Cronache minime di vita
romana
Lacrime, abbracci e sospiri nella “Casa da Sora Giorgia”, in
un vicolo presso via Nazionale: va in pensione la vecchia maitresse, una segaligna napoletana di famiglia sabauda. Una vita
da esperta professionista in giro per le “case” poi – come spesso accade – la
decadenza fisica le ha imposto il meritato riposo ed il cambio di ruolo. Dapprima
operatrice sul campo, ha concluso la carriera coordinando il lavoro altrui: nel
compito discreto e confidenziale di coniugare le preferenze di una variegata
clientela (dal rozzo militare americano dell’esercito occupante, al banchiere
sordido che paga solo in dollari, dal mafioso dai capelli unti di brillantina all’adolescente
brufoloso alla prima esperienza) con l’organizzazione della “casa”. Ma lei ha
saputo accontentare tutti, trovando per ognuno la giusta compagna occasionale.
“Sora Giorgia, è libera Silvia?” – “Sora Giorgia, c’è ancora Massimina Fufù?
Oppure Pierluigia, o Matteuccia?” – “Sora Giorgia, vorrei in coppia l’Umberta e
la Roberta, quelle due varesotte tanto carucce… che, me le dispone per mezz’ora?”.
Insomma, un tranquillo via-vai di ragazze e clienti.
Oggi è il giorno dell’addio. L’anziana tenutaria non mostra –
almeno in apparenza – nostalgie e debolezze. “Sora Giorgia, perché non restate
ancora un po’, almeno sino all’arrivo della nuova Madame?” – “Dai, sora
Giorgia, che vi costa? Ancora qualche mese, non possiamo fare a meno di voi!”.
Ed alla fine, anche il cuore indurito della compassata maitresse, rotta a tutte le esperienze, si lascia commuovere dai lacrimoni delle
ragazze – scendono copiosi sciogliendo il trucco pesante – e ci ripensa.
Resterà ancora, per il bene della casa e per l’affetto e gli insondabili
segreti che la legano alle signorine.
Fuori dalla casa chiusa, Roma è il solito brulicare di
umanità miserabile, vittima e complice della guerra perduta.
L’articolo è contenuto
in un giornale romano datato 28 settembre 1945, rinvenuto in una soffitta. La
legge Merlin era ancora lì da venire