Due cani abitano in piazza. Passano il tempo girovagando tra la farmacia, i bar e le banche. Fanno parte, per così dire, della fauna urbana, come i fastidiosi piccioni, ma a differenza di quelli sono benvoluti dalla maggior parte delle persone. Hanno carezze ed affetto, un veterinario se ne cura per puro spirito animalista; il cibo non scarseggia tra i generosi consumatori delle rosticcerie ed il retrobottega di un macellaio prodigo di ossa e scarti. D’estate il loro ritrovo abituale è al fresco dell’erbetta nelle aiuole della pupa.
Chiamiamoli, convenzionalmente, Piero e Pasquino. Il primo è un incrocio di media taglia, a pelo corto e chiaro. Allegro e spensierato, è un vero poeta della specie canina. Gli piace comporre, in prosa romantica ed in versi a rima baciata, che poi declama ispirato al pubblico eterogeneo di Galatina.it. Trasmette subito simpatia, persino quando si abbandona alla cujona nei confronti della politica locale. Recentemente, pensate, si propone quale vicesindaco di un candidato di peso (e che peso!): qualcuno prende la sua battuta impertinente sul serio. Può succedere, qui a Galatina.
Anche l’altro è un bastardo di razza indefinibile. Invecchiando, il mantello nero ha preso un colore grigiastro. Ha corporatura tozza ed obesa, il che farebbe supporre un carattere pacioso. Tutt’altro: la bestia invece è di indole malinconica, tendente al pessimismo. Anzi, ha la presunzione di “sapere” ed infarcisce i suoi latrati di citazioni latine, come un qualsiasi umano appena sgrezzato da studi classici; in realtà è un saputello che i suoi simili sopportano solo per tolleranza (segno distintivo della comunità canina) e non riesce a vedere al di là del proprio muso: che è comunque una considerevole distanza.
Le due innocue bestiole fanno gruppo nelle scorribande cittadine. Vittime predilette, le auto più grandi e lussuose che transitano in centro, in modo particolare quelle dai colori scuri, che immancabilmente inseguono abbaiando furiosamente. C’è chi vorrebbe interpretare questo strano comportamento come una sorta di sfida, di sberleffo al potente di turno, attaccato nel simbolo più appariscente del suo status. Ma forse è andare oltre quello che è semplice istinto, difesa del territorio.
Negli ultimi tempi è sempre più difficile sentir abbaiare il cane Pasquino (“requierant omnibus aures”, direbbe lui citando Catullo). Non sta bene? È ormai vecchio? Forse si. Ma potrebbe invece essersi accorto dei bocconi avvelenati sparsi in giro per la Città all’insaputa della gente, ed il suo appartarsi in silenzio potrebbe valere più di mille avvertimenti… per il cittadino-elettore (dal verbo latino eligo=scelgo) che voglia intendere propriamente le parole del mai troppo lodato Cataldo Motta.
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