A naso chiuso
Quando scappa, scappa: che sia decreto, proposta, o legge-quadro, il politico nostrano si lascia andare, non trattiene l’impellenza legislativa. Infatti per forma, colore e lezzo, certe leggi denunciano la loro origine. L’espressione soddisfatta dei Presidenti, terminate le riunioni di gabinetto (mai termine fu più pertinente), è un chiaro sintomo del felice esito delle sedute. Sarà forse perché inconsciamente assimiliamo il volto dei nostri politici (tutti, senza distinzioni) a quell’altra pur nobile parte dell’anatomia celebrata dal cinema di Tinto Brass? Non osiamo affermare tanto. Ma sapete, non è che una legge nasca così, per caso. Si creano situazioni di imbarazzo parlamentare, di costipazione decretatoria, come nell’ultimo governo di Romano: ricordate la sua sofferta mimica facciale? Ebbene si, era proprio quello il motivo: il Professore curava la fase di stipsi legislativa con “la dolce Euleggina, la prendi la sera e decreti la mattina”. Premurosa come una perpetua, Rosi gli somministrava il blando peristaltico con un sorriso beffardo. I miasmi di quegli anni eupeptici ammorbano ancora le nostre contrade.
Il Cav., uomo concreto e fattivo (in tutti i sensi), non ama gli intoppi. Per lui Mara e Maria Stella hanno sempre pronta in borsa la boccetta di “GuttaLex, 10 gocce al bisogno”; i risultati si vedono (e si sentono), cribbio! Basta far due passi a piedi per accorgersene: leggi fumanti sparse ovunque, e nessuno che ripulisca, pardon, che riformi. Perciò si comprende che l’azione del calpestare la legge, come fanno certi Premier, non costituisca reato, ma sia semplice gesto propiziatorio. È sufficiente nettarsi la suola delle scarpe prima di rientrare in Camera. È pur vero che norme basilari di igiene imporrebbero, ad un Presidente che porti fuori il suo ministro per la passeggiata mattutina, di raccogliere i decreti dell’amata bestiola con l’apposito salvaproroghe usa-e-getta lasciando pulito il marciapiede. Purtroppo si è fatta l’abitudine a certi comportamenti.
“Viva l’Italia, viva la Repubblica!” avrebbe esclamato don Peppino, il sobrio Saragat. Altre epoche, altro stile.
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