sabato 25 febbraio 2023

Il Galatino anno LVI n° 4 del 24 febbraio 2023

 

Alzati che si sta alzando la canzone popolare

 

   L’ autorevole The Economist titola “Knives out at the festival”: tradotto alla buona, “Al festival spuntano i coltelli”. Il sottotitolo: “La canzone è affare serio nella patria di Verdi e di Puccini”. L’articolo spiega ai lettori sparsi per il mondo la mutazione nel tempo della manifestazione sanremese, da gara canora a fenomeno mediatico, vetrina della decadenza dei costumi peninsulari. Il tono è quello ironico e dispregiativo dell’osservatore di cultura anglosassone costretto a raccontare, forse controvoglia, le italiche bizzarrie.

   Per il pubblico internazionale che sfoglia online il periodico, è difficile comprendere i rituali bizantini di un popolo che per 5 giorni dimentica guerra, crisi economica, terremoti, elezioni regionali, lasciandosi ipnotizzare da più o meno orecchiabili canzoncine. Quale obiettore di coscienza festivaliero e non avendone seguito neppure un’edizione, chi scrive ha dovuto acquisire tra amici e familiari informazioni sull’argomento, le più entusiastiche e particolareggiate reperibili sul mercato delle opinioni.

   È sgradevole conoscere il giudizio che all’estero hanno di questo Paese. Io non sarei molto pessimista, però. Il dato statistico della percentuale di votanti alle regionali, se confrontato con lo share della kermesse canora di Sanremo, dimostra che la gente ha preferito le sceneggiate del palco dei fiori molto più degli stucchevoli siparietti politici.

   Un apprezzabile sussulto di dignità popolare.

sabato 11 febbraio 2023

Il Galatino anno LVI n° 3 del 10 febbraio 2023

 

Il negro da cortile

   Al dicembre 1865 (entrata in vigore del 13° emendamento della Costituzione) risale l’abolizione della schiavitù negli Stati Uniti. Nell’aprile precedente si era conclusa la guerra di secessione con la vittoria degli Stati del nord, fautori dell’abolizione.

   Opportuno ricordare che invece è dell’autunno del 1839 – 26 anni prima che negli Stati Uniti – la legge del Regno delle Due Sicilie, voluta da Ferdinando II°, “per prevenire e reprimere i reati relativi al traffico conosciuto sotto il nome di Tratta de' negri”. E che l’eroe Garibaldi, a cui l’Italia riconoscente dedica statue equestri ed intitola piazze, corsi, portici e sottoscala, esercitò intorno al 1850-1852 il lucroso mestiere di “scafista” tra il Perù e la Cina, con gli elogi del suo armatore e concittadino nizzardo Pietro Denegri (nomen omen), avendo consegnato ottima “merce” – schiavi cinesi – con un indice di mortalità del “carico” inferiore al 20%, allora usuale. A prova dell’onesto commercio garibaldesco in Sud America, restano “bolle di trasporto” firmate dal futuro condottiero dei Mille.

   Ma torniamo all’argomento del titolo. L’attivista afroamericano Malcom X definiva il “negro da cortile” come lo schiavo di colore preferito dal padrone bianco, a lui fedele ed affezionato e, in quanto tale, benevolmente ammesso a convivere nella cantina della sua abitazione, nutrito dai resti del suo pasto e vestito meglio dei “negri dei campi”. Suo compito era anche convincere questi ultimi dell’umanità del signore e della ragionevolezza, per il loro stesso bene, delle violenze padronali contro di loro.

   Apprendo che il Consiglio dei Ministri ha approvato all’unanimità, presenti i (pochi) ministri meridionali, il disegno di legge sull’autonomia differenziata, che nobilita di veste istituzionale ciò che è sotto gli occhi di tutti: l’esistenza di due Italie, con due classi di cittadini, titolari di diseguali diritti graziosamente elargiti in base al luogo di nascita.

   Invito chi legge a non estrapolare, da quanto raccontato, deduzioni arbitrarie, come se chi scrive queste trascurabili righe volesse idealmente appaiare i “negri da cortile” alla classe politica sudicia o sudista che dir si voglia. Non è davvero così.