“Annamo
bene”
Associo mentalmente all’anno 1943 la data
dell’8 settembre, giorno dell’annuncio dell’armistizio con i comandi
anglo-americani, firmato dal Maresciallo Badoglio il 3 precedente. La resa segna
il passaggio del Regno dall’alleanza con le Potenze del Patto Tripartito (Italia,
Germania e Giappone) al fronte belligerante nemico sino al giorno prima. Col
vergognoso corollario della fuga prima a Pescara, poi a Brindisi, di Vittorio
Emanuele III, il re facilitatore del fascismo e delle leggi razziali, e l’abbandono
codardo della capitale ad un tragico destino (“Roma città aperta”), quando al
Ministero della Guerra squillano a vuoto i centralini, tempestati dalle
telefonate dei comandanti in attesa di ordini che non arrivano. È l’ultimo giro
di walzer diplomatico della “dinastia” sabauda, abituata storicamente alle vigliaccherie,
ai tradimenti, all’usurpazione, “dinastia” che sull’uso spregiudicato delle
alleanze ha costruito un piccolo, effimero regno, durato dal 1861 al 1946.
Valga nei secoli la lapidaria definizione che Luigi XIV di Francia ha dato dei
suoi vassalli subalpini: “I Savoia non finiscono mai una guerra sotto la
stessa bandiera con cui l’hanno iniziata.”
Ma non è del 1943 o dei Savoia che intendo
parlare. Lo scorso 8 settembre Elisabetta II d’Inghilterra ha concluso la sua
esistenza terrena: in 70 anni ed a cavallo di 2 secoli, ha rappresentato il Regno
Unito ed i suoi popoli in periodi di trasformazioni profonde della società e della
geopolitica. Detto ciò, viene da chiedersi se i dettagli che le cronache
italiane riportano attualmente della scomparsa della regina, degli onori funebri
e delle complesse, spesso oscure, cerimonie di successione dinastica, siano rilevati
con identica pedanteria dagli stessi organi di stampa e televisivi inglesi.
Alcuni amici, per puro caso a Londra in questi giorni, mi informano che la vita
pubblica dei cittadini britannici continua a scorrere quasi monotona anche
nell’eccezionalità del momento, registrato in maniera puntuale dai servizi della
BBC, senza l’enfasi che è coloritura peculiarmente italiana.
Sono indotto a sospettare (ammetto la
malignità del pensiero) che l’esercito di giornalisti in studio ed inviati RAI
e Mediaset in Inghilterra, i quali in tempo reale e 24 ore su 24 infarciscono i
reportage di screzi, sbadigli ed intime paturnie della famiglia reale, a
Windsor quanto negli aviti manieri del reame, nonché di tanta “beatificazione”
laica della augusta defunta, questa truppa logorroica, dicevo, abbia il compito
ultimo ed inconfessabile, sempre “istituzionalmente” lo stesso, di distrarre la
pubblica opinione dai gravi problemi nazionali (vuoto pneumatico pre-elettorale
incluso), narcotizzandola con fiabesche narrazioni di re e principesse tristi.
Per contrappasso, ci illumina una popolana
verace, la sora Lella di “Bianco, rosso e Verdone” (1981): “Annamo
bene…proprio bbene!”.