La rizetta
Con sottile perfidia i colleghi,
parlandone tra loro, lo chiamano Dottor Divago, per una sua certa nebulosità nelle
diagnosi. Più volte i suoi pazienti hanno dovuto rivolgersi ad altri
specialisti per conoscere l’esatta natura dei loro disturbi. Ed in qualche caso
una provvidenziale polizza professionale ha curato con vile moneta danni fisici
causati da imperizia. Può succedere. Del resto, anche il nostro è un letterato sui generis, un apprezzato scrittore di
ricette con l’hobby dei corsi di aggiornamento
in località esotiche – ospite delle multinazionali del farmaco – come altri che
hanno pronunciato il giuramento di Ippocrate, ma che pure non disdegnano il
culto di Afrodite.
Il suo studio associato segue
comunque un elevato numero di assistiti, ed il Dottor Divago è quel dottore di
famiglia che un tempo definivano massimalista. La ragione va cercata nel tratto
gioviale e cameratesco che lo rende popolare, ma anche nella comodità che i
suoi “clienti” trovano nel rivolgersi direttamente all’infermiera per le sole
prescrizioni, evitando lunghe attese in ambulatorio. L’aneddotica dello studio,
rivelata in camera caritatis dalla
procace segretaria, è ricca di episodi esilaranti. “Dimmi, Totuccio!”: e Totuccio, villico di mezza età, fa per
sbottonare i pantaloni ed esibire il punctum
dolens davanti all’infermiera allibita. “Duttore, me uschia la cicala!”. “Non c’è bisogno, Totuccio, statti quetu. Prendimi una Ciolasan Complex
prima dei pasti, per 7 giorni. Nah la ricetta”.
Questo è il lato divertente della
sanità pugliese, che ci piace raccontarVi a modo nostro.
L’abominio Ve lo declama in rima
baciata Nichi, con l’ode al ticket sulla
chemioterapia. E così sia.