Corona
(di spine) virus
Alcune personali considerazioni sulle
conseguenze della pandemia.
La prima. L’evoluzione del contagio, le
scarse ed inefficaci misure di contenimento della diffusione del virus e di sostegno
all’economia già decimata da anni di depressione, l’azione rapsodica e
contraddittoria di un esecutivo guidato dalla ricerca di effimero consenso
mediatico anziché da volontà di soluzione dei problemi, sono concause di una situazione
generale del Paese di maggiore sofferenza rispetto ad altri politicamente ed
economicamente più solidi, e di probabile ritardo nella ripresa dall’emergenza.
La seconda considerazione, corollario della
precedente. Le conseguenze a livello sociale porteranno un cambiamento probabilmente
definitivo nei rapporti interpersonali e nelle interazioni tra singolo e
comunità. Il diradarsi ed il “virtualizzarsi” dei contatti inciderà, sta già
incidendo, nel profondo delle relazioni umane. Prevedere adesso come potranno
evolvere e se la psicologia sociale sarà capace di cogliere il mutamento e
declinarlo positivamente in favore del singolo e della stessa società, è
compito arduo e forse velleitario. Il tempo indicherà la direzione verso cui stiamo
andando, chiarirà se la naturale capacità di adattamento della specie
raccontata da tanti antropologi di ispirazione darwiniana procederà per traumi successivi
o con accettabile gradualità. La cronaca dei disordini di questi giorni, pur se
enfatizzata dai media, descrive una prevedibile viscerale reazione alla
compressione dei diritti eredità della democrazia liberale, cui siamo abituati,
ai quali è difficile rinunciare da un giorno all’altro, in favore di un
benessere collettivo compromesso dalla pandemia, nebulosa meta a volte
divergente dalle prosaiche esigenze quotidiane del singolo.
Terza ed ultima riflessione. Tempi
eccezionali richiederebbero uomini e guide eccezionali, non intendendo improponibili
“uomini della provvidenza” ma statisti, o in subordine politici dotati di ampia,
chiara visione prospettica e lucidità di pensiero: gente di cui il panorama
italiano al momento è, oggettivamente, del tutto privo. Qui chiudo il mio dire.