Paltito
democlatico
Nell’indifferenza
generale e nonostante martellamenti televisivi (su quale zona del corpo umano
preferiamo non raccontare), si tengono consultazioni farlocche in cui i
militanti politici scelgono il loro candidato. Succede pure che un tale partito
(in effetti “partito” da molto, ed arrivato a distanze siderali dal comune
sentire), decida che a Milano il candidato “suggerito” dall’alto debba vincere
a tutti i costi la competizione. Come fare, posto che il soggetto in questione incombe
pesantemente sulle pudenda degli iscritti? Semplice: arruolando un esercito di
immigrati e facendolo votare dietro congruo compenso. La scena degli
occhi-a-mandorla in fila davanti alle sezioni, rubata da impietose videocamere,
ricrea plasticamente la Pechino di Mao durante un congresso del glorioso
Partito Comunista Cinese, ma denuncia la novità del voto a tariffa. La trovata
geniale ha a che fare con la libera espressione dei cittadini, quanto i governi
italiani col consenso popolare, cioè nulla. A riprova di quanto affermiamo,
questo stesso partito fa resistenza dissimulata al referendum sulle trivelle:
dice, non dice, promette, rimanda. Quando è la Gente ad organizzarsi in
autonomia, il partito si sente spiazzato, esautorato del suo potere di mobilitazione
ed indirizzo.
Attenzione: non è che diverse
aree politiche, al confronto, siano giardini odorosi di violette e ciclamini; la
situazione è altrettanto degradata, se non più. Persino là dove il candidato sia
scelto modernamente on-line.
Sicchè, istruiti da cotanta
ostentazione di “democrazia” (“tienimi lu
quaiu”), ci sentiamo di proporre anche qui al paesello le “Galatinarie”.
Vogliamo essere proprio noi cittadini (gratis, s’intende) ma anche cinesi ed altri
ospiti prezzolati di ogni possibile provenienza dall’orbe terracqueo -
all’ombra di accoglienti gazebo - a decidere da chi farci prendere per i
fondelli per i prossimi 5 anni.