giovedì 9 dicembre 2010

Il Galatino anno XLIII n° 20 del 10 dicembre 2010

Sulla Regione Salento

Un comitato ha raccolto firme e consensi in favore di un referendum per l’istituzione della Regione Salento. Il quorum necessario è stato raggiunto proprio mentre scrivo queste righe: ci esprimeremo noi elettori delle province di Brindisi, Lecce e Taranto, territorio che ricadrebbe sotto la giurisdizione di questo ente.
Bari è lontana quanto Roma, sostengono i promotori, non per distanza geografica. Essi fanno leva su un fondato sentimento di ribellione nei confronti del “baricentrismo”, che non è una teoria della fisica, ma quella scuola politica che, ad esempio, permette di destinare al capoluogo e dintorni il 70% delle assegnazioni comunitarie, contro il 30% relegato al resto della Puglia. A loro si obietta che a Bari le decisioni vengano concordate anche con i politici salentini che dovrebbero rappresentarci, Vice Presidente inclusa; e che comunque istituire un’altra regione comporterebbe ulteriore burocrazia, con sperpero di denaro pubblico. I fautori dell’iniziativa rispondono che molti dei nostri politici sono attualmente all’opposizione (quindi non influiscono sulle decisioni di spesa), e che non vi sarebbe necessità di assumere dipendenti, potendosi formare l’ossatura del costituendo nuovo organismo con gli impiegati e funzionari salentini già in forza al carrozzone di via Capruzzi. In sostanza, si tratterebbe di uno “spostamento”, in italiano corrente.
Va registrata l’opposizione al progetto di alcuni grossi calibri pugliesi e salentini di varia appartenenza, timorosi di veder dimezzato il loro potere di contrattazione elettorale a Roma. Disquisiamo evidentemente di bassa cucina politica.
Il mio modesto parere è pro Regione Salento. Innanzitutto vedo con favore le forme di espressione popolare che consentano ai cittadini di decidere sulle questioni che li riguardano, senza mediazioni: ed il referendum è una di quelle. In secondo luogo, per ragioni storiche e culturali, Salento e Puglia unite costituiscono una forzatura burocratica piuttosto recente: senza andare troppo indietro nel tempo, ai Dauni, Peucezi e Messapi, si ricordi l’attuale Puglia suddivisa ab antiquo in Capitanata, Terra di Bari e Terra d’Otranto (Costituzioni di Melfi, Federico II di Svevia, anno 1231). Una ripartizione che ha funzionato bene per secoli e che è stata cancellata prima con la (mala)unità, poi nel secondo dopoguerra con l’avallo decisivo di Aldo Moro, magliese di nascita ma barese adottivo, per meri interessi di bottega elettorale. Infine e soprattutto, una regione più piccola può essere più vicina alle esigenze della popolazione che va a servire.
Il Salento autonomo: questo voleva l’on. Codacci Pisanelli. A sua gloria postuma e nostro beneficio, il suo progetto potrebbe avverarsi presto, secondo volontà popolare.

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