Troppi grilli per la
testa
Nell’ultima edizione di questo foglio ho ironizzato sullo spot di un partito, parlando di voto
inutile. Conclusi i ludi cartacei, non ho cambiato idea. Le alte cariche
istituzionali svolazzano giulive tra Washington e Berlino, come garrule lindaneddhre, per farsi imbeccare la
linea politica. Sembra che il responso delle urne dispiaccia ad Adolfa Merkel ed
Obama, preoccupati che le loro iene siano bloccate nel lugubre spolpamento
della carogna italica. Ma parte dell’elettorato “ha deciso di decidere” in
autonomia beffandosi dello spread e
delle neanche tanto velate minacce degli eurocrati: il mamau della (presunta) governabilità e del rischio default non funziona più, certo larga percentuale
dei votanti ignora felicemente i media di regime che hanno esaltato Mariuolo ed
i suoi compagni di merende. Effetto secondario di questa tornata elettorale è
infatti la tardiva scoperta, da parte dei guru
dell’informazione, che giornali e televisioni contano poco o nulla nell’indirizzo
del voto. Le analisi degli sconfitti sono illuminanti paragrafi di psicopatologia
politica. Fini, uscendo di scena, sibila “Ha perso l’Italia, il peggio deve
venire”. Tradotto dal lessico infantile, “Non mi avete fatto giocare, adesso
chiamo mamma per picchiarvi”. Smette i panni del gentleman l’algido Monti e mostra la sua vera indole, scaricando gli
alleati puniti dall’elettorato. Il giaguaro dalla pelliccia ancora maculata conferma
la fama buzzurra ed invita una scrutatrice a sorridere, piccato dall’espressione
disgustata della giovane al suo ingresso nel seggio. I premi Nobel per la
coerenza Bersani e Vendola si ricredono su Grillo nel giro di 24 ore: ieri un
volgare populista e cripto-fascista, interlocutore serio ed affidabile oggi.
Superfluo aggiungere commenti.
Piuttosto piace calarsi nel mondo reale, rammentando più o
meno remoti episodi legati alle operazioni di voto. Chi scrive ha vissuto
l’esperienza di guardia (da aviere) e di scrutatore. E ricorda di aver trovato
nelle schede, al momento dello spoglio, una vasta gamma di frasi e cadeaux. Tralasciando le volgarità (dai
consigli rivolti a tutti i politici sul “luogo” figurato ove eventualmente recarsi,
agli espliciti apprezzamenti sulla moralità delle loro madri), mi sovvengono
due gustose scenette: quella di un presidente di seggio che, aperta una scheda,
vi rinviene, scrupolosamente piegata in quattro, una fetta di mortadella del
tipo “Bologna”; no, nessun riferimento al noto politico di sinistra dall’espressione
perspicace, ai tempi oscuro professore fatto in casa DC, poi creato (per meriti
di tessera) capo dell’IRI e piazzista dei gioielli economico-industriali
italiani. La fetta odorosa doveva intendersi antipasto simbolico di
pantagrueliche “mangiate” parlamentari. Ed infine ricordo bene lo sguardo
imbarazzato di una scrutatrice nel mostrare all’intero seggio il profilattico
sortito dalla scheda, inusato. Esortazione (purtroppo inascoltata) di un arguto
elettore alla classe politica affinché, controllando gli ardori carnali, non incrementasse
quella già troppo numerosa prole la cui mamma è sempre incinta.
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