giovedì 13 ottobre 2011

Il Galatino anno XLIV n° 16 del 14 Ottobre 2011

Ma cos’è questa crisi?

La famosa casalinga di Voghera, mitologica incarnazione dell’italiano medio, richiesta di un parere direbbe che “Si, siamo in crisi e pieni di debito”. Ignorando se questa affermazione corrisponda o meno a verità, ma “Lo dice la TV” e tanto basti a fugare dubbi eventuali. Ogni notizia diventa dato certo ed inconfutabile quanto più viene reiterata dai media, indipendentemente dal fatto che descriva o meno situazioni reali.

Mosso da insana curiosità, lo scrivente ha cercato di capire il meccanismo per il quale ad ogni nuovo nato nel Bel Paese venga attribuita la sua parte di debito pubblico, ancor prima che possa nutrirsi del latte materno. Dunque vediamo: abbiamo un soggetto privato, chiamato Bankitalia, i cui azionisti (i proprietari, in buona sostanza) sono altri soggetti privati (altre banche italiane partecipate, cioè possedute in parte, da banche straniere). En passant, Bankitalia avrebbe pure il compito di vigilare, tramite apposito organismo interno, sugli altri istituti bancari: configurando lo strano caso del controllore in mano ai controllati. Su questa, chiamiamola così, singolarità, già potremmo sbizzarrirci, ma proseguiamo nelle scoperte. Bankitalia, non sappiamo se per grazia divina o per altro più prosaico beneficio, ha l’esclusiva dell’emissione di cartamoneta. Vi chiederete quanto venga pagata dallo Stato (cioè da noi Cittadini) per questo facile lavoro tipografico. Bene, tenetevi forte: lo Stato corrisponde un aggio percentuale sul valore nominale delle banconote (e fin qui ci arriviamo), più titoli del debito pubblico per importo pari. Proprio così: Bankitalia trasforma fogli filigranati in denaro e riceve ugual valore in BOT, CCT e quant’altro (ossia “pagherò” nostri e delle generazioni italiane a venire), che poi rivende (lucrandoci) sui mercati finanziari in Italia ed all’estero. In questo modo ha origine e cresce in maniera esponenziale lo stratosferico debito pubblico nazionale. Allora, obietterete voi, quel lavoro di stampa non potrebbe farlo direttamente lo Stato? Me lo sono chiesto anch’io, candidamente, ricordando la cara vecchia banconota da 500 lire che recava scritto “Repvbblica Italiana”, mentre gli altri tagli avevano impresso “Banca d’Italia”, e l’attuale valuta riporta “BCE”. La differenza è sostanziale: vuol dire che prima lo Stato era proprietario di quei soldi, ora non più. Questo gioco di prestidigitazione non è nato in Italia (una volta tanto), ma nelle nazioni anglosassoni sedicenti fari di civiltà, e poi imposto su scala planetaria con le guerre finanziate dalle stesse banche beneficiarie della furbizia che stiamo raccontando.

Ora, avviene pure che ci sia qualcuno che capisce il trucchetto e si ribella al sistema. Qui da noi? Nossignori, nella lontana, quasi disabitata Islanda dei ghiacci: lì la gente ha processato e condannato banchieri e politici collusi, rifiutandosi di pagare un debito creato in suo nome dagli squali della finanza. Poi ha insediato al potere giovani scelti democraticamente in assemblee pubbliche, persone mai coinvolte nel vecchio regime. Ma persino nell’America governata dalle banche d’affari (alla cui scuola si sono formati Draghi, Prodi & c.), un certo John Kennedy tentò di restituire al popolo la sovranità sulla moneta, in forza di un emendamento della Costituzione USA. Fu fermato a Dallas nel novembre 1963.

In Italia, banche e finanza pasteggiano allegramente ad un tavolo presso cui hanno relegato la politica al ruolo di cameriera sciocca, in attesa di prenderne il posto al governo (vero Montezemolo, Profumo ed amici vari?). Lontano dalla buvette di Montecitorio, Pantalone digiuna e paga il conto.

1 commento:

  1. Aggiungerei solo una considerazione: le banche di emissione stampano carta moneta di costo quasi nullo senz'altra limitazione che quella da esse stesse (per legge, da circa vent'anni) decisa. E la prestano agli Stati. E la rivogliono indietro con gli interessi. Questo è il più autentico, macroscopico signoraggio.

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