venerdì 23 novembre 2012

Il Galatino anno XLV n° 19 del 23 Novembre 2012


Delitto e castigo

Per adesso, le piazze si limitano alle castime. Ma alla fine di questa guerra finanziaria non dichiarata, portata avanti da strateghi d’oltremanica ed oltreoceano, occorrerà farsi largo tra le macerie del IV Reich di Adolfa Merkel ed allestire una “Norimberga” per l’obbediente servitù italica della più grande truffa della storia: la crisi. Quelli che ancora oggi vengono incensati come padri nobili di certa parte politica, dovranno comparire alla sbarra e rispondere di crimini contro il Popolo, vigliaccheria ed alto tradimento. Non è il caso di far nomi, per due motivi: i brutti ceffi comandano ancora e noi “teniamo famiglia”; inoltre possiamo immaginare, sulle gazzette ufficiali e nelle tv del pensiero unico, le scomuniche e gli alti lai delle sacerdotesse dell’euro-europeismo “che infiniti addusse lutti” (meno che in Grecia, come puntualizza il bravo ragioniere delle banche d’affari loschi): penosa litania da evitare nell’ottica della profilassi dell’orchite.Ora, siccome i tempi sono cambiati, e noi Italiani siamo sì democratici, ma un gradino sotto (nella scala di “valori” occidentali) ai paesi vincitori che misero al muro i gerarchi nazifascisti; e siccome siamo contrari alla pena di morte che pure oggi a noi viene inflitta “via Equitalia”, sarebbe clemente ed opportuno contrappasso per questi ominicchi risalire "in disordine e senza speranza le valli" televisive "che avevano disceso con orgogliosa sicurezza", e rendere pubbliche nei particolari le loro malefatte dal 1992 in poi.
Fare i nomi dei mandanti, restituire il malloppo, i 30 denari arraffati vendendo i propri connazionali all'usura delle banche centrali. E poi sparire tutti nell'ignominia degli esuli, inclusa la dorata progenie per niente choosy grazie alle amicizie di papy e mamy.
Resterà una questione: cosa fare dei cani da guardia del regime, i manganellatori di pacifici dimostranti. Forse un percorso di recupero in fabbrica, nelle scuole e negli ospizi, potrebbe essere punizione mite ed esemplare.
Addavenì.

venerdì 9 novembre 2012

Il Galatino anno XLV n° 18 del 9 Novembre 2012


Er popolo e l’usurocrazia

Ner paese di Bengodi, un ber giorno er dittatore
proclamò per presidente un famoso truffatore.
Colla scusa della crisi, quell’ignobile usuraro
raddoppiò tutte le tasse contr’er popolo somaro.
“Nun c’a famo, semo stanchi!”, scenne in piazza er popolino
sfila insieme lo studente, l’operaio, er netturbino,
l’insegnante, l’artiggiano, er tassista, er pensionato.
Er governo se ne fotte e s’intorta er sindacato.
Non contento, manna pure a sedare la sommossa
celerini e polizziotti che je rompeno le ossa.
“A Bengodi tutto bene, viva viva superMario!”
anche i media sono schiavi der padrone dell’erario.
Te la dice zi’ Pasquino la morale der sermone:
se la banca c’ha i governi, nun se fa rivoluzione.