venerdì 22 marzo 2013

Il Galatino anno XLVI n° 6 del 22 Marzo 2013


Dalla Pampa con Amore

Il collezionista di senatori (3 milioni cadauno, all’ingrosso) dichiara, stavolta con qualche fondamento, di “non poter vedere” i magistrati del tribunale di Milano. Anche l’ultimo dei cittadini – digiuno di oculistica, come i più– è stato ampiamente informato sulla uveite e sugli impedimenti legali derivanti dalla patologia oftalmica che, per primo chi scrive, dal nome avremmo facilmente scambiato per un liquore alla frutta: “Un bicchierino di uveite?” “Grazie signora, sono astemio, come se avessi gradito”.
In contrasto evidente con le stucchevoli liturgie politiche da basso impero, porta una ventata di freschezza quel quivis de populo venuto dalla “fine del mondo”, che nel nome e nei primi gesti da Pontefice si ispira al poverello d’Assisi. I rumours vaticani raccontano che, alla prima vestizione, abbia rifiutato la mozzetta, la stola rossa bordata d’ermellino cara al suo predecessore, con una frase significativa: “È finito il carnevale”, e si sia presentato al balcone ornato solo di una croce di metallo vile. Uno schiaffo morale per qualche cardinale di Santa Romana Chiesa che usa spostarsi a bordo di una Bentley da 200.000 euro con autista.
Apprendiamo pure che l’ultimo successore di Pietro intende guidare una Chiesa povera per i poveri. Santità, Vi basterà varcare le mura leonine ed il Vostro desiderio potrà facilmente realizzarsi: qui in Italia la dittatura degli usurai (non più umana di quella che Voi avete conosciuto in patria) ha realizzato la società ideale per il Vostro Santo Magistero, con 59 milioni di indigenti. Il milione restante prospera grazie a politica e malavita, che coincidono, a queste latitudini.

venerdì 8 marzo 2013

Il Galatino anno XLVI n° 5 dell'8 Marzo 2013


Troppi grilli per la testa

Nell’ultima edizione di questo foglio ho ironizzato sullo spot di un partito, parlando di voto inutile. Conclusi i ludi cartacei, non ho cambiato idea. Le alte cariche istituzionali svolazzano giulive tra Washington e Berlino, come garrule lindaneddhre, per farsi imbeccare la linea politica. Sembra che il responso delle urne dispiaccia ad Adolfa Merkel ed Obama, preoccupati che le loro iene siano bloccate nel lugubre spolpamento della carogna italica. Ma parte dell’elettorato “ha deciso di decidere” in autonomia beffandosi dello spread e delle neanche tanto velate minacce degli eurocrati: il mamau della (presunta) governabilità e del rischio default non funziona più, certo larga percentuale dei votanti ignora felicemente i media di regime che hanno esaltato Mariuolo ed i suoi compagni di merende. Effetto secondario di questa tornata elettorale è infatti la tardiva scoperta, da parte dei guru dell’informazione, che giornali e televisioni contano poco o nulla nell’indirizzo del voto. Le analisi degli sconfitti sono illuminanti paragrafi di psicopatologia politica. Fini, uscendo di scena, sibila “Ha perso l’Italia, il peggio deve venire”. Tradotto dal lessico infantile, “Non mi avete fatto giocare, adesso chiamo mamma per picchiarvi”. Smette i panni del gentleman l’algido Monti e mostra la sua vera indole, scaricando gli alleati puniti dall’elettorato. Il giaguaro dalla pelliccia ancora maculata conferma la fama buzzurra ed invita una scrutatrice a sorridere, piccato dall’espressione disgustata della giovane al suo ingresso nel seggio. I premi Nobel per la coerenza Bersani e Vendola si ricredono su Grillo nel giro di 24 ore: ieri un volgare populista e cripto-fascista, interlocutore serio ed affidabile oggi. Superfluo aggiungere commenti.
Piuttosto piace calarsi nel mondo reale, rammentando più o meno remoti episodi legati alle operazioni di voto. Chi scrive ha vissuto l’esperienza di guardia (da aviere) e di scrutatore. E ricorda di aver trovato nelle schede, al momento dello spoglio, una vasta gamma di frasi e cadeaux. Tralasciando le volgarità (dai consigli rivolti a tutti i politici sul “luogo” figurato ove eventualmente recarsi, agli espliciti apprezzamenti sulla moralità delle loro madri), mi sovvengono due gustose scenette: quella di un presidente di seggio che, aperta una scheda, vi rinviene, scrupolosamente piegata in quattro, una fetta di mortadella del tipo “Bologna”; no, nessun riferimento al noto politico di sinistra dall’espressione perspicace, ai tempi oscuro professore fatto in casa DC, poi creato (per meriti di tessera) capo dell’IRI e piazzista dei gioielli economico-industriali italiani. La fetta odorosa doveva intendersi antipasto simbolico di pantagrueliche “mangiate” parlamentari. Ed infine ricordo bene lo sguardo imbarazzato di una scrutatrice nel mostrare all’intero seggio il profilattico sortito dalla scheda, inusato. Esortazione (purtroppo inascoltata) di un arguto elettore alla classe politica affinché, controllando gli ardori carnali, non incrementasse quella già troppo numerosa prole la cui mamma è sempre incinta.