Il
cuore è uno Zinga, e va
Dice il noto cantante di voler trovare “un
senso a questa storia, anche se questa storia un senso non ce l’ha”. Non si può
dargli torto.
Fondato un secolo fa a Livorno, un Partito
si prefiggeva di difendere le classi subalterne, favorire l’emancipazione
economica e culturale del proletariato e combattere lo sfruttamento dei
lavoratori. L’eredità di quegli ideali è andata ad un movimento che in tempi
recenti ha cambiato “ragione sociale” più volte, ed ogni volta allontanandosi maggiormente
dal suo “oggetto sociale”, fino a rendersi paladino degli appetiti del grande
capitale nelle sue multiformi incarnazioni nazionali e sovranazionali. Con
altrettanta disinvoltura quel partito ha acclamato e deposto segretari,
immolati sull’altare dell’interesse e della carriera di singoli e gruppi di
scalatori del potere, tanto famelici quanto mediocri. È atteggiamento elegante
e generoso non indagare su cosa rimanga degli ideali originari, diritto invece
di chi ha sempre trovato il senso della propria militanza in quell’area
politica. Chi non vi si riconosce, osservi in rispettoso silenzio un epilogo
comunque traumatico, che priva di voce una parte di elettorato.
Sarebbe cronaca, ma diventa teatro, commedia
dell’arte, nel momento in cui le “Sardine” occupano la sede del partito e un
comico sedicente “elevato” (e già fondatore di un movimento stellare in crisi
di identità) si propone come segretario. La situazione politica in Italia è
grave ma non è seria, avrebbe commentato Flaiano.
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