parafrasando Enzo Jannacci).
Neanche noi eravamo entusiasti, a dire il vero. In cambio delle promesse disattese di liberare il Meridione dalle angherie feudali dei baroni, di portare la civiltà (quanti delitti in suo nome!), i “patrioti” ripulirono il Banco di Napoli dall’oro, subito trafugato in Piemonte per ripianare gli ingenti debiti contratti dai Savoia per la loro guerricciola domestica. Le truppe fedeli al Re Borbone diventarono da un giorno all’altro “il triste fenomeno del brigantaggio”, come recitano didascalicamente sussidiari di quinta classe e testi di storia di medie e superiori.
Nessun cenno alle stragi di civili, all’emigrazione forzata, alla sistematica predazione della florida economia autarchica del Regno delle Due Sicilie. Sospetto che risalga a quel periodo il detto “Cornuto, mazziato e cacciato di casa”, l’amaro sarcasmo sudista che dissacra ogni cosa.
Nunc est bibendum, allora si festeggi: sollecitato dalle pressioni del Presidente della Repubblica, il Governo ha già stanziato cospicue somme per rievocazioni storiche e convegni. La speranza è almeno quella di non essere sommersi dal profluvio retorico risorgimentale. Vuota magniloquenza dalla erre moscia con cui flagellava i nostri padiglioni auricolari l’ex Presidente “Severo Monito” (quello del “Non ci sto!” a reti unificate). Del quale i sermoni quirinalizi trovano uso estemporaneo nei manuali di medicina alternativa, al capitolo “Rimedi naturali contro la stipsi ostinata”: ascoltare due volte al dì, dopo i pasti.
Se proprio si deve celebrare, lo si faccia rileggendo onestamente il processo unitario, un’impresa coloniale perpetrata con inganno e violenza. Sarebbe un modo per esorcizzare la balcanizzazione prossima ventura del nostro Paese.

venerdì 30 aprile 2010

Il Galatino anno LXIII n° 8 del 30 Aprile 2010

- S. Michele a braccetto di S. Pietro -

L’elaborazione della sconfitta è un processo psicologico necessario ma difficile: richiede distacco e consapevolezza dei propri errori. Dopo una fredda analisi dei dati di voto, ci si dovrebbe interrogare sull’ubi consistam, “dove mi trovo”. Incremento o decremento del consenso, percentuale di realizzazione del programma proposto, opinione dei Cittadini sul governo della Città in termini di coerenza ed efficacia amministrativa.
Se si accetta che gli elettori abbiano sempre ragione quali che siano le loro scelte, ne deve conseguire che ad aver sbagliato in qualche modo siano le forze politiche uscite perdenti dal confronto.
Dopo i commenti post-elettorali, le opposizioni attendono in silenzio la proclamazione di consiglieri comunali ed assessori, e l’insediamento della nuova giunta. Con isolate eccezioni: a mano mancina, alcuni hanno criticato apertamente pur se a titolo personale l’aiuto al Sindaco venuto da un esponente della propria parte; e paventano improbabili do ut des, con un sarcasmo acidulo che induce al sorriso ma forse cela un genuino galatinese “uschiore”.
Si accusa apertamente una Signora (autrice celebrata di eccentrici comunicati stampa) perché, mollati i freni inibitori, avrebbe appoggiato il candidato Sindaco già avversario al primo turno con un “innaturale” abbraccio politico. Poi concretizzatosi fisicamente coram populo in piazza S. Michele, con seguito di lacrime di commozione: “Abbiamo vinto!”…
Credo che su questa episodica alleanza lo studio debba essere metapolitico, anzi precisamente antropologico. Chi conosce il milieu della frazione più popolosa di Galatina sa perfettamente che la forza di questi nostri Concittadini è frutto di estrema coesione, compattezza, solidarietà. Virtù che all’occorrenza prevalgono sullo schieramento partitico, come si è visto; e che forse difettano a noi Galatinesi.
Il nuovo Sindaco è una brava persona, esattamente quanto i competitori sconfitti. I segnali concreti di disponibilità all’ascolto, l’apertura al dialogo pragmatico e non pregiudiziale con l’opposizione, la volontà dichiarata di portare a termine i progetti ritenuti utili ereditati dalla precedente amministrazione: sono passi iniziali che favoriscono la cauta benevolenza dell’opinione pubblica.
Un quadro più preciso scaturirà dal giudizio sullo spessore umano e politico, e sul dinamismo del futuro esecutivo; sulla cui formazione il Primo Cittadino sembra mostrarsi tetragono ai “suggerimenti”.
E fa bene: un atteggiamento diverso sarebbe censurato severamente.




