L'auto
del popolo è in panne
Lo
scandalo Volkswagen avrà un impatto importante sull'economia tedesca
ma anche sull'intera Europa. Le cifre dicono che nella sola Italia
l'indotto relativo sia molto superiore al miliardo di euro, tra
industria della componentistica ed organizzazione di vendita ed
assistenza. Si intuisce facilmente il pericolo – soprattutto in
termini sociali – di un eventuale tracollo della casa tedesca che
proprio quest'anno ha superato Toyota come primo produttore mondiale
di autoveicoli.
Resta
da chiedersi quale sia il motivo per cui la questione (peraltro già
nota e nascosta da anni) sia esplosa prima negli Stati Uniti per
propagarsi veloce al resto del mondo. Non volendo essere tacciati di
complottismo e dietrologia, accuse che colpiscono immancabilmente chi
cerchi di indagare sulle origini dei problemi senza limitarsi a ciò
che appare, riportiamo alcune voci. All'establishment americano non
sarebbe piaciuta la recente inaugurazione di un impianto produttivo
VW in Russia, il paese avversario che si tenta inutilmente di
indebolire con sanzioni economiche. E soprattutto sarebbe stata vista
con sospetto l'adesione tiepida – quando non la decisa contrarietà
– della Germania a queste sanzioni.
Altra
indiscrezione vorrebbe che lo scandalo sia una apertura definitiva
verso veicoli ad emissioni zero. Un bene per l'ambiente, senza
dubbio.
Va
detto che al momento l'unico marchio di auto dalla tecnologia
esclusivamente elettrica (quindi ad inquinamento zero) è americano,
con cifre ancora modeste di produzione e vendita – stanti gli alti
costi – ma con prospettive di crescita considerevoli.
Una
combinazione, certo, però tempi e scenario dello scandalo
legittimano l'ipotesi di un complotto.
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