Ah,
si, no!
Quando
il gioco si fa duro, i duri cominciano ad affiggere (manifesti, i
loro) ed affliggere (attributi, i nostri).
È
un tripudio di locandine, una girandola di tazebao, un crescendo
rossiniano di 6x3, fortuna di attacchini e tipografie. Ad essere
cattivi, il periodo carnevalesco spiegherebbe tono e contenuti,
sicché si potrebbe riportare l'alterco simulato tra opposizione e
maggioranza al genere della commedia dell'arte.
Invece
un piccolo particolare quasi insignificante tradisce il senso vero di
questa scherma danzata da spadaccini di Torrepaduli: la contiguità
(involontaria?) tra i manifesti recanti in effigie la “capu de
ciucciu” e le pacate, ragionevoli deduzioni e controdeduzioni
offerte alla Cittadinanza dalle parti.
Con,
quindi, l'esausto lettore di cotanta prosa, spinto ad immedesimarsi –
mediante processo subliminale – nell'innocente quanto tartassato
equide. Meglio ancora, in quella sua asinina ribellione al disagio
fisico e psicologico che si concretizza in poderosi calci sferrati
nelle parti molli.