La cicogna e gli uccelli paduli - 29 Aprile 2010

Gentilissimo Professore,
Le racconto un episodio minimo di cui sono stato testimone.
Percorrevo in auto questa mattina lo svincolo che dall’Aeroporto Militare porta alla superstrada Gallipoli-Lecce. All’improvviso una enorme ombra bianca si è alzata dai campi spiegando le ali ed ha attraversato a pochi metri d’altezza la mia corsia: era uno splendido esemplare di cicogna. Chi era con me, dopo un attimo di perplessità, ha confermato. Era precisamente il grande volatile, che non ho mai visto prima nelle nostre zone; credo infatti che non faccia parte dell’avifauna stanziale del Salento, è probabile che l’esemplare avvistato fosse soltanto di passaggio.
Per mia natura cerco sempre di interpretare i piccoli e grandi avvenimenti della vita traendone spunti di riflessione.
Converrà con me, caro Professore, che i paduli, temutissimi neri rapaci dal volo radente, già oggetto di ironie pasquiniane, sembrano non imperversare più per i cieli galatinesi. Mi piace pensare che una pacifica cicogna dal piumaggio candido li abbia allontanati per sempre.
La saluto cordialmente!

venerdì 16 aprile 2010

Il Galatino anno XLIII n° 7 del 16 Aprile 2010

In bocca al lupo, autista, ed occhio alla strada
Ed ecco che abbiamo un pilota nuovo, scelto tra cinque concorrenti dopo accurata selezione. Temprato dalla competizione coi colleghi, è un tipo pugnace; al momento questa è la dote più importante per noi. Tuta ignifuga, guanti e casco: tutto perfetto, nel classico fiammante “rosso Ferrari”.
C’è un problema, però: ai nastri di partenza non lo attende l’abitacolo angusto di una Formula 1, gli stiamo affidando lo sterzo di un arrugginito OM Tigrotto, un autocarro degli anni ’60, quelli sempre stracarichi di masserizie, che a volte arrancano per le nostre vie seminando code e fumi nerastri di “nafta” incombusta. Per fortuna Alberto il meccanico ne ha curato con scrupolo la manutenzione per ben 7 mesi…merita un grazie per la sua competenza disinteressata, se il veicolo d’epoca esce oggi dal garage e tiene la strada, nonostante tutto.
Si comprende che non è una gara di velocità. Semmai bisogna condurre prudentemente la vecchia ferraglia a destinazione, cercando di non perdere il carico per via, e contando sul pochissimo gasolio rimasto nel serbatoio. Il compito non è facile, visto che in cabina di guida un giovanotto vivace pretenderebbe di suggerire percorso e velocità. Non solo, strada facendo son saliti altri passeggeri, approfittando della lentezza del camion e della generosità del conducente. È così, mai che si possa decidere itinerari e stile di guida in assoluta autonomia e sicurezza…è un copione già visto.
Nel recente passato, in troppi hanno tirato il freno a mano, qualcuno ha trafugato la merce dal cassone sostituendola con spazzatura pagata a peso d’oro. Altri ancora son saltati giù prima che lo sfiatato Tigrotto sbandasse ed uscisse fuori strada. Sedeva alla guida una ragazza simpatica, due mani gentili adatte ai ferri sterili più che ai rozzi comandi di un mezzo pesante, sbilanciato già in partenza.
Non vorremmo rivedere incidenti di percorso. Paghiamo tutto noi, carburante, manutenzione ed assicurazione: e la Compagnia ci avverte che stavolta non rifonderà più eventuali danni.
In bocca al lupo, autista, ed occhio alla strada.

