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spic inglisc? Ies, nu pic
Quando
una legge viene titolata in inglese, la fregatura per il Popolo
Sovrano è assicurata. Chiamare “Jobs Act” la facoltà di
licenziare un dipendente, spacciando la misura come un provvedimento
per incrementare l'occupazione, è arlecchinata tipicamente italiana.
Come pure affermare che la “Spending Review” sia finalizzata al
migliore utilizzo delle risorse economiche, può configurare il reato
di abuso della credulità popolare. Certo l'inglese è diffuso così
capillarmente che non sorprende sentirlo parlare dovunque ed a
sproposito. Questo avviene qui, come in ogni colonia dove lingua e
cultura del conquistatore siano imposte per cancellare ogni traccia
di civiltà locale. Si resta però alquanto perplessi per l'uso
disinvolto di un idioma straniero da parte di soggetti che ingaggiano
violente colluttazioni con la grammatica della loro stessa lingua.
L'inglese casareccio, molto gestuale, di alcuni personaggi può
essere oggetto di commenti ironici e causa di comicità involontaria:
come dimostra il ragazzotto fiorentino a colloquio con giornalisti
stranieri e, prima di lui, quel Rutelli - accidentale ministro del
turismo in qualche governo sgarrupato - alle prese con la pubblicità
istituzionale. Sul cui intervento è bene chiudere un orecchio, anzi
entrambi, e tacere pietosamente sul risultato ottenuto. Con tali
fulgidi esempi, anche la comare Pippi de sotta 'lli Crutti può,
a buon diritto, chiedere al suo negoziante “Ginu, dammi lu sciampu
Niù Dimenscio”, traslitterazione dell'esotico “New Dimension”.
Oppure
un assessorato - che voglia dimostrarsi “up-to-date” - far
pubblicare un manifesto relativo all'assistenza domiciliare
chiamandola “Home Care Premium 2015”. Con l'assoluta certezza che
gli interessati, ovvero anziani non autosufficienti, avranno compreso
modalità e fine della delibera. Sì, ovviamente. Anzi, obviously.
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