In articulo mortis
Luogo e tempo dei fatti:
periferia galatinese, abitazione di edilizia popolare, qualche settimana fa. Una
famiglia sta preparando all’ultimo viaggio un’anziana congiunta, con la
maggiore dignità possibile. Gli operatori del 118, secondo etica professionale,
assistono psicologicamente i parenti, non potendo fare altro che rilevare strumentalmente
gli ormai impercettibili segni di vita della moribonda. Uno dei familiari
decide allora di assicurarle l’estremo Sacramento da cattolica osservante, e
corre alla vicina parrocchia a chiamare il prete. Quel sabato pomeriggio il
parroco è impegnato e lo indirizza al viceparroco. Anche questo è immerso in
improrogabili attività, quali non è dato sapere: e lo rimanda al parroco con un
ping-pong per nulla edificante. Il familiare, soffocando in gola poco religiose
considerazioni inadatte alla sacrestia ed alla triste circostanza, si accomiata
veloce dai due indaffaratissimi prelati, esprimendo l’intenzione di rivolgersi per
il pietoso ufficio ai Testimoni di Geova, che hanno la loro Sala del Regno a
pochi metri di distanza.
Piccolo, insignificante episodio
il cui macabro umorismo ci introduce ad una questione attuale. Posto che la
Chiesa Cattolica Apostolica Romana continua a perdere fedeli (non chiamiamoli
clienti, pur avendo un certo “moderno” sentire religioso parentela stretta con
tale concetto), sarà il caso – per le alte sfere ecclesiastiche – di chiedersi
se i motivi dell’emorragia insistano nei richiami mondani della società, oppure
nella poca disponibilità di alcuni in abito talare ad intercettare la voglia di
sacro, di trascendenza, che la stessa società esprime. Quel “fumo di Satana” di
cui parlava il Beato Paolo VI, dai palazzi vaticani non arrivi in periferia
spinto da venti profani.
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