C’è
del marcio a Francoforte
Bella cosa la
democrazia, ancora più se il voto (graziosamente concesso al popolo ignorante,
a scadenze non stabilite dalla idolatrata Costituzione ma per capriccio di
qualche Presidente della Repubblica) va nella “giusta” direzione, quella
indicata dai poteri forti della finanza e dai loro servetti sciocchi di Roma e
Bruxelles. Viceversa, trattasi di populismo gretto e retrogrado. Caduta ogni
ideologia, la religione del progresso si incarna in una moneta, l’euro, ed in
una sedicente Istituzione, la Comunità Europea a direzione germanica, mai
sottoposti a volontà popolare ma imposti dall’alto come verità rivelate e dogmi
di fede. Chi osa criticarne anche timidamente l’impianto e le implicazioni
pratiche per la vita del comune cittadino, è trattato alla stregua del
bestemmiatore in chiesa.
Ciò premesso, il voto
italiano ed il “governo del cambiamento” nato dopo un parto laborioso,
costituiscono non solo uno iato con la tradizione invalsa in questo Paese di
affidare la regia a non eletti “governi tecnici” (leggi=emanazione diretta e
fiduciaria della Banca Centrale), ma anche una scossa sismica di magnitudo 7
scala Richter all’architettura già precaria della Comunità Europea a guida
tedesca. Ciò spiega la reazione isterica degli amici di Angela Merkel a
Francoforte e Berlino, che i giornali tedeschi documentano nei loro titoli col
tono volgare e sprezzante adoperato di solito contro i “ribelli italiani”.
Sembrava cosa fatta riproporre a sud delle Alpi lo stesso elettrochoc adoperato
sul paziente greco, con i prestiti concessi in cambio dell’intervento della
“Troika” (avendo la cinica consapevolezza che non potranno mai essere ripagati)
ed il conseguente commissariamento dell’economia ellenica, che ora non
appartiene più al Popolo greco ma alla Germania: porti, aeroporti e villaggi
turistici inclusi, con l’esclusione dei fardelli “inutili” (pensioni,
istruzione e salute, cioè le basi del welfare). Ma ciò che resta del boccone
Italia è troppo grosso persino per il capiente stomaco tedesco, ed il rischio
di una sollevazione violenta, reale e possibile. Protesta che per adesso si esprime
nella civile forma del suffragio, per chi voglia capire senza supponenza:
escludendo pertanto le dichiarazioni post-voto del figlio di babbo Tiziano, che
non commentare è opera di umana misericordia.
Se avessimo avuto
statisti lungimiranti a Bruxelles e non grigi burocrati bancari, e magari a
Roma persone dotate di carattere (non volendo specificare altre e più precise attribuzioni
anatomiche), il malessere italiano avrebbe fornito l’occasione per ripensare la
Comunità Europea su basi di rappresentanza e consenso popolari, escludendo
dalla stanza dei bottoni la finanza degli usurai oggi al potere. Questo dicono
il voto italiano ed il primo governo eletto dopo anni, ad interpretare
correttamente.
Adesso è reale il
pericolo di disintegrare l’unione e favorire l’odiosa America trumpiana.
Peccato per tutti i Paesi europei, non soltanto per l’Italia.