“Onza
onza”
Tra i vecchi salentini era in uso
un’espressione scomparsa da tempo: “onza onza”, letteralmente “oncia per
oncia”. Immagino potesse significare un processo lento e costante per conseguire
uno scopo, processo inavvertibile dal prossimo se non a cose avvenute. Un po’
quello che i Latini descrivevano con “Gutta cavat lapidem”, la goccia scava la
roccia.
Veniamo al presente. Il 7 ottobre 2023 un
nutrito commando di terroristi di Hamas penetra in territorio israeliano
lungo la striscia di Gaza e compie una strage con 1200 vittime circa, delle
quali 800 civili sterminati a sangue freddo. Qualcuno pensa che i servizi
segreti israeliani, considerati tra le migliori intelligence e capaci di
portare a termine audaci blitz in ogni parte del mondo (senza alcun
riguardo per la sovranità degli Stati coinvolti), non abbiano voluto scoprire
quanto Hamas stava accuratamente progettando ai confini di Israele. Ed a
ragione quel qualcuno descrive Hamas come l’utilissimo nemico creato dallo
stesso governo di Israele per conseguire i suoi scopi predatori. Tralasciamo
questi dubbi fondati. Quello che è avvenuto dopo è sotto gli occhi di tutti. Le
atrocità commesse su civili inermi nella striscia di Gaza da IDF, le forze
armate israeliane, sono inumane, forse neanche paragonabili a ciò che i nazisti
hanno compiuto durante il secondo conflitto mondiale. Paradossi della Storia,
il popolo che chiama sé stesso “vittima dell’Olocausto”, oggi si macchia di
crimini peggiori. Alcuni governi, molti tra gli stessi alleati più fedeli di
Israele, condannano il genocidio in atto a Gaza, tale definendo con l’esatto
termine storico e politico l’improbabile “vendetta” israeliana, una acclarata
pulizia etnica ed un’occupazione di terre altrui. Non si scompone il governo
italiano; i media nazionali, allineati e coperti, propalano i soporiferi
comunicati stampa della propaganda di regime senza alcuna vergogna né dubbio.
“Onza onza”, si diceva all’inizio.
Chiediamoci cosa avviene nella coscienza collettiva di un popolo, quello
italiano, mediaticamente esposto alle azioni via via più efferate di uno Stato “alleato”
che viola per sistema le regole del diritto umano, che installa proprie colonie
sui territori di Palestina occupati con la violenza, che bombarda civili in
attesa di aiuti umanitari arbitrariamente bloccati e lasciati deperire, che
irride le deliberazioni dell’ONU definendole “antisemite”… non stiamo più
occupandoci di una “guerra”, non essendoci due eserciti contrapposti, ma un
apparato militare potentissimo (armato da equipaggiamento e sistemi occidentali,
anche di produzione italiana) che infierisce su vecchi, donne e bambini in
fuga. Quella coscienza collettiva si sta piegando ad un potere, quello
israelo-americano, che tutto può senza limiti di giustizia e diritto. E nella
psicologia collettiva si apre una frattura, un senso di impotenza, una
percezione dell’inutilità del diritto internazionale, della ragione che doma la
violenza bruta. Si smette di sperare, l’inazione si fa paralisi morale e
politica, nella certezza del vano opporsi alla prepotenza. Il capovolgimento
dei fondamenti della morale collettiva, “la forza conta più di ogni regola”, induce
al disincanto, al cinismo, all’assuefazione ed infine alla rimozione: “Non
voglio più vedere né sentire”. Ma, ancora peggio, questo “mondo al contrario”
genera rassegnazione e paura, perché se al sedicente “popolo eletto” tutto è
concesso, dentro e fuori i confini dello Stato di Israele, ciò vuol dire che
nessuno è al sicuro. È la fine della Giustizia, del Diritto, Umano e
Internazionale, della convivenza pacifica: si torna indietro al “bellum omnium
contra omnes” di hobbesiana memoria, alla pura e semplice lotta per la sopravvivenza,
per cui allora diventa comodo, forse indispensabile, accodarsi e sottomettersi al
potere.
Che è quello che, “onza onza”, censura per
censura, divieto per divieto, licenziamento per licenziamento di giornalisti
con la schiena dritta, accade ora in Israele, nel patetico regime trumpiano e,
per ovvia imitazione “coloniale”, qui in Italia.
Nessun commento:
Posta un commento