Nuove
professioni
Tocca occuparsi stavolta, con poco
entusiasmo in verità, di una moda mediatica diffusa presso alcuni strati giovanili
della popolazione, intuitivamente meno “corazzati” di altri dal punto di vista educativo-culturale.
Moda estranea a noi anziani, reietta minoranza con l’ostinata perversione della
lettura. Parliamo dei cosiddetti influencer e dei loro followers.
Traducendo in italiano antico (in uso nella nostra generazione): raccontiamo di
personaggi noti non per qualche peculiare ingegno utile al genere umano, ma unicamente
per un gradevole aspetto fisico (ben curato da una maniacale attenzione all’estetica
ed esibito con furbesca strategia di marketing) e delle loro vite glamourose
(si perdoni l’orrendo neologismo), perciò stesso vip lautamente retribuiti;
e del loro pubblico, più o meno numeroso, finanziatore inconsapevole delle
pacchianerie di tali “divi” del nulla. Tanto premesso, appare logico che questi
novelli Re Mida siano capaci di tramutare in oro qualsiasi piombo sia loro affidato
a scopo commerciale. Per dire: un banale panettone natalizio di modeste proprietà
organolettiche, opportunamente corredato di un packaging accattivante e
(peggio) accostato ad iniziative benefiche dimostratesi a posteriori vere
e proprie truffe, può diventare oggetto di desiderio adolescenziale/giovanile
ed andare a ruba a prezzi di gran lunga superiori al valore effettivo di
mercato.
L’evoluzione del fenomeno di cui discutiamo promette
degenerazioni per certi versi sconosciute a noi, digiuni del settore.
Intendiamo dire che, in non rari casi, un aspetto attraente può non costituire
più l’unica causa efficiente dell’affermazione di un tiktoker. Come
dimostrano alcune apparizioni sul noto social cinese, fonte di celebrità
e ricchezza può essere finanche l’abilità di schiacciare con acrobatica perizia
le noci con l’osso sacro, per dirne una a caso. Ergo: a cosa serve
studiare per 20 e più anni, quando basta una clip per affermarsi ed
accumulare un conto corrente milionario?
Però, c’è un però. Incombe AI,
l’intelligenza artificiale. Cominciano a prender piede personaggi ideati da
programmi di imaging, creature irreali ma talmente “naturali” nel
comportamento e nel dialogo da risultare indistinguibili dalle celebrità in
carne ed ossa. Gli idoli delle ultime generazioni sono immagini
tridimensionali, non-esistenze di aspetto umano. E qui si chiude il cerchio: la
vacuità all’ennesima potenza dell’influencer contemporaneo trova
esiziale contrappasso nell’ectoplasma elettronico che si vede ma non vive, un seducente
“nulla” che lo sostituisce nelle preferenze dei followers. C’è una
logica spietata in questo: “Vanitas vanitatum, et omnia vanitas”.
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