Leggo una critica del giovane De Donno e continuo a sperare: non tutti hanno mandato il cervello all’ammasso televisivo di Grandi Flagelli ed Isole degli Infami. È una gioia dello spirito constatare come si riesca ancora a stimolare un confronto sulle idee. Non aspettavo approvazione al mio dire, essendo fin troppo chiaro che scuola ed università preparano i migliori al ragionamento autonomo e brillante, però secondo le ben note liturgie della dottrina ufficiale. Per chi (come lo scrivente) vorrà farlo, ci sarà poi tempo e maturità per scartabellare con furia iconoclasta tra le pagine nascoste della storia ed approfondire fatti che è bene non siano divulgati, in ossequio alla cultura politica dominante. Ad esempio per festeggiare degnamente i 150 anni dell’Unità, scoprendo la barbarie savoiarda nel Meridione. Non sia mai che il Popolo bue prenda coscienza della verità vera, questa conturbante Salomè che si spoglia dei suoi sette veli solo per gli occhi di chi la desidera ardentemente.
Democrazia e dittatura, dunque. L’aborrito ventennio costituisce sempre la pietra di paragone per questi nostri felicissimi, democratici anni. Viviamo in un Paese libero della libera Europa: sulla cui costituzione, sulla cui moneta unica, sulle cui leggi sovrane e sovranazionali, nessuno però ha chiesto il nostro parere. Semplicemente, ci sono state imposte. Si chiami periodicamente il Popolo festante e votante a ratificare decisioni già prese a Roma, Bruxelles o Francoforte, gli si dia l’illusione di poter scegliere, mai con un referendum propositivo. Quello sarebbe un azzardo antidemocratico.
Dittatura e democrazia, allora, con una terza “d”, quella della dignità di un Popolo che è venerata memoria del passato. Se ne è avuto un sussulto flebile grazie ad un episodio scientemente sottovalutato della nostra storia, quello scontro di Sigonella che, a mente fredda, è il canto del cigno, la riabilitazione postuma di un ladrone tra ladroni molto peggiori di lui ma non altrettanto coraggiosi, perciò ancora a piede libero. La schiena ben dritta a difendere il diritto nazionale contro la prepotenza dell’alleato USA gli valse una congiura eterodiretta di palazzi politici e giudiziari mai abbastanza indagata, e la successiva deposizione; poi venne la morte in esilio. Furono i semi velenosi di quella farsa incompiuta che è stata “Mani Pulite”. Ad altro, che in difesa della Patria osò sfidare le usurocrazie angloamericane, ma con tempra morale ben superiore, il destino impose di pendere dalla tettoia di un distributore a Milano. La Società delle Nazioni (oggi ONU) gli rimproverava, prima con le sanzioni poi con la guerra, quella politica autarchica e coloniale che ai “buoni” (Inghilterra, Francia, Stati Uniti) era permessa con la violenza e senza troppe remore. Raccontano le cronache che non un centesimo cadde dalle tasche di quel cadavere penzolante.
Dignità, dicevamo: ma veniamo ai giorni nostri. Siamo in questa Europa bancaria e finanziaria, gigante economico, nano politico e militare. Però siamo tranquilli. La sicurezza dei nostri confini è affidata alle nostre Forze Armate ma anche, in outsourcing, alla paterna vigilanza americana con le sue basi sul nostro territorio. Compresa Vicenza, imposta agli stessi Vicentini recalcitranti.
È spiacevole ma necessario per il discorso complessivo che facciamo, ricordare l’episodio del Cermis. Un pilota dei marines di stanza ad Aviano, in vena di acrobazie, tranciò col suo jet il cavo di una funivia. Era il 3 febbraio 1998, morirono 20 persone in una cabina precipitata al suolo da 80 metri. Quel bravo cowboy tornò tranquillo al suo ranch, in barba alla Legge dello Stato ospitante. E si rinnovi pure il ricordo dell’eroe Nicola Calipari, stroncato da una sventagliata di mitra del “fuoco amico” americano in Iraq, mentre portava in salvo una giornalista italiana. Anche lì nessun colpevole affidato alla giustizia.
Non va bene turbare l’idillio coi nostri amici tanto premurosi e riconoscenti, verso di noi alleati fedeli sotto governi di ogni colore. Sempre pronti ad intervenire militarmente in difesa dei supremi interessi delle democrazie, tanto in Bosnia (esecutivo D’Alema) che in Afghanistan ed Iraq (governi Prodi e Berlusconi).
Si va a difendere la libertà: i giacimenti di petrolio sono un obiettivo secondario…
Alleati fedeli, di quella fedeltà un pochino vassalla e servile che tanto piace agli USA ed al loro nuovo presidente. Essendo democratico e nero, continuerà nella stessa politica estera aggressiva di chi lo ha preceduto, ma col lasciapassare della simpatia del giovane di colore che si è fatto da sé, per giungere al governo dell’Impero. Una spruzzatina di terzomondismo, due cucchiaini di demagogia, ed il cocktail è prontamente servito all’opinione pubblica mondiale. Giovandogli inoltre la compagnia di una moglie avvenente, come rimarcato dal nostro Premier, notoriamente sensibile ai richiami del gentil sesso.
Tanto affidabili noi Italiani, in veste di alleati e domestici, da meritare l’occhiuta attenzione elettronica di un sistema spionistico chiamato Echelon, di cui fanno parte anche l’immancabile Inghilterra ed altri Paesi anglofoni. Un grande orecchio satellitare che intercetta e decritta ogni singola trasmissione elettronica del Paese osservato, dalle e-mail alle telefonate via cavo o cellulare. Ogni argomento sensibile, comprese comunicazioni militari, segreti industriali ed altro, non è al riparo da questo sistema. Il che vuol dire, ad esempio, che le proprietà intellettuali e le scoperte italiane sono alla mercè dei nostri “amici”.
Sarebbe troppo lungo mostrare per tabulas cosa è davvero questa nostra democrazia di stampo occidentale, e troppo mi sono dilungato nelle mie farneticazioni. Ho approfittato della Vostra pazienza, ma volevo soltanto raccontare quel che si intuisce grazie ad un occhio allenato: appare una dittatura che impone il Nuovo Ordine Mondiale, facendoci balenare una libertà fittizia. Ma noi imperterriti, a combattere in corteo i fantasmi del passato, nel nome della sacra epopea resistenziale.
Terminiamo in allegria. I Giapponesi sono gente educata, ogni loro incontro inizia e si chiude con un inchino accennato con eleganza. Noi Italiani siamo politicamente ancora più corretti, le nostre riverenze agli alleati americani descrivono un angolo retto tra busto e gambe: a tutto vantaggio della dignità di cui si parlava dianzi.