Sullo stato della città
La passione civile e
l'amore per la propria terra trovano ancora rifugio in qualche animo
generoso, nonostante le sferzate continue della cosiddetta politica.
Ho intrattenuto via email uno scambio d'opinioni stimolante con un
imprenditore molto noto qui a Galatina: non ne rivelerò il settore
d'attività per non farlo identificare, ma potrebbe facilmente
rappresentare chiunque abbia un'azienda.
Ho letto parole di
delusione e rabbia per quello che si dovrebbe/potrebbe fare e non si
fa in aiuto della piccola e media impresa, quindi in sostanza
dell'intera economia locale. Che significa posti di lavoro, stipendi,
denaro che “gira” e vivifica la città, giovani che restano e non
emigrano, ricchezza che rimane e si riproduce a beneficio di tutta la
collettività galatinese. Ho letto neanche tanto velate accuse
all'immobilismo ed all'indifferenza verso un corretto - quindi
rispettoso della legge e dell'etica – governo dell'ente locale. Ho
letto infine la richiesta di azioni virtuose, esemplari, nella
gestione della macchina amministrativa. Coincide quasi interamente
con l'elenco di ciò che da mesi il nostro Direttore riporta come un
decalogo nella prima pagina del quindicinale. Misure minime di buon
senso ed affetto per la città.
A parziale discolpa di
chi amministra, ho risposto al mio interlocutore che da anni,
risaliamo al periodo successivo a Mani Pulite, quindi al 1992, la
politica nazionale è stata esautorata in favore di cosiddetti
“governi tecnici” non eletti: ovvero i piazzisti dell'economia
italiana svenduta pezzo per pezzo al capitale straniero, in primis
quella Germania che è la sola beneficiaria dell'introduzione
dell'euro. Ho raccontato che la tanto sbandierata cessione di
sovranità all'Europa – molto cara ai vari presidenti della
cosiddetta Repubblica venuti dopo Pertini – altro non è che
lasciar condizionare le nostre esistenze dal presidente della Banca
Centrale Europea, quindi un asettico ragioniere, un non eletto, alla
stregua di un monarca assoluto medievale. Qualche buontempone chiama
ancora nazione, con marcato accento toscano, questa colonia poco
dignitosa: una pallida imitazione di democrazia, una parvenza di
“Stato sovrano”. Applausi, risate.
Ne deriva che qui a
Galatina, come in tutte le periferie, i soldi che arrivano sono e
saranno sempre meno, non essendoci più una banca nazionale che possa
liberamente stampare banconota, emessa senza debito, per le esigenze
dello Stato. Perciò le risorse erogate col contagocce vanno gestite
con oculatezza, ricercate con progetti di scopo ben precisi,
intercettate – purtroppo – anche con furbizia per non farle
dirottare in realtà locali ben più piccole di Galatina ma
politicamente meglio organizzate, più “ascoltate”.
Si fa a Galatina tutto
ciò, anzi aggiungo: si può fare, militando come obbedienti
soldatini nel partito o nei partiti della disfatta nazionale?