Futuro
prossimo
È sicuro che A.I., l’intelligenza
artificiale, andrà a sostituire alcune professioni nel corso dei prossimi anni.
Non sappiamo se il numero di posti di lavoro generato dal nuovo settore potrà
eguagliare quello degli impieghi persi. Lo si vedrà, prendendo a modello ciò che
è avvenuto al tempo della prima rivoluzione industriale, o negli anni ’80 del
secolo scorso con l’affermazione del personal computer.
Le potenzialità dello strumento sono enormi:
vanno dalla stesura di un testo semplice (una lettera commerciale, ad esempio)
a qualcosa di molto più articolato come copioni cinematografici nello “stile”
di registi anche scomparsi e – perché no – tesi universitarie. Il tutto senza
intervento umano, se si esclude quello legato alla scelta dell’argomento. Va
aggiunto che A.I. è un complesso software che “impara” con il tempo ed accresce
il proprio scibile ipoteticamente senza limiti, disponendo di memoria e di
connessioni ad imitazione della struttura del cervello umano, senza averne i
difetti e subire lo stesso deterioramento.
Lo scenario pone degli interrogativi di
natura giuridica ed etica, che andrebbero affrontati con una rapidità almeno
pari a quella con cui l’utilizzo di A.I. nella nostra vita pratica si sta affermando.
Ricordo con tenerezza una donna anziana a me
cara, che non è più da tempo. Parlava con la segreteria telefonica del mio
gestore telefonico, poi riferendomi come “la signurina” le avesse detto che non
potevo rispondere. Già mi proietto nel ruolo di vecchio alle prese con la
scaltrezza dell’intelligenza artificiale. E mi affido alla sorte.