De profundis per la Politica
È dal tramonto della cosiddetta Prima Repubblica che le estati italiane sono movimentate da oziose polemiche di basso profilo; si è indotti a pensare che siano create ad arte anno dopo anno per spezzare la monotonia vacanziera del trinomio sole – mare – montagna, ma soprattutto per richiamare l’attenzione dell’opinione pubblica sui protagonisti politici, distraendola dalle questioni davvero importanti.
Legge di commercio impone che, quando un prodotto inizi a stancare il consumatore, si debba intervenire con opportune modifiche per rilanciarne l’appetibilità sul mercato: la “politica politicante” non sfugge alla regola. Ricordiamo il Bossi in canottiera che anni fa incitava “Secessione!”, proprio mentre i dissidenti interni rimproveravano alla Lega Nord di essersi imborghesita una volta al governo. L’urlo finto-indipendentista ricompattava la base intorno al leader ed ai suoi colonnelli.
Estate 2010 caldissima per il Primo Ministro. Logorato da alleati riottosi, ispirati non sappiamo quanto gratuitamente dall’ideale nobile della questione morale, egli li pone davanti all’aut-aut “Prendere o lasciare”: è agevole esercizio di stile rinfacciargli una visione mercantilistica della politica e perciò apparire istituzionalmente eleganti. Lo appoggiano come di consueto i laudatores dei giornali di famiglia con becere campagne denigratorie di taglio comaresco contro i “traditori”. Ribattono i tabloid della gauche caviar, la “sinistra al caviale”, mettendo in ridicolo la crassa ignoranza degli uomini di governo. Siamo non già alla frutta, ma all’ammazzacaffè della cultura politica, in un clima da Basso Impero. Abituato all’unanimismo bulgaro però non al ricatto, il Presidente stronca sul nascere scenari simil-prodiani di indebolimento progressivo del governo: se non si trova un accordo, meglio le urne il prima possibile.
Anche a novembre, periodo inusuale per consultazioni elettorali. Mai ipotesi fu più condivisibile: il mese tradizionalmente dedicato al culto dei defunti, ben si presterebbe al funerale della Politica. Quella con la “P” maiuscola.
Legge di commercio impone che, quando un prodotto inizi a stancare il consumatore, si debba intervenire con opportune modifiche per rilanciarne l’appetibilità sul mercato: la “politica politicante” non sfugge alla regola. Ricordiamo il Bossi in canottiera che anni fa incitava “Secessione!”, proprio mentre i dissidenti interni rimproveravano alla Lega Nord di essersi imborghesita una volta al governo. L’urlo finto-indipendentista ricompattava la base intorno al leader ed ai suoi colonnelli.
Estate 2010 caldissima per il Primo Ministro. Logorato da alleati riottosi, ispirati non sappiamo quanto gratuitamente dall’ideale nobile della questione morale, egli li pone davanti all’aut-aut “Prendere o lasciare”: è agevole esercizio di stile rinfacciargli una visione mercantilistica della politica e perciò apparire istituzionalmente eleganti. Lo appoggiano come di consueto i laudatores dei giornali di famiglia con becere campagne denigratorie di taglio comaresco contro i “traditori”. Ribattono i tabloid della gauche caviar, la “sinistra al caviale”, mettendo in ridicolo la crassa ignoranza degli uomini di governo. Siamo non già alla frutta, ma all’ammazzacaffè della cultura politica, in un clima da Basso Impero. Abituato all’unanimismo bulgaro però non al ricatto, il Presidente stronca sul nascere scenari simil-prodiani di indebolimento progressivo del governo: se non si trova un accordo, meglio le urne il prima possibile.
Anche a novembre, periodo inusuale per consultazioni elettorali. Mai ipotesi fu più condivisibile: il mese tradizionalmente dedicato al culto dei defunti, ben si presterebbe al funerale della Politica. Quella con la “P” maiuscola.
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