venerdì 8 marzo 2013

Il Galatino anno XLVI n° 5 dell'8 Marzo 2013


Troppi grilli per la testa

Nell’ultima edizione di questo foglio ho ironizzato sullo spot di un partito, parlando di voto inutile. Conclusi i ludi cartacei, non ho cambiato idea. Le alte cariche istituzionali svolazzano giulive tra Washington e Berlino, come garrule lindaneddhre, per farsi imbeccare la linea politica. Sembra che il responso delle urne dispiaccia ad Adolfa Merkel ed Obama, preoccupati che le loro iene siano bloccate nel lugubre spolpamento della carogna italica. Ma parte dell’elettorato “ha deciso di decidere” in autonomia beffandosi dello spread e delle neanche tanto velate minacce degli eurocrati: il mamau della (presunta) governabilità e del rischio default non funziona più, certo larga percentuale dei votanti ignora felicemente i media di regime che hanno esaltato Mariuolo ed i suoi compagni di merende. Effetto secondario di questa tornata elettorale è infatti la tardiva scoperta, da parte dei guru dell’informazione, che giornali e televisioni contano poco o nulla nell’indirizzo del voto. Le analisi degli sconfitti sono illuminanti paragrafi di psicopatologia politica. Fini, uscendo di scena, sibila “Ha perso l’Italia, il peggio deve venire”. Tradotto dal lessico infantile, “Non mi avete fatto giocare, adesso chiamo mamma per picchiarvi”. Smette i panni del gentleman l’algido Monti e mostra la sua vera indole, scaricando gli alleati puniti dall’elettorato. Il giaguaro dalla pelliccia ancora maculata conferma la fama buzzurra ed invita una scrutatrice a sorridere, piccato dall’espressione disgustata della giovane al suo ingresso nel seggio. I premi Nobel per la coerenza Bersani e Vendola si ricredono su Grillo nel giro di 24 ore: ieri un volgare populista e cripto-fascista, interlocutore serio ed affidabile oggi. Superfluo aggiungere commenti.
Piuttosto piace calarsi nel mondo reale, rammentando più o meno remoti episodi legati alle operazioni di voto. Chi scrive ha vissuto l’esperienza di guardia (da aviere) e di scrutatore. E ricorda di aver trovato nelle schede, al momento dello spoglio, una vasta gamma di frasi e cadeaux. Tralasciando le volgarità (dai consigli rivolti a tutti i politici sul “luogo” figurato ove eventualmente recarsi, agli espliciti apprezzamenti sulla moralità delle loro madri), mi sovvengono due gustose scenette: quella di un presidente di seggio che, aperta una scheda, vi rinviene, scrupolosamente piegata in quattro, una fetta di mortadella del tipo “Bologna”; no, nessun riferimento al noto politico di sinistra dall’espressione perspicace, ai tempi oscuro professore fatto in casa DC, poi creato (per meriti di tessera) capo dell’IRI e piazzista dei gioielli economico-industriali italiani. La fetta odorosa doveva intendersi antipasto simbolico di pantagrueliche “mangiate” parlamentari. Ed infine ricordo bene lo sguardo imbarazzato di una scrutatrice nel mostrare all’intero seggio il profilattico sortito dalla scheda, inusato. Esortazione (purtroppo inascoltata) di un arguto elettore alla classe politica affinché, controllando gli ardori carnali, non incrementasse quella già troppo numerosa prole la cui mamma è sempre incinta.

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