Taccari
da combattimento
L'
affare “xylella fastidiosa” imperversa, mentre abbiamo un
dittatorello (lui sì, fastidioso) proveniente da una regione – di
modesta ma ben pubblicizzata produzione olearia – che ha molto da
guadagnare da questa “emergenza” studiata a tavolino. Forse è un
caso. Probabilmente lo è. Mi correggo, non si sa mai: sicuramente lo
è.
L'olivo
è il simbolo di noi salentini ed è pianta cara ad Atena dea della
saggezza. Nient'altro che l'abbraccio amorevole di generazioni di
contadini ha sfiorato foglie, rami e tronchi dei nostri venerati
patriarchi vegetali, sin da quando alla loro ombra Arthas re dei
Messapi radunava i suoi saggi.
Un
no definitivo deve fermare l'arroganza di mandanti e supini esecutori
– tutti noti, tutti immotivatamente sicuri della loro immunità –
che stanno per usare violenza sui nostri olivi: ogni gesto di
crudeltà contro il patrimonio arboricolo del Salento non resterà
impunito. E non indirizziamo l'avvertimento alla più stupida,
vigliacca, dannosa classe politica che mai abbia calcato suolo. No,
già da tempo si è abbandonata ogni speranza di redenzione per
questa categoria il cui comprendonio è inscritto in un perimetro
delimitato dai 30 denari posti in cerchio, uno dietro l'altro.
Però
non si commette sacrilegio senza temere le conseguenze delle proprie
azioni. Dovrebbero saperlo i capi di quei popoli – già colpiti
dalla punizione biblica della diaspora – che, dispersi per il
mondo, foraggiano una perversa ricerca scientifica indirizzata alla
creazione di virus curabili solo col “loro” intervento
taumatargico. Non vogliamo che alle eradicazioni segua l'impianto di
olivi geneticamente modificati in laboratorio.
L'olivo
è sacro: profanarlo è commettere un peccato paragonabile alla
bestemmia in Chiesa, al tocco di mano impura sul Libro del Profeta,
all'irrisione della Menorah. Comporta una maledizione eterna che
ricade sul sacrilego ma anche sulla sua discendenza, pure
incolpevole.
Se
questo non bastasse, ci piace ricordare che la nostra pianta-simbolo
non genera soltanto un nettare prezioso. Il suo legno dà fuoco
profumato, dai suoi rami abbiamo imparato, sin da piccoli, a ricavare
armi primitive ma efficaci: fionde e nodosi bastoni, la cui carezza
sulla schiena lascia ricordi indelebili.
È bene tenerlo presente.