sabato 26 aprile 2025

Il Galatino anno LVIII n° 8 del 25 aprile 2025

 

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   Assurta a “caso” mediatico nazionale, la cronaca nera galatinese induce a riflessioni dettate da quel sentire comune ormai lontano anni luce da certi ambienti intellettuali. Siccome riteniamo sempre valida la massima vox populi vox Dei, traiamo spunto dalla saggezza popolare.

   Adolescenti esposti alla rappresentazione costante e pervasiva della violenza nei videogiochi, nei programmi televisivi, al cinema, non allenati a distinguere, elaborano in maniera distorta stimoli e informazioni, confondendo finzione e realtà. A ragione di ciò, in una personalità ancora in fieri, il sangue e il dolore di un videogame possono arrivare ad assumere lo stesso valore, che potremmo impropriamente definire “ludico”, della sofferenza di un giovane con problemi di disabilità, solo e indifeso contro il branco ed esposto all’umiliazione di un pestaggio atroce trasmesso in diretta da cellulare. Poiché il perverso modello anglosassone di autoaffermazione oggi imperante prescrive che il quivis de populo possa acquistare tanto “prestigio” quanto più “appaia” e sia apprezzato, si rendono necessarie la fruizione pubblica e la “validazione” delle sue “gesta”, mediaticamente certificate dal numero di visualizzazioni. Tale lo scopo dei famigerati post, testimonianze degli ignobili episodi di violenza diffuse attraverso i social.

   Agli studiosi delle dinamiche sociologiche il compito di analizzare gli effetti nefasti della cosiddetta “cultura” urbana angloamericana dei rapper e delle loro gang, che i media nostrani diffondono spensieratamente, senza filtri. Sottoprodotto ideologico di uno Stato il cui primo cittadino sceglie prevaricazione e forza delle armi quali mezzi metapolitici delle relazioni internazionali.

   Ma, tornando al nostro episodio: la voce del popolo chiama in causa i genitori, cui spettano compiti di presenza costante, di controllo, di esempio, e scagiona scuola e società da responsabilità educative che sono peculiarità del ruolo parentale. Ci sentiamo di dare ragione alla “gente”.

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