Sembra Versailles ma è un colle romano
Ci sono notizie che aprono il
cuore alla gioia ed infondono speranza. È bello sapere che a Bengodi “La Legge”
(iniziale maiuscola) “è uguale per tutti”. Lo ribadisce nei fatti l’Altissima
Corte che accoglie il ricorso del Re contro una Procura di provincia. Dettaglio
insignificante, argomento capzioso, ricordare che il 40% dei giudici di
quell’autorevole consesso sia nominato dallo stesso Sovrano (14 su 35, mentre
13 sono di nomina del Parlamento, di questo
commendevole Parlamento). È davvero singolare la Corte: una cortina, detto vezzeggiando,
messa lì a coprire, a riparare dai rigori dell’inverno? Oppure una corte di
cortigiane e cortigiani? Damine e cicisbei settecenteschi con parrucca e ventaglio,
in attesa della cerimonia del Bacio della Pantofola alla presenza dell’augusto Regnante?
Assolutamente no! Chi siamo noi, rozza e volgare plebaglia, per giudicare i sommi
giudici dal giudizio tanto giudizioso? Ma verbalizzando pensieri associativi, potremmo
osare: per corte si intende forse l’arte antica e desueta del corteggiamento,
il rituale stucchevole (ai nostri tempi) del mostrare interesse verso qualcuno
al fine di seduzione, con atteggiamento sottomesso e lusinghiero? No, troppo demodé.
Smettiamola col sarcasmo
irriguardoso e conformiamoci all’olimpica tranquillità del Colle, che “ha
atteso serenamente ed ha accolto con rispetto la sentenza della Consulta”
(quella che il Popolo insulta). Dubitavate che si sarebbe scomposto? Allora beccatevi
‘sto comunicato, voi che aspettavate, maliziosi!, espressioni di gioia smodata
e gesti dell’ombrello all’indirizzo
della folla tumultuante.
Scrive il Sommo Poeta: “Ho io grazie grandi apo te?”; “Anzi
maravigliose!”. Taide, l’etèra dantesca, non c’entra niente col discorso
che facciamo, ma mi sovviene giusto in questo momento. Sto diventando vecchio e
sconclusionato. Forse.