Andante allegro (ma non troppo)
Il seminarista di Piazza del Gesù fa carriera e si insedia al
soglio lasciato da Giorgio II° (santo subito), preceduto dagli incensi sparsi a
profusione dai celebranti laici - e laidi - di regime. Sappiamo tutto, o quasi,
del nuovo pontefice di Santa Romana Repubblica Tangentara: sobrio, taciturno,
elegante di quella misura che fu già cifra stilistica dei vari Andreotti, Rumor
e De Mita. Una benedizione, la più importante, è venuta provvida dai grandi
elettori di Francoforte e Berlino, e tanto è bastato al breve concistoro
parlamentare. Matteo Granduca de' Cazzari Fiorentini, che proprio stupido non
è, ha obbedito al "suggerimento" del nome gradito a chi comanda.
Passano in second'ordine peccatucci veniali, quale ad esempio una
certa reticenza sulle morti per tumore di militari italiani a causa dell'uranio
impoverito usato nella guerra in Jugoslavia, quando era ministro della difesa
in un governo D'Alema. Di ciò si taccia con la pudica, omissiva nonchalance di
scuola democristiana. Del resto il nostro caro splende di luce riflessa, per un
fratello trucidato da mano mafiosa.
Poche parole al giuramento - nulla più che frasi di rito - ce lo
presentano per quello che è, il necroforo della compianta democrazia.
Accompagnata all'ultimo viaggio da questo nostro Geremia Lettiga, a capo chino
e con l'identico mesto sorriso quirinalizio di chi lo ha preceduto
nell'incarico, tra due ali di astanti che, al suo passaggio – pure nella
compostezza propria della circostanza - compiono furtivamente l'osceno ma ben
conosciuto rituale apotropaico.
Si dispensa dalle visite
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