Vau de pressa*
Raccontano che una sera di alcuni
anni fa, in un’autostrada urbana del nostro hinterland,
teatro – come numerose altre – di improvvisate gare per auto e moto di serie,
il rampollo di una nobile casata del luogo, giovenilmente
vezzeggiando, andasse a stampagnare
la propria utilitaria da 50.000 euro contro un palo dell’illuminazione
pubblica, troncandolo di netto alla base e provocando un oscuramento del
quartiere stile coprifuoco di guerra.
Dicono pure che, ancora fumanti
gli airbag del veicolo proletario, si materializzasse un carro-attrezzi per
rimuovere tanto i rottami dell’auto quanto i resti del lampione, mai più sostituito.
E che il mattino seguente nulla restasse della gioconda collisione, neanche il
buco nel marciapiede, alacremente riparato dagli gnomi, vulgo sciacuddhi.
Dimenticato in frettissima
l’episodio, però gli abitanti del quartiere chiesero a gran voce che
l’amministrazione ponesse rimedio con dei rallentatori a queste – non troppo
gradite, per l’incolumità dei bambini e dei loro parenti – esibizioni virili di
potenza, velocità ed abilità di guida. Corredando l’istanza con l’ampia
casistica di incidenti accaduti o solo sfiorati.
Con i tempi fulminei della
burocrazia, arriva dopo quasi un lustro la risposta del palazzo: si pongono in
opera dei magnifici, colorati dossi “a segmento”, ingentiliti da una fighissima pista ciclabile che (mirabile
coerenza) corre lungo i passi carrabili delle abitazioni del quartiere.
Risultato: le corse si continuano a fare, di notte e di giorno, zigzagando con
perizia rallystica tra i rallentatori. Si aggiunga che a pochi metri di
distanza, ad un incrocio di scarsa visibilità, un segnale di stop risalente
all’alto Medioevo vivacchia seminascosto dietro un grosso palo, forse scurnandosi della propria inutilità e
vedovo della compianta segnaletica orizzontale.
Questo narrano gli abitanti di
quella landa lontana (dal palazzo), questo Vi raccontiamo a mo’ di esempio. Fabula docet: noi di stirpe greca discepoli
della logica aristotelica, noi che a quella uniformiamo idea e prassi,
rileviamo pure che esiste un pensiero debole, un universo parallelo ed
antitetico al nostro, che scandisce ritmi e modi della pubblica
amministrazione.
* Per i non Salentini: vado di fretta
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