Eroine antiche e moderne
Approssimandosi la ricorrenza del
17 marzo, piace valutare i fatti risorgimentali dal punto di vista dell’impegno
femminile in quelle vicende. Ricordiamo allora – se pure brevemente – alcune
pioniere dell’emancipazione la cui vita è stata di esempio per le donne che ne
hanno seguito idealmente le gesta durante gli eventi della cosiddetta unità.
La prima è Ornitofila di Samo, vestale
del culto di Priapo e teorica della poliandria nell’Accademia delle Peripatetiche;
raffinata cultrice di estetica (le è attribuito il famoso “Adone Callipigio”, trattato
breve sulla bellezza virile), Platone nella “Repubblica” la descrive attiva ad
Atene sotto Pericle, promotrice della partecipazione femminile alla vita politica.
Da lei trasse ispirazione Cassiodora,
nobile bizantina vissuta nel XII secolo. Donna di grande fascino ed erudizione
e rivoluzionaria ante-litteram, fu
coinvolta in una congiura di palazzo contro i triumviri Pengone III° Sapurco, Enasarco
Polimandato e Panfilo da Crociera. Scoperta insieme ad altri congiurati per la
defezione della sua amica Etera d’Alessandria, evitò la condanna a morte ma
finì reclusa in un postribolo.
Nei paesi e negli anni della
Riforma spicca la figura libertina di Godona von Katzemberg, primo vescovo donna
di Germania e vera protofemminista. Le Historiae
Religionis Teutonicae ne tramandano la dottrina edonistica, contrapposta
alla penitenziale visione allora dominante di Martin Lutero, che dal sagrato
della cattedrale di Magonza, in un sermone passato alla storia, la definì “die alte Hure”. Restano celebri le sue
incursioni alla testa delle consorelle durante i consigli regionali per
perorare la causa del ruolo femminile nel governo del Land.
La rivoluzione francese propone
figure secondarie ma emblematiche come Madame Olympie de la Baguette Dur, dama
di compagnia di Maria Antonietta e spregiudicata protagonista della vita di
corte, amica disinvolta di nobili e giacobini. Convertita alla causa
rivoluzionaria dal suo favorito, lo stalliere di Madame du Synorch, fu poi eletta
nell’Assemblea Nazionale. Cronache dell’epoca la vogliono sempre in prima fila,
nelle vesti di tricoteuse, durante le
esecuzioni pubbliche in Place de la Revolution ad esaltare la missione del
boia. Altri storici riportano una sua esclamazione, alla vista del popolo
affamato: “Non credevo esistesse tanta povertà”. Frase riascoltata (se pure con
minore charme) dalla voce di una
politica italiana contemporanea.
Ma veniamo alle eroine
dimenticate del cosiddetto risorgimento. Tra tutte si distingue Abbondanza de
Vulvis marchesa di Sesso (Reggio Emilia). Intristita dalla sonnacchiosa provincia
del Ducato di Modena e Reggio, l’annoiata nobildonna trovò rimedio allo spleen esistenziale nella imminente
epopea garibaldesca, proponendosi quale musa protettrice di repubblicani ed
unitaristi ospitati a palazzo con ogni genere di conforto spirituale e
materiale. Fu poi al seguito delle camicie rosse, in particolare quelle fuggite
a gambe levate di fronte alla resistenza meridionale, con l’incitazione ad
“offrire il petto al nemico”. A mo’ di esempio alle truppe, la marchesa offriva
tutta sè stessa alla causa ed ai suoi promotori. “La rivoluzione è un atto
verticale declinato in orizzontale”, questo il suo motto, scolpito nel marmo
sull’insegna della prima storica sezione femminista a lei intestata da emigrate
piemontesi nella lontana Minneapolis capitale del Minnesota.
Le epigoni della combattiva
marchesa si aggirano oggi nei palazzi della politica romana. A Voi lettori il
compito di identificarle.