sabato 27 settembre 2025

Il Galatino anno LVIII n° 15 del 26 settembre 2025

 

“Onza onza”

   Tra i vecchi salentini era in uso un’espressione scomparsa da tempo: “onza onza”, letteralmente “oncia per oncia”. Immagino potesse significare un processo lento e costante per conseguire uno scopo, processo inavvertibile dal prossimo se non a cose avvenute. Un po’ quello che i Latini descrivevano con “Gutta cavat lapidem”, la goccia scava la roccia.

   Veniamo al presente. Il 7 ottobre 2023 un nutrito commando di terroristi di Hamas penetra in territorio israeliano lungo la striscia di Gaza e compie una strage con 1200 vittime circa, delle quali 800 civili sterminati a sangue freddo. Qualcuno pensa che i servizi segreti israeliani, considerati tra le migliori intelligence e capaci di portare a termine audaci blitz in ogni parte del mondo (senza alcun riguardo per la sovranità degli Stati coinvolti), non abbiano voluto scoprire quanto Hamas stava accuratamente progettando ai confini di Israele. Ed a ragione quel qualcuno descrive Hamas come l’utilissimo nemico creato dallo stesso governo di Israele per conseguire i suoi scopi predatori. Tralasciamo questi dubbi fondati. Quello che è avvenuto dopo è sotto gli occhi di tutti. Le atrocità commesse su civili inermi nella striscia di Gaza da IDF, le forze armate israeliane, sono inumane, forse neanche paragonabili a ciò che i nazisti hanno compiuto durante il secondo conflitto mondiale. Paradossi della Storia, il popolo che chiama sé stesso “vittima dell’Olocausto”, oggi si macchia di crimini peggiori. Alcuni governi, molti tra gli stessi alleati più fedeli di Israele, condannano il genocidio in atto a Gaza, tale definendo con l’esatto termine storico e politico l’improbabile “vendetta” israeliana, una acclarata pulizia etnica ed un’occupazione di terre altrui. Non si scompone il governo italiano; i media nazionali, allineati e coperti, propalano i soporiferi comunicati stampa della propaganda di regime senza alcuna vergogna né dubbio.

   “Onza onza”, si diceva all’inizio. Chiediamoci cosa avviene nella coscienza collettiva di un popolo, quello italiano, mediaticamente esposto alle azioni via via più efferate di uno Stato “alleato” che viola per sistema le regole del diritto umano, che installa proprie colonie sui territori di Palestina occupati con la violenza, che bombarda civili in attesa di aiuti umanitari arbitrariamente bloccati e lasciati deperire, che irride le deliberazioni dell’ONU definendole “antisemite”… non stiamo più occupandoci di una “guerra”, non essendoci due eserciti contrapposti, ma un apparato militare potentissimo (armato da equipaggiamento e sistemi occidentali, anche di produzione italiana) che infierisce su vecchi, donne e bambini in fuga. Quella coscienza collettiva si sta piegando ad un potere, quello israelo-americano, che tutto può senza limiti di giustizia e diritto. E nella psicologia collettiva si apre una frattura, un senso di impotenza, una percezione dell’inutilità del diritto internazionale, della ragione che doma la violenza bruta. Si smette di sperare, l’inazione si fa paralisi morale e politica, nella certezza del vano opporsi alla prepotenza. Il capovolgimento dei fondamenti della morale collettiva, “la forza conta più di ogni regola”, induce al disincanto, al cinismo, all’assuefazione ed infine alla rimozione: “Non voglio più vedere né sentire”. Ma, ancora peggio, questo “mondo al contrario” genera rassegnazione e paura, perché se al sedicente “popolo eletto” tutto è concesso, dentro e fuori i confini dello Stato di Israele, ciò vuol dire che nessuno è al sicuro. È la fine della Giustizia, del Diritto, Umano e Internazionale, della convivenza pacifica: si torna indietro al “bellum omnium contra omnes” di hobbesiana memoria, alla pura e semplice lotta per la sopravvivenza, per cui allora diventa comodo, forse indispensabile, accodarsi e sottomettersi al potere.

   Che è quello che, “onza onza”, censura per censura, divieto per divieto, licenziamento per licenziamento di giornalisti con la schiena dritta, accade ora in Israele, nel patetico regime trumpiano e, per ovvia imitazione “coloniale”, qui in Italia.

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