martedì 13 aprile 2010

Ad angolo retto - 10 Aprile 2010

Leggo una critica del giovane De Donno e continuo a sperare: non tutti hanno mandato il cervello all’ammasso televisivo di Grandi Flagelli ed Isole degli Infami. È una gioia dello spirito constatare come si riesca ancora a stimolare un confronto sulle idee. Non aspettavo approvazione al mio dire, essendo fin troppo chiaro che scuola ed università preparano i migliori al ragionamento autonomo e brillante, però secondo le ben note liturgie della dottrina ufficiale. Per chi (come lo scrivente) vorrà farlo, ci sarà poi tempo e maturità per scartabellare con furia iconoclasta tra le pagine nascoste della storia ed approfondire fatti che è bene non siano divulgati, in ossequio alla cultura politica dominante. Ad esempio per festeggiare degnamente i 150 anni dell’Unità, scoprendo la barbarie savoiarda nel Meridione. Non sia mai che il Popolo bue prenda coscienza della verità vera, questa conturbante Salomè che si spoglia dei suoi sette veli solo per gli occhi di chi la desidera ardentemente.
Democrazia e dittatura, dunque. L’aborrito ventennio costituisce sempre la pietra di paragone per questi nostri felicissimi, democratici anni. Viviamo in un Paese libero della libera Europa: sulla cui costituzione, sulla cui moneta unica, sulle cui leggi sovrane e sovranazionali, nessuno però ha chiesto il nostro parere. Semplicemente, ci sono state imposte. Si chiami periodicamente il Popolo festante e votante a ratificare decisioni già prese a Roma, Bruxelles o Francoforte, gli si dia l’illusione di poter scegliere, mai con un referendum propositivo. Quello sarebbe un azzardo antidemocratico.
Dittatura e democrazia, allora, con una terza “d”, quella della dignità di un Popolo che è venerata memoria del passato. Se ne è avuto un sussulto flebile grazie ad un episodio scientemente sottovalutato della nostra storia, quello scontro di Sigonella che, a mente fredda, è il canto del cigno, la riabilitazione postuma di un ladrone tra ladroni molto peggiori di lui ma non altrettanto coraggiosi, perciò ancora a piede libero. La schiena ben dritta a difendere il diritto nazionale contro la prepotenza dell’alleato USA gli valse una congiura eterodiretta di palazzi politici e giudiziari mai abbastanza indagata, e la successiva deposizione; poi venne la morte in esilio. Furono i semi velenosi di quella farsa incompiuta che è stata “Mani Pulite”. Ad altro, che in difesa della Patria osò sfidare le usurocrazie angloamericane, ma con tempra morale ben superiore, il destino impose di pendere dalla tettoia di un distributore a Milano. La Società delle Nazioni (oggi ONU) gli rimproverava, prima con le sanzioni poi con la guerra, quella politica autarchica e coloniale che ai “buoni” (Inghilterra, Francia, Stati Uniti) era permessa con la violenza e senza troppe remore. Raccontano le cronache che non un centesimo cadde dalle tasche di quel cadavere penzolante.
Dignità, dicevamo: ma veniamo ai giorni nostri. Siamo in questa Europa bancaria e finanziaria, gigante economico, nano politico e militare. Però siamo tranquilli. La sicurezza dei nostri confini è affidata alle nostre Forze Armate ma anche, in outsourcing, alla paterna vigilanza americana con le sue basi sul nostro territorio. Compresa Vicenza, imposta agli stessi Vicentini recalcitranti.
È spiacevole ma necessario per il discorso complessivo che facciamo, ricordare l’episodio del Cermis. Un pilota dei marines di stanza ad Aviano, in vena di acrobazie, tranciò col suo jet il cavo di una funivia. Era il 3 febbraio 1998, morirono 20 persone in una cabina precipitata al suolo da 80 metri. Quel bravo cowboy tornò tranquillo al suo ranch, in barba alla Legge dello Stato ospitante. E si rinnovi pure il ricordo dell’eroe Nicola Calipari, stroncato da una sventagliata di mitra del “fuoco amico” americano in Iraq, mentre portava in salvo una giornalista italiana. Anche lì nessun colpevole affidato alla giustizia.
Non va bene turbare l’idillio coi nostri amici tanto premurosi e riconoscenti, verso di noi alleati fedeli sotto governi di ogni colore. Sempre pronti ad intervenire militarmente in difesa dei supremi interessi delle democrazie, tanto in Bosnia (esecutivo D’Alema) che in Afghanistan ed Iraq (governi Prodi e Berlusconi).
Si va a difendere la libertà: i giacimenti di petrolio sono un obiettivo secondario…
Alleati fedeli, di quella fedeltà un pochino vassalla e servile che tanto piace agli USA ed al loro nuovo presidente. Essendo democratico e nero, continuerà nella stessa politica estera aggressiva di chi lo ha preceduto, ma col lasciapassare della simpatia del giovane di colore che si è fatto da sé, per giungere al governo dell’Impero. Una spruzzatina di terzomondismo, due cucchiaini di demagogia, ed il cocktail è prontamente servito all’opinione pubblica mondiale. Giovandogli inoltre la compagnia di una moglie avvenente, come rimarcato dal nostro Premier, notoriamente sensibile ai richiami del gentil sesso.
Tanto affidabili noi Italiani, in veste di alleati e domestici, da meritare l’occhiuta attenzione elettronica di un sistema spionistico chiamato Echelon, di cui fanno parte anche l’immancabile Inghilterra ed altri Paesi anglofoni. Un grande orecchio satellitare che intercetta e decritta ogni singola trasmissione elettronica del Paese osservato, dalle e-mail alle telefonate via cavo o cellulare. Ogni argomento sensibile, comprese comunicazioni militari, segreti industriali ed altro, non è al riparo da questo sistema. Il che vuol dire, ad esempio, che le proprietà intellettuali e le scoperte italiane sono alla mercè dei nostri “amici”.
Sarebbe troppo lungo mostrare per tabulas cosa è davvero questa nostra democrazia di stampo occidentale, e troppo mi sono dilungato nelle mie farneticazioni. Ho approfittato della Vostra pazienza, ma volevo soltanto raccontare quel che si intuisce grazie ad un occhio allenato: appare una dittatura che impone il Nuovo Ordine Mondiale, facendoci balenare una libertà fittizia. Ma noi imperterriti, a combattere in corteo i fantasmi del passato, nel nome della sacra epopea resistenziale.
Terminiamo in allegria. I Giapponesi sono gente educata, ogni loro incontro inizia e si chiude con un inchino accennato con eleganza. Noi Italiani siamo politicamente ancora più corretti, le nostre riverenze agli alleati americani descrivono un angolo retto tra busto e gambe: a tutto vantaggio della dignità di cui si parlava dianzi.

