Il “Dottor Morte”
Il malato immaginario ascolta rapito il mediconzolo dall’eloquio barocco: è bastato uno sguardo superficiale per stilare una diagnosi astrusa, una malattia grave dal nome incomprensibile. La cura si ripropone immutabile, valida per ogni disturbo: salassi ed enteroclismi. Che sortiscano l’effetto di guarire Argante, è incerto, ma il vecchio è impapocchiato dalla “scienza” del dottorino e ne subisce con stoicismo le improbabili terapie. Non vede, il vegliardo, che la causa del suo malessere è proprio l’accanimento interessato del furbo cerusico e l’avidità della moglie che si predispone ad una vedovanza ricca e spensierata. Nel film del 1979 di Tonino Cervi, Alberto Sordi dipinge l’ipocondriaco con impressionante realismo, e Christian De Sica convince nei panni del giovin dottore presuntuoso ed incompetente.
Fabella docet: se l’Italia, che vogliono malata (per dividersene le proprietà pubbliche), viene affidata ad un chirurgo di quella stessa scuola che ha diffuso l’epidemia (scientemente, con volontà criminale), l’esito non può essere che il decesso del paziente. Tanto è verosimile questa previsione, che in Germania affermano di voler salvare l’euro ma ricominciano a stampare marchi: Europa aufwiedersehen.
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