Posto fisso e motto fesso
Nel 1905 Sigmund Freud pubblica "Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio", un saggio sulle battute umoristiche. Il teorico della psicoanalisi illustra l'origine del motto di spirito e rivela il meccanismo che stimola il riso nell'ascoltatore: un processo di codifica-decodifica dove il non-detto ha preponderanza e la metafora, l'allusione, rendono lecito manifestare ciò che di norma non lo sarebbe esplicitamente. Totò è stato un maestro con le sue invenzioni verbali e mimiche di grande comicità, moderne ancora oggi e mai volgari.
Per scatenare la risata, necessita che tra i soggetti coinvolti (chi pronuncia la battuta e chi ascolta) non vi siano ostacoli semantici, culturali ed ambientali, in modo che tutto concorra alla condivisione dello spirito umoristico.
Purtroppo ci sono i gaffeurs, generatori di comicità involontaria, come quel tizio che, alle esequie di un morto per incidente stradale, consolava i parenti a modo suo: "Meju cusì ca pesciu" (il fatto è realmente accaduto). Nel genere degli umoristi inconsapevoli annoveriamo un epigono dei "fini dicitori" d'avanspettacolo, sebbene di modi sobri ed espressione compunta, da titolare di pompe funebri. Il tizio ha affermato di recente che "Il posto fisso è noioso", dopo averne procurati un congruo numero, e tutti ben remunerati, al proprio pargolo.
Dati i tempi, nessuno si è divertito all'infelice boutade; anzi, non potendosi passare alle vie di fatto (penalmente perseguibili), solo qualche castima iettatoria è volata all'indirizzo dell'autore di cotanta fesseria.
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