lunedì 29 marzo 2010

Al capezzolo dell'Italia - 29 Marzo 2010

L’Italia è malata: politici di ogni colore accorrono al suo capezzale. O meglio al suo capezzolo.
Con le sole eccezioni di un poeta di Terlizzi e di un anchorman romano, i nostri rappresentanti apprezzano a larga maggioranza quel particolare dell’anatomia muliebre identificato dal sostantivo bisillabo che evoca la parte per il tutto.
Mossi da complicità virile, glissiamo sulle gesta erotiche dei maschi in auto blu. Le vicende boccaccesche degli onorevoli playboys ci insegnano che l’attività parlamentare provoca noia e solitudine, alleviate con sessioni di ginnastica da camera; e ricordano che il politico è pur sempre un uomo, biologicamente programmato alla trasmissione del patrimonio genetico. Compito in cui eccelle un impunito settantenne, a dispetto dell’anagrafe e scherno dell’alto ufficio istituzionale.
Si potrebbe allora supporre che “l’aula sorda e grigia” possieda virtù afrodisiache sconosciute ai tempi austeri della Prima Repubblica. Ne prendiamo atto, invidiosi dei generi di conforto che signore compiacenti dispensano ai fortunati destinatari.
Sovviene la ballata allegra del primo De Andrè, quel “Carlo Martello” che canta il ritorno in patria dell’eroe ansioso di dolcezze femminili, anche mercenarie.
Una delle tanto celebrate escort potrebbe raccontarci delle frequentazioni con i reduci dalle battaglie di Montecitorio o Palazzo Madama.
E farci scoprire la sua delusione dopo aver sognato un tête-à-tête col Sen. Carlo Magno, ritrovandosi poi in intima compagnia dell’On. Pipino il Breve.

venerdì 26 marzo 2010

Il Galatino anno XLIII n° 6 del 26 Marzo 2010

Il Male
Il Re del Mondo domina questo secolo, come il precedente. Sembriamo indifferenti alla presenza del male, non riusciamo a riconoscerne le manifestazioni terrene anche se evidenti.
Non crediamo sia naturale nell’uomo la propensione al male: piuttosto il libero arbitrio. La legge morale nella coscienza di ognuno di noi è richiamo universale ed eterno, ma a volte accade di lasciare consapevolmente che istinto e passioni ci allontanino dalla Via. Può succedere e succede anche ai Catoni contemporanei che, ritenendosi immuni dall’errore, giudicano il prossimo secondo un codice etico che dimenticano di applicare a sé stessi ed alle persone loro vicine. La cronaca recente è prodiga di esempi, ma indulgenza e pietas coi presuntuosi sono virtù che accomunano il credente e l’agnostico.
Abbiamo poi una visione limitata del male: lo riduciamo alla ribellione alle leggi della Natura, al sovvertimento delle regole che scandiscono la nostra vita e l’armonia del nostro habitat. In questo caos identifichiamo la volontà di dominio dell’Angelo decaduto, disordine nascosto dal progressivo evolvere della cosiddetta civiltà. Invece il male è fuori, intorno a noi, ma specularmente anche in interiore homine, forse nel relativismo al quale ci affidiamo come ad un sonno della ragione dolce e rassicurante.
Oportet quod Deus sit in omnibus rebus et intime”: oggi più che mai è necessario il Cristo in Croce per ridestarci, se ancora desideriamo accoglierne il messaggio.
Serena Pasqua a tutti.

