Festeggeremo tra pochi mesi il 150° dell’Unità d’Italia. Lo spirito è quello, ben dipinto nei film di guapparia, delle feste di matrimonio nelle quali tra i parenti degli sposi non corre buon sangue. Sorrisi di circostanza che mascherano rancori e vecchie ruggini.
Bossi afferma che il Nord non ha mai voluto l’Unità. Benedetto uomo, “se ce lo dicevate prima!” (parafrasando Enzo Jannacci).
Neanche noi eravamo entusiasti, a dire il vero. In cambio delle promesse disattese di liberare il Meridione dalle angherie feudali dei baroni, di portare la civiltà (quanti delitti in suo nome!), i “patrioti” ripulirono il Banco di Napoli dall’oro, subito trafugato in Piemonte per ripianare gli ingenti debiti contratti dai Savoia per la loro guerricciola domestica. Le truppe fedeli al Re Borbone diventarono da un giorno all’altro “il triste fenomeno del brigantaggio”, come recitano didascalicamente sussidiari di quinta classe e testi di storia di medie e superiori.
Nessun cenno alle stragi di civili, all’emigrazione forzata, alla sistematica predazione della florida economia autarchica del Regno delle Due Sicilie. Sospetto che risalga a quel periodo il detto “Cornuto, mazziato e cacciato di casa”, l’amaro sarcasmo sudista che dissacra ogni cosa.
Nunc est bibendum, allora si festeggi: sollecitato dalle pressioni del Presidente della Repubblica, il Governo ha già stanziato cospicue somme per rievocazioni storiche e convegni. La speranza è almeno quella di non essere sommersi dal profluvio retorico risorgimentale. Vuota magniloquenza dalla erre moscia con cui flagellava i nostri padiglioni auricolari l’ex Presidente “Severo Monito” (quello del “Non ci sto!” a reti unificate). Del quale i sermoni quirinalizi trovano uso estemporaneo nei manuali di medicina alternativa, al capitolo “Rimedi naturali contro la stipsi ostinata”: ascoltare due volte al dì, dopo i pasti.
Se proprio si deve celebrare, lo si faccia rileggendo onestamente il processo unitario, un’impresa coloniale perpetrata con inganno e violenza. Sarebbe un modo per esorcizzare la balcanizzazione prossima ventura del nostro Paese.
Bossi afferma che il Nord non ha mai voluto l’Unità. Benedetto uomo, “se ce lo dicevate prima!” (parafrasando Enzo Jannacci).
Neanche noi eravamo entusiasti, a dire il vero. In cambio delle promesse disattese di liberare il Meridione dalle angherie feudali dei baroni, di portare la civiltà (quanti delitti in suo nome!), i “patrioti” ripulirono il Banco di Napoli dall’oro, subito trafugato in Piemonte per ripianare gli ingenti debiti contratti dai Savoia per la loro guerricciola domestica. Le truppe fedeli al Re Borbone diventarono da un giorno all’altro “il triste fenomeno del brigantaggio”, come recitano didascalicamente sussidiari di quinta classe e testi di storia di medie e superiori.
Nessun cenno alle stragi di civili, all’emigrazione forzata, alla sistematica predazione della florida economia autarchica del Regno delle Due Sicilie. Sospetto che risalga a quel periodo il detto “Cornuto, mazziato e cacciato di casa”, l’amaro sarcasmo sudista che dissacra ogni cosa.
Nunc est bibendum, allora si festeggi: sollecitato dalle pressioni del Presidente della Repubblica, il Governo ha già stanziato cospicue somme per rievocazioni storiche e convegni. La speranza è almeno quella di non essere sommersi dal profluvio retorico risorgimentale. Vuota magniloquenza dalla erre moscia con cui flagellava i nostri padiglioni auricolari l’ex Presidente “Severo Monito” (quello del “Non ci sto!” a reti unificate). Del quale i sermoni quirinalizi trovano uso estemporaneo nei manuali di medicina alternativa, al capitolo “Rimedi naturali contro la stipsi ostinata”: ascoltare due volte al dì, dopo i pasti.
Se proprio si deve celebrare, lo si faccia rileggendo onestamente il processo unitario, un’impresa coloniale perpetrata con inganno e violenza. Sarebbe un modo per esorcizzare la balcanizzazione prossima ventura del nostro Paese.
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