A naso chiuso
Gli uomini della Prima Repubblica osservavano un’etichetta forse ipocrita e noiosa ma elegante. Apparve sfrontato, ai tempi, un intervento ironico di Giorgio Almirante che provocò l’ilarità generale: “Onorevole Andreotti, il suo governo ingurgita fiducia ed erutta decreti!”. Tangentopoli fece tabula rasa di quel mondo. Giuliano e Carlo Azeglio, Primi Ministri nel dopo-bufera giudiziaria, inaugurarono un periodo di regolarità, effetto naturale del bifidus actiregularis. Del primo si ricorda una legge retroattiva emanata nottetempo, che spazzò via i risparmi degli Italiani da un giorno all’altro. La gente reagì indirizzandogli l’ovvio invito a recarsi in un luogo dove normalmente si è da soli; l’esortazione fu presa alla lettera, ed il conseguente dimagrimento trasformò quell’uomo di ondivaga fedeltà craxiana nel “Dottor Sottile”. Era l’inizio della puteolente esondazione di norme, le più astruse, che da quel giorno appesta la Nazione.
Quando scappa, scappa: che sia decreto, proposta, o legge-quadro, il politico nostrano si lascia andare, non trattiene l’impellenza legislativa. Infatti per forma, colore e lezzo, certe leggi denunciano la loro origine. L’espressione soddisfatta dei Presidenti, terminate le riunioni di gabinetto (mai termine fu più pertinente), è un chiaro sintomo del felice esito delle sedute. Sarà forse perché inconsciamente assimiliamo il volto dei nostri politici (tutti, senza distinzioni) a quell’altra pur nobile parte dell’anatomia celebrata dal cinema di Tinto Brass? Non osiamo affermare tanto. Ma sapete, non è che una legge nasca così, per caso. Si creano situazioni di imbarazzo parlamentare, di costipazione decretatoria, come nell’ultimo governo di Romano: ricordate la sua sofferta mimica facciale? Ebbene si, era proprio quello il motivo: il Professore curava la fase di stipsi legislativa con “la dolce Euleggina, la prendi la sera e decreti la mattina”. Premurosa come una perpetua, Rosi gli somministrava il blando peristaltico con un sorriso beffardo. I miasmi di quegli anni eupeptici ammorbano ancora le nostre contrade.
Il Cav., uomo concreto e fattivo (in tutti i sensi), non ama gli intoppi. Per lui Mara e Maria Stella hanno sempre pronta in borsa la boccetta di “GuttaLex, 10 gocce al bisogno”; i risultati si vedono (e si sentono), cribbio! Basta far due passi a piedi per accorgersene: leggi fumanti sparse ovunque, e nessuno che ripulisca, pardon, che riformi. Perciò si comprende che l’azione del calpestare la legge, come fanno certi Premier, non costituisca reato, ma sia semplice gesto propiziatorio. È sufficiente nettarsi la suola delle scarpe prima di rientrare in Camera. È pur vero che norme basilari di igiene imporrebbero, ad un Presidente che porti fuori il suo ministro per la passeggiata mattutina, di raccogliere i decreti dell’amata bestiola con l’apposito salvaproroghe usa-e-getta lasciando pulito il marciapiede. Purtroppo si è fatta l’abitudine a certi comportamenti.
“Viva l’Italia, viva la Repubblica!” avrebbe esclamato don Peppino, il sobrio Saragat. Altre epoche, altro stile.