La seconda vita di Pippi cazzafittaru
travolto da un luminoso destino nell’azzurro Mare Nostrum d’agosto
Alla non più tenera età di 40
anni Giuseppe Gabriele*, operaio edile, rimase disoccupato. L’impresa in cui
lavorava fallì su istanza di implacabili usurai, banche ed Iniquitalia; già da
tempo il titolare aveva alienato i beni intestandoli a prestanome e richiesto
la cassa integrazione per le sue maestranze. Così l’esperto intonacatore si era
trovato dalla sera alla mattina nell’impossibilità di coniugare pranzo e cena
per la famiglia e per sé. Senza sbocchi di lavoro se non occasionali e sottopagati,
“Pippi cazzafittaru” (affettuosa ‘ngiuria
tra amici e parenti) decise di inventarsi una nuova vita ed emigrò in Libia.
Qui Giuseppe Gabriele divenne Youssuf Jibril el Katzafit, profugo siriano e
musulmano osservante. Imbarcato senza documenti con altri cento su un
peschereccio, traversò l’invitante Mare
Nostrum e fu accolto a Lampedusa con tutte le cure del caso dagli addetti
alla fiorente industria dell’immigrazione, laici e cattolici, civili e
militari: in media 3 per ogni profugo. Nell’isoletta venne opportunamente indottrinato
sui suoi diritti – sussidio giornaliero, sigarette, scheda telefonica per
chiamare casa, “vitto alloggio lavatura e stiratura” – ma soprattutto gli
vennero indicate chiaramente l’organizzazione religiosa e la parte politica cui
avrebbe riservato eterna riconoscenza con pensieri, parole ed opere. Per sua
maggior fortuna, diventò anche il toyboy
di una matura esponente di primo piano della gauche caviar, che volle condividere con lui tetto e letto in nome
dell’accoglienza politicamente corretta ed in virtù di una sua dote anatomica su
cui preferiamo non indagare. In quei giorni “Pippi cazzafittaru”, al secolo
Giuseppe Gabriele, alias Youssuf
Jibril el Katzafit convertito ad Allah il Misericordioso, comprese che lui ed i
suoi non avrebbero più avuto problemi di sussistenza.
E vissero tutti felici e
contenti. Esclusi noi, meschini contribuenti, che rimasimo senza nienti.
* nome di fantasia
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