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Si celebra la Giornata nazionale della
bandiera. Il largo ricorso alla retorica delle alte cariche (da Mattarella “il
simbolo della unità e indivisibilità del Paese”, a Meloni “racchiude i
valori di libertà, solidarietà ed uguaglianza”) svolge l’identica funzione
dei diffusori di aromi che, in certe case, vorrebbero coprire il tanfo di
sporco vecchio mai rimosso. Ribattere la necessità (ancora Meloni) di “ricucire
ciò che è strappato, riannodare i fili del nostro stare insieme, riscoprirsi
comunità” è un chiaro tentativo di giustificare preventivamente l’autonomia
differenziata pretesa dalle Regioni del Nord, cioè il riconoscimento
istituzionale dei privilegi storicamente concessi ad una sola parte del Paese a
spese dell’altra. L’esempio seguito è quello dell’estrattivismo colonialista
europeo nel Sud America ed in Africa, applicato tal quale nell’Italia
postunitaria sino ai giorni nostri. La restaurazione di una coesione sociale mai
esistita, di cui si vaneggia nelle interviste, è utopia e populismo.
Il tedesco Carl Schmitt un secolo fa
scriveva che la politica contemporanea è secolarizzazione di categorie
religiose: ciò implica, portato secondario, che la “sacralità” del concetto di
Stato possa, anzi debba essere imposta anche attraverso simboli assurti ad
immagine sacra, oggetto di manifestazioni di devozione popolare. La bandiera è
uno di questi, a prescindere dalla sua presunta unicità ed originalità. Pertanto,
il vessillo modificato di un colore sul drappo rivoluzionario francese può
egregiamente servire allo scopo, negli stadi più che nelle ricorrenze civili.
Professioni di fede laica e concetto di
Stato, dicevamo, che sappiamo essere “altro” da quello di Nazione. Stato: vocabolo
che definisce ma non supera la nozione di apparato burocratico ed
amministrativo, essendovi assente il pathos, lo spirito vitale dell’idea
di Nazione, in cui invece confluiscono Popolo, territorio, lingua, storia, cultura
ed economia. Ovvero un idem sentire identitario.
Non è un caso che la parola “stato” sia, in
grammatica italiana, il participio passato del verbo essere.
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