lunedì 22 marzo 2010

O Italiani, io vi esorto alle Storie - 22 Marzo 2010

O Italiani, io vi esorto alle Storie
Il controllo della società può avvenire attraverso la gestione del livello della sua istruzione. È quello che avviene negli Stati Uniti e che da molti anni ormai si replica con successo anche in Italia ed in altri Paesi occidentali. Il modello americano prevede che la cultura media fornita dal sistema scolastico sia mediocre, in modo che la maggioranza della popolazione abbia conoscenze tecniche di qualità, necessarie e sufficienti ad un lavoro dignitosamente remunerato, ma non sia stimolo ad evadere intellettualmente dai propri ambiti ristretti. Al di fuori della competenza specifica di ognuno l’ignoranza deve mantenersi assoluta.
Agevola grandemente l’appiattimento del livello culturale anche la somministrazione di trasmissioni TV del genere cosiddetto “trash”, il cui effetto è un abbrutimento primordiale dei telespettatori. Programmazione televisiva che è complemento e contrappunto della lotta alla lettura di qualità. Troppo facile ricordare che leggere è un’attività mentale che allena a pensare, guardare la TV è qualcosa che si subisce passivamente.
Avere un popolo dal basso livello culturale consente una semplice manipolazione delle coscienze ed anche delle scelte politiche. Per scegliere infatti è necessario capire; e l’atto del capire (latino capio= prendo) consente di prendere conoscenza dei fatti, quindi svelare i meccanismi che consentono al Potere di perpetuarsi ed indirizzare il consenso. Si vede chiaramente che la conoscenza è quanto di più rivoluzionario si possa immaginare, e costituisce un pericolo reale per il Potere.
La conoscenza si ottiene con lo studio, mediante quella vitalità dell’intelletto che è il lievito del sapere. E non fa scienza, sanza lo ritener, l’aver inteso. Occorre quindi studiare e far proprio ciò che si è appreso. Dotarsi degli strumenti della propria emancipazione.
Queste le mie considerazioni dopo aver visto il Suo prezioso servizio sulla conferenza di don Raffaele Bruno all’IPSIA di Galatina.
Grazie, Professore, per questo suo contributo. Ad una settimana dalle elezioni, ci sono elementi per riflettere.

venerdì 12 marzo 2010

Il Galatino anno XLIII n° 5 del 12 Marzo 2010

All'amico Luigi caduto da cavallo
(liberamente ispirata da un'ode di Ugo Foscolo)
Ti siano di consolazione queste quattro righe affettuose, Amico caro.
È il destino che ha deciso così, non fartene un cruccio. Comunque rimarrà indelebile nella nostra memoria la Tua abilità nel domare destrieri bizzosi, quanto nel condurre al trotto docili giumente.
Ti ricordiamo tutti, giovane fantino alle prime armi, accostarti con timore alla nobile arte e rubare il mestiere ai cavalieri anziani: finalmente eri nella scuderia dei “Destrieri Crociati”, la più potente. Poi, come sappiamo, quel sodalizio si sciolse per cause di forza maggiore. La sua diaspora generò tanti piccoli maneggi, sparsi e litigiosi, immemori dell’antico splendore; ma durarono poco.
Chi andò a correre sotto le bandiere aristocratiche dei “Puledri della Libertà”, chi volle associarsi agli avversari di un tempo e portò orgogliosamente il vessillo del circolo vorace dei “Prodi Domatori”. Tu ne hai servito i colori sino a ieri. Non ti hanno voluto più, gli ingrati.
E raccontano che persino il club popolare chiamato “Sport Equestri Lancillotto” ti abbia negato una sella, dopo averTi illuso.
Non è bastata la Tua esperienza, temprata in tanti tornei prestigiosi, ad evitare questo disarcionamento inatteso ma, per fortuna, privo di conseguenze per la Tua incolumità. Credici, restando appiedato per il tempo della prossima quintana ritroverai l’equilibrio perduto.
Si è risparmiato, a noi ed a Te stesso, lo spettacolo patetico di un glorioso cavaliere assiso su un ronzino spelacchiato, Don Chisciotte domestico contro improbabili mulini a vento.
Ne stai guadagnando in salute e dignità.